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Credo che bisognerebbe oramai pensare ad Argento come all'atleta preferito nella propria specialità. Anche se egli ha dominato nella propria specialità, raggiungendo il più alto livello professionale, anche l'età prima o poi raggiunge chiunque, e a volte, specialmente le persone di talento.
Purtroppo, se il livello delle regie di Argento è stato così decrescente in questo che è il lungo crepiscolo della sua carriera, è perchè egli ha perso ben più, di un passo o due. Per quanto io mi possa quindi aggrappare terribilmente alla bellezza di un capo d'opera come ''Profondo Rosso'' o alla seducenza da incubo di “Suspiria”, l'Argento di oggi è e rimane solo una frazione di quello che era a quel tempo, ''Giallo'' infatti ha, un accenno di ciò che , una “frazione” di tutto quello che ha reso Argento un maestro dell'orrore, e credo che coloro che non abbiano familiarità con la sua filmografia possano anche essere rimasti abbastanza gradevolmente intrattenuti, da questo suo ultimo lungometraggio, il quale checchè se ne dica, reca più in profondità qualcosa dell'antica sostanza, ben più assente ne “Il Cartaio”, o ne “La Terza madre”. Non che i nuovi fans possano essere in qualche modo “premiati”, dai suoi film recenti, come lo eravamo noi all'epoca dei suddetti titoli, ma, come suo “sostenitore” di vecchia data, non posso mentire. Dopo essere passati attraverso “Il Cartaio” e “La Terza madre” (come avrete notato, quelli con Asia coinvolta sono i più sconvolgenti), sembrava davvero essere arrivato il momento di smettere di affidarsi al maestro dell'orrore, e di continuare a vedere i suoi film, se si cercava ancora della residua qualità.
Trama: L'hostess dell'aria Linda (Emmanuelle Seignèr) torna a Torino proprio mentre lei riceve una chiamata dal cellulare di sua sorella Celine (Elsa Pataky), una modella. Celine entra in un taxi, solo che il conducente la droga e re la rapisce. Linda va allora dal detective della polizia Enzo Avolfi (Adrien Brody), implorando il suo aiuto per trovare Celine. Premendo Enzo egli le rivela che sospetta che Celine sia stata rapita da un serial killer specializzato nel mutilare e poi uccidere belle ragazze. Una delle vittime del killer viene trovato ancora viva, per poter solamente e cripticamente dire la parola 'giallo' prima di morire. Linda e Enzo si rendono conto che ella voleva dirgli che l'assassino soffre di una forma di disfunzione epatica che lo lascia con la pelle gialla (!).
Argento non ha bisogno di presentazioni, come regista di culto. Eppure, questo suo ultimo film non è praticamente neppure uscito al cinema in Italia, se non con una limitata uscita “tecnica” in pochissime sale dal 1' luglio 2011, e dopo parecchi mesi che era già uscito in dvd e Blu-ray! I più avevano naturalmente pensato che il titolo fosse dovuto al termine oramai internazionale con cui si designa il thriller italiano di disegno o di motivazione psicologica, più o meno assurdamente forzata. Giallo è però anche la parola italiana per il genere, diventata è così chiamata dopo la nascita de Il Giallo Mondadori, una serie di libri pubblicati dalla casa editrice italiana Mondadori , in base alla quale la società ha pubblicato in Italia, e per lo più in copie tradotte dalla lingua inglese, famosi scrittori, editi in questa collana dalla famosa copertina bordata appunto, di giallo. La linea Giallo Mondadori ha avuto inizio nel 1929 ed è ancora pubblicata tutt'oggi. Da allora, il termine Giallo si è evoluto in una definizione internazionale e specifica, applicata alle stravaganze cinematografiche sessuali e sado-maso, di un filone di film che più o meno ha inaugurato Mario Bava nel 1960, e che fu poi ripresa portandola all'enorme affermazione internazionale, da Argento e altri. Tutto è stato concesso, al variegato culto di Argento. E' il caso infatti, di quasi tutto quello che Argento ha compiuto negli anni 00- titoli del “calibro” di "Nonhosonno” (2001), “Il Cartaio” (2004) e “La Terza madre” (2007). “Giallo” - è rispetto a questi, meno deludente.
“Giallo” inizia più o meno con la solita premessa dei recenti film di Argento. Le scene di apertura seguono Valentina Izumi e con lei un amico, che vanno all'opera e poi in una discoteca, prima che lei venga raccolta e attaccata da un sinistro tassista apparentemente truccato come Luca Barbareschi quando si camuffava per un'osceno varietà di Canale 5. Anche se le uccisioni sono di routine- e delle quali per più di una Argento sembra avere tratto ispirazione da quelle analoghe de “Il Collezionista” (1998) di Gary Fleder, - in questo inizio ci sono alcuni esterni torinesi ben fotografati, che sanno rendere un contrasto acuto tra l'eleganza opulenta dell'opera e le pulsazioni delle percussioni techno, di una discoteca. Il direttore della fotografia Frederic Fasano è uno dei migliori collaboratori che Argento ha avuto da un certo tempo e le luci degli esterni di Torino possiedono una loro classica bellezza. E anche il tema composto per il film da Marco Werba, si rivela migliore di quelli soliti degli ultimi film di Argento.
Nonostante tale promessa, “Giallo” si rivela comunque ben presto solo un prodotto di routine. Non infame come“La Terza madre”, ma pur sempre di routine. Gli stravaganti omicidi di Argento, così bene piazzati a scioccare il pubblico, che sono in buona parte ciò su cui si basa il suo culto, sono qui addomesticati e niente di particolarmente speciale. In effetti, l'ironia è che Argento sia stata superato e ben scavalcato in efferatezze dalla moda moderna del Torture Porn, quando in realtà stava gettando egli stesso le coordinate del Torture Porn, ben prima che qualcuno ne coniasse addirittura il termine. C'è una sequenza di flashback anche abbastanza elegante nella quale come in “Profondo rosso” si vede la madre di Adrien Brody (Daniela Fazzolari) venire accoltellata alla gola da un misterioso assassino, in mezzo a degli sfarzosi abiti, in una casa dell'alta borghesia piena di opere d'arte. Ci sono varie altre scene con l'assassino che minaccia (anche se in realtà non lo vediamo) Valentina Izumi di tagliarli le labbra con un paio di pinze, e altrove dove taglia le dita con un tronchesino a Elsa Pataky, ridendo e cachinnando in maniera demente, iniettandogli qualcosa nella lingua con una siringa in primo piano; o del giocane Nicolò Morselli accoltellato a morte dal macellaio. Tuttavia, queste sequenze sembrano pallide copie delle stravaganze artistico- sadiche con le quali Argento ha costruito il suo nome e la propria fama, negli anni '70 e '80.
Questa è stata anche la prima volta in diversi anni che Argento ha lavorato con una sceneggiatura a cui egli non ha messo 8in parte, fortunatamente) mano. Lo script viene da due sceneggiatori americani - Sean Keller, autore di numerosi episodi di mostri in CGI per Sci-Fi Channel, e Jim Agnew, i quali avevano insieme anche scritto “L.A. Gothic”, quello che avrebbe dovuto essere il lungometraggio del ritorno cinematografico di John Carpenter, non più realizzato essendogli poi stato preferito “The Ward”. Ciò ha comunque fornito una sceneggiatura che è più coerente del solito per un film recente di Argento, per non parlare delle caratteristiche di motivazione psicologica, la quale può essere esistente entro i limiti della credibilità. D'altra parte, una volta che i calci in faccia che Argento come scioccanti sequenze piazzava per lo spettatore, si sono ammorbiditi, tutto quello che ci rimane è un normale psycho-thriller di nessuna particolare distinzione. Gli indizi che portano i due protagonisti a dedurre ciò che li condurrà all' assassino sembrano venire dal nulla, così come la sceneggiatura non ci fa mai addentrare pienamente nel processo con il quale ci si arrivi. Abbiamo anche già avuto (fortunatamente pochi) alcuni serial killer dalla pelle gialla, negli ultimi anni con “Sin City” (2005) di Robert Rodriguez, e l'orrido remake di “Black Christmas” (2006), che in entrambi i casi ha condotto ad un trattamento di gran lunga migliore dell'idea, e che hanno ben preceduto e privato Argento della novità di tale “invenzione” . Il film arriva se non altro anche ad un finale sorprendentemente brusco e in parte almeno riecheggiante altri noti dell'Argento “che fu”; dove la guardia di sicurezza del parcheggio di un grande edificio si imbatte nel rumore di battiti di Elsa Pataky dall'interno di un bagagliaio di un'auto, mentre l'occhio della camera chiude minacciosamente in una pozza di sangue raccolta sotto la macchina, e prima di tagliare bruscamente sui titoli di coda .
Per un film che prende il titolo di un intero genere come questo, ci si poteva ancora aspettare dai fans più affezionati e accaniti, che con “Giallo” Argento avrebbe fatto qualcosa di classico, qualcosa che avrebbe ridefinito i confini e i “topòi” del genere, purtroppo, ha fatto “solo” lo stesso vecchio film che ha già fatto quasi sempre.
Adrien Brody, protagonista oggetto di infinite discussioni e discordanti pareri, sui forum e nei blog, offre per quel che non era un prova difficile, un'interpretazione molto strana, apparentemente distaccata e quasi attonita, stranita, evidentemente molto spaesata, e pur non essendo particolarmente adatto e credibile nel ruolo di brizzolato stanco e disincantato, ispettore “all'americana” della P.S. italiana- Brody checchè se ne dica, offre comunque un lavoro di gran lunga migliore di quello offerto dalla quasi totalità dei protagonisti argentiani degli ultimi dieci anni. Il che, aiuta e non poco un film che altrimenti, avrebbe aggiunto su di sé un ulteriore colpo di grazia. A suo merito, Brody stabilisce almeno un rapporto ragionevole e credibile durante le scene con Emmanuelle Seigner.
Brody sembra aver avuto un entusiasmo particolare per “Giallo” - non si sa bene perché -(dice di essere stato un fan della prima ora del cinema argentiano, ma gli ultimi l'aveva visti?), e ha anche firmato il film come produttore così come ha portato la sua fidanzata Elsa Pataky (la quale sia detto per inciso, è molto più convincente della Seigner in un ruolo ben più piccolo, e ben più topa) a interpretare la sorella rapita. Questo suo entusiasmo pare essersi molto evaporato al momento dell'uscita cinematografica di “Giallo “ negli Stati Uniti nel 2010, quando Brody ha citato in giudizio il distributore-produttore maneggione, per impedire l'uscita del film sulla base dei suoi 640,000$ di cachet non pagati, obbligando i distributori a farlo uscire direttamente su DVD -e non negli Stati Uniti, dove a tutt'ora nei canali “ufficiali”, rimane inedito- e di non utilizzare la sua immagine in qualsiasi promozione.
Inoltre, non è particolarmente difficile da capire che l'assassino Giallo è lo stesso Adrien Brody, il quale si nasconde sotto un ridicolissimo trucco, non si capirà mai quanto così grottescamente ricercato, o involontario, il quale è come detto del tutto simile ai travestimenti con i quali era solito camuffarsi Luca Barbareschi in quel programma osceno di Canale 5. (l'assassino dalla pelle gialla -perchè ha l'itterizia, sì non scherzo è proprio così -è accreditato sui titoli di coda con il nome Byron Deidra, che è un evidente anagramma di Adrien Brody). Quando ti rendi conto che è Brody, la teatralità del suo survoltato e sovraeccitato travestimento comincia a confinare decisamente con la sciocchezza. Oltretutto, il personaggio più che parlare sputa, affetto com'è da pare grossi problemi di dizione. Anche questo altro tratto comune dei protagonisti argentiani dell'ultimo periodo, quasi tutti a partire ovviamente dalla figlia Asia, incapaci di bofonchiare una frase udibile didue parole di senso comprensibile, se non piuttosto che a parlare, a sputacchiare (l'immondo Silvio Muccino de “Il Cartaio” su tutti). Qui non avendo un attore assolutamente incapace di essere comprensibile, Argento mancandogli evidentemente ciò, ci ha così costruito il personaggio del serial-killer. Emmanuelle Seigner, alias la donna di Roman Polanski, non è mai stata certo la più grande attrice del mondo e qui, come una tipica “eroina” di Argento, e anche in un ruolo sottoesposto, si presenta come abbastanza vuotae sgonfia, oltre che essere oramai già ampiamente “smostrata” dagli effetti di una pessima e reiterata chirurgia plastica, che gli ha reso dei labbroni a gommone manco fosse un' Elisabetta Rocchetti qualsiasi, e per la quale pur essendogli praticamente coetanea, nel film di Adrien Brody sembra quasi la mamma.
In definitiva, “Giallo” non ha certo ancora nulla dello stile accattivante e impressionante dell'Argento che fu, la cui direzione artistica diventava quasi un personaggio stesso del film. L'Argento recente non riesce mai più a dare questa sensazione, risultando se non madornalmente deludente, comunque sempre abbastanza noioso e improbabile. L'aspetto generale anche di questo film è piuttosto blando, il livello del dettaglio però è almeno più accurato e meno televisivo, rispetto ad esempio a “Il Cartaio” o a “Ti piace Hitchcock?”.
Gli appassionati di vecchia data dei film di Argento non rimarranno quindi di certo impressionati e rincuorati sulle sue presunte risalite quotazioni artistiche, dall'esito di questo suo ultimo lavoro; anche se Brody dopo l'Oscar come attore protagonista per “Il Pianista” (2002) di Roman Polanski, sta facendo anche ben di peggio, e in particolare con "Splice" (2009) di Vincenzo Natali, e "Predators" (2010) di Nimrod Amtàl, bellamente se ne va sperperando una grande carriera, e un'avvenire artistico oramai ampiamente dietro le spalle.
Vincent Gallo era stato inizialmente scelto per interpretare il ruolo del serial-killer con l'ittero, ma è decaduto dalla scelta dopo che la sua ex-fidanzata Asia era stata lanciata nel ruolo principale. Abbastanza ironicamente, abbandonò anche lei il progetto perché era incinta e fu sostituita ( a questo punto, comunque fortunatamente) da Emmanuelle Seigner.
Adrien Brody ha sostituito nel ruolo Ray Liotta (!).
Il titolo del film si riferisce ad un genere di narrativa italiana di mistery che lo stesso regista ha reso popolare in tutto il mondo con film come “Profondo rosso”.
Si tratta del primo lungometraggio da regista cinematogarfico di Argento, che non si basa su una sceneggiatura originale scritta da lui stesso. Tuttavia, lo script è stato scritto appositamente per lui.
Byron Diedra, lo pseudonimo di Adrien Brody con cui ha interpretato Giallo, è un anagramma del suo nome.
Napoleone Wilson
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