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Giammai la guerra, piuttosto turchi

Creato il 06 aprile 2015 da Blogaccio @blogaccioBlog

Turchia, cavallo di Troia Come la mettiamo coi Cristiani perseguitati in Africa ed in medio oriente? E come la mettiamo con le donne violentate e fatte schiave? E per gli uomini decapitati o freddati con un colpo alla nuca perché non pregano Allah che cosa facciamo in loro difesa? Niente, l’Europa c’impedisce ogni discriminazione. Guai a parlare di radici e men che meno Cristiane. Cultura e tradizioni sanno di razzismo. Cosmopoliti ed universalisti oppure niente, nulla, così è se ci pare. Qualcuno ha costruito il pensiero unico dell’identità neutra secondo la quale ci è concesso il diritto di denunciare i crimini, ma non ci è concesso il dovere di intervenire. Giammai la guerra quindi, quando arriviamo al momento di tirare le somme nel discorso pubblico e decidere se schierarci dalla parte del bene oppure dalla parte del male, in Europa restiamo prigionieri del nuovo modello di civiltà umanitaria e preferiamo fare spazio all’inciviltà disumana. No, no, non è vigliaccheria, sono solo scrupoli di coscienza quelli che tra un pasto e l’altro, una vacanza ed un pò di acquisti prendono il sopravvento sulle nostre azioni istintive. Dobbiamo pur garantire il futuro alle nostre figlie e nipoti diamine! Spendiamo infatti centinaia di milioni per accogliere e dare un futuro a rifugiati o presunti tali da ogni parte del mondo e questo ci basta e c’avanza. Le nostre buone azioni quotidiane sono belle che terminate. Vadano a cercare rifugio altrove i Cristiani perseguitati in Siria, Iraq, Iran e Libia. Qui in Europa, vige il rispetto dei diritti umani. In Italia poi, vogliamo scherzare? La Costituzione ripudia la guerra, la Santa Sede è intenta a pregare, ai Cristiani non rimane altro che andare errabondi per le vie del mondo oh, SIGNORE! Abbi pietà di noi. Ci viene da pensare che forse se proprio non possiamo essere europei, allora sarà meglio farci turchi, magari staremo tutti meglio con la Turchia in Europa. Ne sono convinti i radicali e non solo, c’è tutto un filone del pensiero liberal-democratico continentale a ribadire la necessità e l’urgenza di ammettere la Turchia nella UE. Che cosa vuoi che sia per l’Unione bancaria se la Turchia mette in galera i giornalisti, se sostiene gli Jahidisti, se reprime le minoranze curde, se assegna alle donne un ruolo subalterno nella società? Cose che si possono accettare, basta negoziare le clausole giuste con un trattato di adesione che ci porti in dote i bocchettoni del gas e ci eviti la fatica di generare tanta bella, vitale giovinezza di cui abbiamo urgente bisogno mentre prendiamo il sole ad Ibiza ed andiamo a sciare a Courmayeur. La Turchia di Erdogan potrebbe effettivamente rivelarsi come la soluzione ottimale alla decadenza dell’occidente Cristiano. Potrebbe darci una identità purchessia, rimettere a posto la nostra spina dorsale sempre meglio del niente indifferente che ci costringe a vivere nel mondo dell’idea astratta di diritti senza colori, senza passioni, con l’acqua che scorre liscia al posto del sangue. La nuova Turchia islamista di Recep Tayyip Erdogan infatti, non rinuncia all’identità: musica, arte ed educazione fisica ad esempio, hanno fatto posto nella scuola al maggiore numero di ore di religione, le palestre sono diventate aule obbligatorie di preghiera, la violenza sessuale ed il femminicidio nei Tribunali danno diritto alle attenuanti per libido con sconto di pena da irrefrenabile passione. Che ne dite? Con la Turchia in Europa potremmo comunque sperare di ritornare ad essere qualcosa che si avvicina ad un popolo forte economicamente e militarmente. I turchi fanno figli, almeno tre ogni donna sostiene Recep di averne bisogno per il suo progetto panislamista. Coi giovani turchi potremmo risolvere finalmente l’annoso problema delle pensioni, assicurare un futuro alle nostre figlie e nipoti. Così, mentre a Bruxelles burocrati e finanza apolide trattano i loro affari noi potremmo impiegare il tempo alla ricerca di una identità condivisa ed accettata, in fondo velo e percosse, con sorpresa potrebbero fare più dell’Erasmus.


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