Una lettera piuttosto interessante (clicca qui per leggerla): non ovviamente nel merito, che è molto superficiale, né nel tono, che tradisce un’indole da bulletto da bar (infatti si chiude con una minaccia, in stile vagamente mafioso), ma per il mondo che fa intravvedere dietro.
Mi limito a sottolineare due aspetti, tra quelli che meriterebbero attenzione. Il primo è l’analisi (si fa per dire) della crisi e delle sue cause. Si individua la “mancanza di infrastrutture” come un fattore pesantemente gravante sulla crisi: questo non risulta non dico dalle analisi degli ambientalisti, ma molto più semplicemente dalle analisi degli economisti, anche delle frange più liberiste. Il problema delle aziende è la competitività semmai, oppure il costo dell’energia, oppure la scarsità di investimenti tecnologici, oppure il reperimento di finanziamenti a tassi agevolati, oppure la burocrazia idiota (quando è idiota). Parlare di “mancanza” di infrastrutture in una delle regioni più asfaltate d’Europa è semplicemente non percepire la realtà. E non inizio neppure a discutere delle vere cause della crisi o della definizione stessa di crisi, per brevità e perché l’argomento è un altro. Si dirà che a un “dottore in scienze naturali” non è giusto richiedere competenza e chiarezza di pensiero in campo economico; va bene, però ormai non si può più considerare il campo delle scienze naturali scollegato dal resto della realtà e del sistema economico, non foss’altro che per il fatto che l’attenzione dei grandi investitori internazionali si va sempre più decisamente riorientando verso l’agricoltura, le risorse idriche, i terreni coltivabili eccetera.
Secondariamente, quello che è preoccupante è che una fetta di opinione pubblica (quanto larga è poi difficile da valutare, ma temo non sia ristrettissima) metta in uno stesso calderone indistintamente opere dall’impatto e dalla filosofia profondamente diversi (come una ferrovia o un’autostrada, tanto per fare un esempio) senza capire quanto l’ambiente in cui vive tutti i giorni è e sarebbe diverso in ragione della prevalenza di una scelta piuttosto di un’altra e soprattutto che addossi la responsabilità del cattivo stato di cose agli ambientalisti (o “pseudo-ambientalisti”, nei suoi termini). Poco importa che l’autore della lettera si renda ridicolo con queste affermazioni: preoccupa invece che i responsabili reali delle diffuse cattive condizioni di vita (che evidentemente preoccupano anche lui) gli siano totalmente invisibili.
Giampiero Carotti
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