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Giacomo e l’incontro delle braccia

Da Davide

Giacomo è un ragazzo definito difficile. Quasi 18 anni, dice di sapere quello che vuole e di fare solo quello che vuole. Conosce già un sacco di cose, sicuramente l’alcool, sicuramente la violenza, chissà cos’altro. Si definisce come anarchico e spesso la porta anche addosso questa definizione, nei vestiti.

Giacomo è lo spauracchio dei Prof. Non teme il confronto verbale, risponde a tono, conosce i propri diritti e sa quando ha torto, anche se questo non lo ferma, sa quando ha ragione, e allora non ce n’è per nessuno.

Ha un linguaggio duro, spesso esagerato e lo espone come una bandiera e non è che sia molto preoccupato di farsi benvolere dai compagni: ha alcuni amici e questi gli bastano e con gli altri ha un rapporto di pace armata.

Quest’anno in classe ce l’ho io: per tre ore a settimana, all’ultimo anno. Più agguerrito che mai.

Sì, ma non è tanto quello che manifesta a parole che mi colpisce, quanto il suo corpo. Che non è semplicemente grande, è vasto, largo, allargato, come se continuasse ad espandersi cercando… A me, vedendo un corpo così grande, come con i grandi animali, la prima cosa che mi viene da fare è di toccarlo: di sicuro tutta quella vastità non è fragile e anzi manifesta appena può il desiderio di contatto anche se paradossalmente doloroso, il contatto maschio della violenza fisica.

Sì, ma tocco e adolescenza non vanno d’accordo: il corpo dell’adolescente è un vulcano, è terreno minato, è in trasformazione, è spinoso. Ma non ho bisogno che il suo cervello capisca, anzi, se la sua parte razionale se ne va in vacanza su questa cosa, meglio, tanto il corpo sa, il corpo sente, il corpo comunica. Allora è più una cosa distratta, un tocco così come se mi appoggiassi un attimo, passando tra i banchi, è più un ho bisogno di un sostegno perché sto spiegando e fatalità sei lì a farmi da substrato. Quasi solo un oh buongiorno Giacomo ben arrivato, per poi passare ad un altro compagno. Che poi è diventato un ti dò un pugnetto, vediamo se rispondi al Prof.

Ma il contatto è avvenuto, il corpo ha parlato e la mente risponde. Giacomo si sente riconosciuto, si rasserena, è meno suscettibile e meno reattivo. Risponde alle domande, ok i compiti a casa ancora non li fa, ma nelle verifiche in classe almeno ci prova. Se deve dire qualcosa lo fa con un linguaggio adeguato e ascolta le lezioni. Non è lo studente modello (e chi avrebbe voluto che lo fosse?), ma è uno studente o almeno ne ha tutto l’atteggiamento.

Ah e, tra l’altro, all’inizio di ogni lezione, così senza dirmi niente e senza che io chieda spiegazioni, arriva alla cattedra, la circumnaviga, mi abbraccia e va a sedersi.


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