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Gianluca Floris scrittore

Creato il 17 aprile 2011 da Musicamore @AAtzori
Canta e Uccidi

Canta e Uccidi

Lo scrittore (ma anche cantante lirico) Gianluca Floris fa un bellissimo regalo a tutti gli amici del web che lo hanno sempre seguito acquistando i suoi noir.

Ha deciso di  regalare il suo ultimo romanzo suo blog, a puntate: Florissensei

Per gentile concessione ho l’onore di pubblicare anche su questo mio, la prima puntata.

Canta e Uccidi

Alessandro Serrano era stato un grande tenore, secondo alcuni il più grande tenore del dopoguerra. Arrivato a cinquantacinque anni, quando la sua voce iniziava l’inesorabile declino, aveva tirato fuori l’asso nella manica: aveva iniziato a fare il direttore d’orchestra rispolverando gli studi che in gioventù aveva fatto. Si era diplomato in composizione e direzione d’orchestra a Buenos Aires subito prima di intraprendere la carriera di tenore. In questa nuova sua veste erano ormai parecchi anni che saliva sui podi più prestigiosi del mondo.

Mancavano pochi minuti alla prova di lettura con l’orchestra e La Traviata era una delle opere che meglio conosceva, per aver interpretato il ruolo di Alfredo, il protagonista maschile, tante e tante volte. Era solo preoccupato perché gli avevano riferito che il primo clarinetto in quella produzione non sarebbe stato quello titolare, ma che avevano trovato un sostituto all’altezza. Lui aveva comunque una soluzione pronta: se non gli fosse andato a genio quello che l’orchestra gli metteva a disposizione, aveva già pronto il nome di un altro artista da far chiamare. La “protesta” di una delle parti d’orchestra, così come di un cantante solista, rientrava nelle sue prerogative e quella volta era pronto a metterla in atto.

«maestro l’orchestra è accordata»

Disse l’ispettore dopo aver garbatamente bussato alla porta del camerino. Alessandro Serrano si diresse verso il podio seguito dal suo assistente che trasportava la pesante partitura e del quale non ricordava mai il nome esatto.

«Buongiorno a tutti» seguito dai soliti convenevoli come le strette di mano al primo violino e qualche battutina per scaldare l’ambiente.

«Atto secondo numero tre grande. Dalla battuta quindici»

Serrano depose sulla balaustra l’asciugamano bianco che teneva attorno al collo e allargò le braccia con la bacchetta stretta fra le dita della mano destra. Iniziavano dall’assolo del clarinetto. Serrano lo fece ripetere per quattro volte. L’ultima sfoderò un sorriso verso lo strumentista e fece cenno di andare avanti. Curò le dinamiche dell’ ”amami Alfredo” con i passaggi dal “forte” con due effe, al piano con una pi. Poi lessero le pagine seguenti con l’aria del baritono ed era già l’ora della prima pausa, annunciata dall’inevitabile arrivo dell’ispettore dell’orchestra e dal suo affacciari alla balaustra della buca.

Nel camerino lo attendeva il sovrintendente del teatro. In buca d’orchestra il giovane clarinettista aveva l’euforia di chi aveva passato un esame importante… commentava con il suo vicino di leggio.

«Hai visto come l’ho fottuto? Mi diceva di farlo più lamentoso e io glielo ho ripetuto quattro volte prima che mi sorridesse. Sempre uguale! Ma alla fine gliel’ho fatta! Mi ha sorriso! Forse non è più necessario che venda la macchina. C’era anche il sovrintendente in sala! Sono stato fortunato. Questo contratto mi fa proprio comodo»

Il collega annuì mentre gli altri fuggivano sguardi e discorso preparando i gettoni per la macchinetta del caffè o le sigarette da fumare all’aperto.

Alessandro Serrano entrò nel suo camerino con la solita faccia cordiale e si chiuse la porta alle spalle. Il sovrintendente era sprofondato nella grande poltrona di pelle rossa e non aveva una faccia rilassata. Fu lui ad attaccare il discorso.

«allora?»

«Beh, hai sentito con le tue orecchie… non va.»

«A me non è sembrato tanto male.»

«Mi dispiace… per me era piatto e per nulla espressivo. Abbiamo una soprano eccezionale e non posso preparare una scena come quella senza un clarinetto di grande sensibilità. Te l’avevo detto. Il nome ce l’hai. Chiamala.»

Il sovrintendente aprì il suo taccuino che aveva estratto dalla tasca interna della giacca. In quel Teatro il direttore Artistico, Gianluca per tutti, non contava nulla, era un uomo di facciata e le decisioni le prendeva solo il sovrintendente in persona. Serrano lo sapeva bene ed era per questo che aveva richiesto la sua presenza a quella prova con l’orchestra. Gli aveva già predetto che il problema era rappresentato dal primo clarinetto. Lo avrebbe voluto protestare a vantaggio di un clarinetto di sua fiducia. Quella che tutti sapevano essere la sua amante ufficiosa.

«Mirna Stojanov, vero? Deve fare i permessi? È extracomunitaria?»

«No, è tutto in ordine. Ha la residenza in Italia»

Quando Serrano uscì dal camerino per tornare sul podio trovò ad aspettarlo il clarinettista che aveva appena protestato in camerino davanti al sovrintendente.

«maestro, posso disturbarla un attimo? Volevo dirle che per me è un onore essere diretto da lei… volevo sapere se potevo farle sentire qualcosa…»

Serrano sfoderò il suo sorriso migliore.

«ma certo mio caro. Domani dopo le prove, va bene?» Gli disse pur sapendo che per quel clarinetto non ci sarebbe stato nessun domani.

E si diressero tutti e due verso la buca.

L’indomani infatti, alla prova non c’era più quello strumentista. Al suo posto una bella bruna con i capelli lisci e la minigonna scozzese che veniva fatta oggetto degli sguardi incuriositi dei colleghi. Fece il suo assolo in maniera poco più che scolastica, ma alla fine il maestro si fermò e le chiamò un applauso da parte di tutti i presenti, che non si fecero pregare. Il grande maestro, con un ampio sorriso, riprese la prova con il suo accogliente gesto.

Il sovrintendente in sala pensava al titolo che quella mattina campeggiava in prima pagina del giornale cittadino: “Il grande Alessandro Serrano racconta la sua Traviata”. In seguito a quelle pagine che il giornale aveva dedicato al maestro, avevano esaurito le prenotazioni anche per la recita fuori abbonamento. Serrano era stato un ottimo acquisto per quella inaugurazione di stagione.

Mentre pensava a quel piccolo successo il sovrintendente prese il telefono che vibrava per una chiamata in arrivo. Sapeva chi era. Era il clarinettista protestato che voleva parlargli. Non avrebbe certo risposto, aveva dato istruzioni al direttore artistico di prendersi lui la patata bollente.

Troverete il seguito sul blog  Florissensei

Gianluca Floris scrittore
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