Un ex-gesuita venuto dal Messico, Giuseppe Torres, fu il primo maestro del fanciullo che non era affatto, agli albori della vita, quell'essere deboluccio e curvo che le litografie ci hanno fatto conoscere: Giacomo era esuberante, persino prepotente, smanioso di giochi, poco incline allo studio. Ma quando cominciò ad apprendere i basilari rudimenti della cultura, si affezionò a questa profondamente, e il maestro succeduto all'ex-gesuita, don Sebastiano Sanchini, ebbe motivo di meravigliarsi per la straordinaria precocità del suo allievo che, appena undicenne, scrisse la sua prima poesia, un sonetto intitolato La morte di Ettore e tradusse il primo libro delle Odi di Orazio.
A dodici anni compose i Re Magi e il Paradiso terrestre cimentandosi con i versi sciolti e la sesta rima, e poi, quattordicenne, tradusse in ottave l'Arte poetica di Orazio, applicandosi in seguito allo studio del greco con tanto impegno che, dopo quattro mesi era, già in grado di scrivere in greco una lettera allo zio, marchese Carlo Antici.
Successivamente si dedicò allo studio dell'ebraico, mentre scriveva una Storia dell'astronomia e poi un Saggio sugli errori popolari degli antichi. A diciassette anni, l'età in cui gli altri adolescenti pensano poco allo studio e molto al divertimento, egli passava le giornate nella ben fornita biblioteca paterna, e trovava sollievo all'austera vita familiare nella lettura di opere filosofiche, storiche, scientifiche, e nella stesura di pagine su Ermogene, Dionigi di Alicarnasso, Dione Crisostomo, Esichio, ecc.
Questa eccessiva applicazione allo studio, però, gli rovinò la salute, lo incurvò, furono i primi sintomi di quell'infermità che a poco a poco deformò il suo corpo e gli diede sofferenze che divennero sempre più gravi. Tuttavia egli non mutò sistema di vita, e continuò a scrivere, non più opere di erudizione, ma traduzioni limpide e fedeli: quelle degli Idilli di Mosco, della Batracomiomachia, del primo libro dell'Odissea, del secondo dell'Eneide, della Titanomachia di Esiodo. Poi, come se tutto il lavoro svolto fino a quel momento fosse stato solo una preparazione, si decise a comporre i Canti, dopo aver dettato in terzine l'Appressamento della morte e Le Rimembranze, un delicato idillio, nel quale vibra il suo inconsolabile pianto per la vita che egli sentiva sfuggirgli.
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