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Ghianda

Creato il 30 ottobre 2010 da Renzomazzetti

vissuta falce con l'infantile martello L’attuale generazione ha una strana forma di autocoscienza ed esercita su di sé una strana forma di autocritica . Ha la coscienza di essere una generazione di transizione, o meglio ancora, crede di sé di essere qualcosa come una donna incinta: crede di stare per partorire e aspetta che nasca un grande figliolo. Si legge spesso che si è in attesa di un Cristoforo Colombo che scoprirà una nuova America dell’arte, della civiltà, del costume. Si è letto anche che noi viviamo in un’epoca pre-dantesca: si aspetta il Dante novello che sintetizzi potentemente il vecchio e il nuovo e dia al nuovo lo slancio vitale. Questo modo di pensare, ricorrendo a immagini [mitiche] prese dallo sviluppo storico passato è dei più curiosi e interessanti per comprendere il presente, la sua vuotezza, la sua disoccupazione intellettuale e morale. Si tratta di una forma di senno del poi delle più strabilianti. In realtà, con tutte le professioni di fede spiritualistiche e volontaristiche, storicistiche [e dialettiche] ecc, il pensiero che domina è quello evoluzionistico volgare, fatalistico, positivistico. Si potrebbe porre così la quistione: ogni “ ghianda “ può pensare di diventar quercia. Se le ghiande avessero una ideologia, questa sarebbe appunto di sentirsi “ gravide “ di querce. Ma, nella realtà, il 999 per mille delle ghiande servono di pasto ai maiali e, al più, contribuiscono a crear salsicciotti e mortadella. (Antonio Gramsci, Dal carcere, Quaderno 9 (XIV) Passato e presente.)

SETTEMBRE ‘73

Immondezze e liquami. E fu il colera.

Li ricordate quei vaccinatoi

scuro ricetto di poveri eroi?

Facce ingiallute dalla gialla schiera.

Sul Cotugno sbatteva la vannèra

della paura. Accusarono poi

le cozze del gran mare. E pure noi

maledicemmo quella mensa nera.

E fu quella l’ennesima menzogna

del colera morale che gli Untori

spargevano nei lugubri solai

della vecchia e nuovissima vergogna

alimentando fra preci e clamori

gli antichi pozzi dei loro merdai.

-Luigi Compagnone-


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