Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono. Il povero, l’ignorante, il rustico, il malato, il vecchio, non sono mai ridicoli mentre si contentano di parer tali, e si tengono nei limiti voluti da queste loro qualità, ma sì bene quando il vecchio vuol parer giovane, il malato sano, il povero ricco, l’ignorante vuol fare dell’istruito, il rustico del cittadino. Gli stessi difetti corporali, per gravi che fossero, non desterebbero che un riso passeggero, se l’uomo non si sforzasse di nasconderli, cioè non volesse parere di non averli, che è come dire diverso da quel ch’egli è. Chi osserverà bene, vedrà che i nostri difetti o svantaggi non sono ridicoli essi, ma lo studio che noi ponghiamo per occultarli, e il voler fare come se non gli avessimo.
Quelli che per farsi più amabili affettano un carattere morale diverso dal proprio, errano di gran lunga. Lo sforzo che dopo breve tempo non è possibile a sostenere, che non divenga palese, e l’opposizione del carattere finto al vero, il quale da indi innanzi traspare di continuo, rendono la persona molto più disamabile e più spiacevole ch’ella non sarebbe dimostrando francamente e costantemente l’esser suo. Qualunque carattere più infelice, ha qualche parte non brutta, la quale, per esser vera, mettendola fuori opportunamente, piacerà molto più, che ogni più bella qualità falsa.
E generalmente, il voler essere ciò che non siamo, guasta ogni cosa al mondo: e non per altra causa riesce insopportabile una quantità di persone, che sarebbero amabilissime solo che si contentassero dell’esser loro. Né persone solamente, ma compagnie, anzi popolazioni intere: ed io conosco diverse città di provincia colte e floride, che sarebbero luoghi assai grati ad abitarvi, se non fosse un’imitazione stomachevole che vi si fa delle capitali, cioè un voler esser per quanto è in loro piuttosto città capitali che di provincia.
Giacomo Leopardi – Pensieri XCIX