Inauguro la rubrica dedicata alle ghiottonerie portoghesi, alias quegli alimenti che mai potrei definire succulenti e che invece qui riscuotono enorme successo; vi avverto che, a causa dei suoi contenuti, questa rubrica potrebbe subire risvolti piuttosto splatter.Iniziamo soft però, dal dessert. Uno dei più amati e consumati in assoluto è la gelatina, ossia quella cosa gommosa e scivolosa che si ottiene mescolando all'acqua una polverina colorata venduta in scatola, e che poi viene fatta rassodare nelle formine. Come se non bastasse, nella polverina vengono aggiunti ottimi aromi artificiali per conferire al viscidume vaghi sapori di limone, fragola, arancia e tanti altri frutti, tutti dai colori particolarmente brillanti. Una volta sformato, l'agognato dessert campeggia nelle vetrinette dei bar e delle mense pubbliche. I miei colleghi spesso la prendono a pranzo, e all'inizio non ho potuto fare a meno di domandar loro il perché. La risposta è sempre una: perché fa bene. Ok, ma non sa di nulla, giusto? -obietto io-. No, sa di aroma al...(un frutto a caso). Ah, buona. Non mi azzarderò mai a consumare gelatina a fine pasto, men che meno pensando di mangiare il dessert. Prima di venire qua, infatti, non avrei mai immaginato che si potesse propinare questa roba come dolce al cucchiaio: al massimo avevo usato la gelatina per fare la panna cotta o altri dolci tipo bavarese che devono rapprendersi senza solidificare troppo, e comunque adoperando l'agar-agar, gelificante ricavato da una varietà di alghe. Questo di cui vi parlo, riconosciuto universalmente per le sue proprietà benefiche, è puro collagene, ossia quella sostanza che compone pelle, ossa e cartilagini animali. Se ne raccomanda l'uso per fortificare tali strutture e anche per combattere le rughe, quindi.Ho capito: invece della cremina serale, una bella coppa di cubotti di gelatina dopo cena e si rimane belli lisci come a vent'anni.
Ecco qua un appetitoso esemplare di cubotti giallo fosforescente (probabilmente aroma limone) in bella mostra in un bar accanto alla frutta. Che voglia di darci di cucchiaio, vero?
Ed ora una cosa buffa.Mi hanno regalato proprio ieri una bottiglia di vino novello da agricoltura biologica con un'etichetta a dir poco bizzarra, che nella parte frontale non reca dicitura alcuna...
Sì, il simbolo chimico dell'acqua e un piede. Un rebus! E visto che io sono un'amante dei rebus, voilà che te lo risolvo. Água pé, ossia qualcosa tipo acqua di piede (?). Dapprima penso ad un vino ottenuto coi metodi tradizionali, ossia dal pestaggio delle uve; poi, fatta la dovuta ricerca, scopro che è una bevanda a bassa gradazione alcolica che un tempo era ottenuta dalla raspa dell'uva già utilizzata per il vino buono e che i proprietari terrieri regalavano ai braccianti. Oggi viene prodotta aggiungendo acqua al mosto, in pratica un vinello che si usa in alcune zone per accompagnare le castagne di S.Martino.
Forse a questo si può dare una chance, via.