Nell’articolo che segue ripercorriamo, tramite alcuni scatti fotografici corredati da didascalia esplicativa, la vita e la carriera del colonnello Mu’ammar Qaddafi (meglio noto come “Gheddafi” in Italia), Guida della Giamahiria Libica uccisa il 23 agosto scorso – sulla strada tra Sirte e Misurata – dai ribelli che con l’aiuto determinante d’una coalizione di potenze straniere l’hanno deposto, dopo quarant’anni al vertice della nazione. (A cura di Daniele Scalea e Giacomo Guarini)
1969: La rivoluzione. La clamorosa sconfitta degli Stati arabi nella guerra del 1967 contro Israele e l’iniqua distribuzione dei proventi derivanti dal petrolio appena scoperto in Libia, spingono alcuni giovani ufficiali – quasi tutti d’umili origini sociali ed ammiratori del panarabista Nasser – alla rivoluzione, approfittando della temporanea assenza di re Idris, in Turchia per cure mediche. L’1 settembre 1969 gli Ufficiali Liberi prendono il potere senza sparare un colpo: l’accoglienza popolare è entusiasta, la stessa famiglia reale rinuncia al trono. E’ proclamata la Repubblica Araba di Libia, capeggiata dal Consiglio di Comando Rivoluzionario. A presiederlo è il tenente Gheddafi, poco dopo promosso colonnello.
L’eredità di Nasser. Nasser è, per il giovane Gheddafi, il modello da imitare. Il nazionalismo panarabo, “laico” e socialista, anti-imperialista ed alla ricerca di una “terza via” tra capitalismo e comunismo, è l’ideologia cui s’ispira il rivoluzionario libico. L’anziano Presidente egiziano rimane a sua volta rapito dalla vitalità e dall’entusiasmo del giovane ammiratore, tanto da consegnargli la sua eredità spirituale. Non passerà molto perché il neo-Colonnello debba raccoglierla: Nasser muore infatti il 28 settembre 1970.
Il sogno dell’unità panaraba.La nuova Libia s’impegna subito nel perseguire l’obiettivo dell’unità araba. Nel 1972 Libia, Egitto e Siria formano l’Unione delle Repubbliche Arabe: nella foto Gheddafi tra il presidente egiziano Sadat e quello siriano H. Assad. La federazione è approvata dai tre popoli tramite referendum, ma i governi non riescono ad accordarsi su come realizzarla concretamente. Nel 1977 l’Unione si scioglie formalmente.
Il governo delle masse. Fallito il progetto federativo panarabo, Gheddafi si concentra sull’architettura interna della Libia. Nel 1976 pubblica le sue teorie nel Libro Verde ed il Consiglio rivoluzionario è rimpiazzato da un organo legislativo eletto. Il 2 marzo 1977 il Congresso Generale del Popolo proclama la Jamahiriya, il “governo delle masse”, un inedito esperimento di democrazia diretta che lascia ampi poteri alle numerose tribù che compongono la nazione libica. Gheddafi lascia formalmente ogni incarico per il titolo onorifico di “Guida della Rivoluzione”, ma di fatto mantiene il potere. Criticato per i suoi metodi dittatoriali e la repressione della dissidenza, Gheddafi riuscirà comunque a fare della Libia – uno dei paesi più poveri al mondo negli anni ’50 – la nazione più prospera dell’Africa.
L’emancipazione delle donne libiche. Gheddafi è stato spesso dileggiato all’estero per le sue “amazzoni”, ma la scelta d’aprire le forze armate alle donne, la creazione di un’accademia femminile per ufficiali, e la decisione d’affidarsi ad una guardia del corpo di sole soldatesse, è l’emblema dello sforzo praticato dal suo governo per emancipare le donne libiche. Dalla rivoluzione ad oggi le donne in Libia hanno potuto accedere in massa all’istruzione ed al mondo del lavoro, sono riuscite ad ottenere importanti incarichi politici, godono di pari diritti con gli uomini – ad esempio, dal 1973 la normativa sul divorzio non discrimina tra marito e moglie. M. Jibril, presidente del nuovo governo, ha già annunciato che questa legge sarà modificata.
Gheddafi in Unione Sovietica. Le relazioni diplomatiche con l’URSS sono instaurate già dalla monarchia nel 1955, ma è il governo repubblicano a coltivarle maggiormente, soprattutto quando peggiorano i rapporti con gli altri Stati arabi.. Gheddafi visita per tre volte l’Unione Sovietica, nel 1976, 1981 e 1985. In questa foto del 1981 è con Leonid Brezhnev.
1986: Tripoli bombardata. Reagan accusa Gheddafi dell’attentato ad una discoteca berlinese ed il 15 aprile 1986 lancia un’incursione aerea contro Tripoli per eliminare il Colonnello. Gheddafi sopravvive, ma sotto le bombe muoiono numerosi militari e civili libici, tra cui la sua figlia adottiva Hanna (col padre nella foto).
Il sostegno alla causa palestinese. Da buon nazionalista arabo, Gheddafi non fa mancare il proprio sostegno alla lotta armata palestinese contro l’occupazione sionista. Nella foto, datata 1992, è in compagnia di Yasser Arafat, rimasto ferito in un incidente aereo.
Contro il razzismo e la segregazione. Nelson Mandela ha sempre riconosciuto a Gheddafi d’essere stato uno dei pochi statisti mondiali ad aver solidarizzato e fornito un sostegno concreto alla lotta dei neri contro l’apartheid nel Sudafrica razzista. Fino ad oggi, si è sempre rifiutato di rinnegare la sua amicizia e debito di gratitudine verso il leader libico.
La svolta africanista. Deluso dal fallimento del nazionalismo arabo, Gheddafi si volge all’Africa e ritrova l’entusiasmo. Dopo aver tentato per molti anni di sostenere regimi anti-imperialisti nel continente, decide d’utilizzare le risorse finanziarie della Libia per promuovere la pacifica integrazione dell’Africa. Il 9 luglio 2002 cinquantaquattro Stati continentali (rimane fuori solo il Marocco) creano l’Unione Africana.
Le aperture a USA e Europa. Dopo l’11 settembre 2001 e l’invasione statunitense dell’Iràq, Gheddafi ammorbidisce le sue posizioni nei confronti dell’Alleanza Atlantica. Accetta la responsabilità dell’attentato di Lockerbie e indennizza le vittime, smantella il suo arsenale di armi chimiche e biologiche ed annulla il programma di sviluppo nucleare, investe i capitali libici nei paesi occidentali, di cui accoglie le compagnie petrolifere nel proprio paese. Nella foto, la stretta di mano col presidente statunitense Barack Obama.
L’amicizia con l’Italia. I rapporti col nostro paese sono inizialmente turbolenti, mercé l’appartenenza dell’Italia all’Alleanza Atlantica ed il passato coloniale con le sue ferite ancora aperte (la sottomissione della Libia costò la vita ad un terzo dei suoi abitanti). Ma già all’epoca di Craxi e Andreotti lo strappo è ricucito, tanto che è una soffiata del governo italiano a salvare la vita di Gheddafi nel 1986. I lunghi negoziati cominciati negli anni ’90 portano, finalmente, alla stipulazione del Trattato di Amicizia e Cooperazione tra Italia e Libia, siglato il 30 agosto 2010. Gheddafi e Berlusconi danno mostra di grande fiducia e cordialità reciproca: ma all’inizio del 2011, il Presidente del Consiglio italiano violerà le clausole di non aggressione previste dal recente trattato e s’unirà all’aggressione contro la Libia.
La sfida all’ordine finanziario. Malgrado la nuova politica più accomodante e gl’investimenti di petrodollari che riserva agli USA ed all’Europa, Gheddafi non smette di promuovere politiche “rivoluzionarie”. Negli ultimi anni della sua vita lo fa soprattutto, oltre che con l’integrazione africana, in campo finanziario. La Libia è il paese al mondo col minor debito pubblico, sfuggendo così dai ricatti dei mercati e dei grandi prestatori. Ospita a Tripoli e finanzia generosamente una Banca Africana d’Investimento, che fa concorrenza ai capitali occidentali nel continente nero. Infine, progetta di varare una moneta unica, il dinaro d’oro, che sostituisca il dollaro statunitense nelle transazioni tra i paesi dell’Unione Africana.
La caduta. Nel febbraio 2011 rivolte armate, che hanno il loro epicentro a Bengasi e Misurata, scoppiano in Libia. Di fronte all’imminente vittoria dell’esercito regolare, Francia, Gran Bretagna, USA e Qatar, che probabilmente hanno fomentato le rivolte, ottengono dall’ONU il permesso d’intervenire direttamente. Massicci bombardamenti aerei colpiscono le forze governative, armi ed istruttori sono inviati per organizzare i ribelli, infine anche reparti combattenti sono introdotti clandestinamente nel paese per prendere parte agli scontri. Alla fine d’agosto le forze ribelli, sostenute da reparti stranieri, riescono ad entrare a Tripoli. Gheddafi non depone le armi e s’asserraglia a Sirte, sua città natale. Catturato vivo dopo una lunga resistenza, il 20 ottobre è giustiziato dai suoi carcerieri, probabilmente dopo essere stato seviziato. Il suo corpo è esposto al pubblico ludibrio in una moschea di Misurata per alcuni giorni, ed infine sepolto nel deserto in luogo segreto, per evitare che diventi un santuario per coloro che gli sono ancora leali.
Condividi:Altri articoli sulla morte del colonnello M. Gheddafi:
Oltre la Libia e la morte di Gheddafi: ricolonizzare l’Africa per colpire la Cina (Francesco Brunello Zanitti)
Il linciaggio di Gheddafi e l’etica tribale dell’Occidente (Claudio Moffa)
Le ultime volontà di Mu’ammar Gheddafi (Redazione)
L’ultimo messaggio di Gheddafi all’Italia (Redazione)
Il prossimo Nobel per la pace (Daniele Scalea)
Il “prezzo del sangue”: perché Gheddafi è stato ucciso (ma la guerra non finirà lo stesso) (Matteo Finotto)
Brevi considerazioni dopo la morte di Muammar Gheddafi (Costanzo Preve)
Il linciaggio di Muammar Gheddafi (Thierry Meyssan)
Per approfondire (dalla rivista “Eurasia”):
Geopolitica dell’energia: l’Italia nello scacchiere euro-mediterraneo (Dario Giardi)
La politica estera italiana nel Vicino Oriente (Pietro Longo)
La nostra Africa (Fabio Mini)
Il ruolo della Libia nel Nordafrica e nel Mediterraneo (Claudio Mutti)
L’Africa nella politica estera italiana (Daniele Scalea)
L’Italia tra l’Europa e il Mediterraneo (Daniele Scalea)
Dal “Mare Nostrum” al “Gallinarium Americanum”. Basi USA in Europa, Mediterraneo e Vicino Oriente (Alberto B. Mariantoni)
L’Europa e l’area euro-mediterranea (Costanzo Preve )