Gianluca Nicoletti: ti voglio ancora più bene

Creato il 14 agosto 2012 da Ritacoltellese

GIANLUCA NICOLETTI E L’OTTUMAMMA


RIPORTO DA LASTAMPA.IT

Mai in un asilo con disabili. “Mio figlio potrebbe rimanere traumatizzato” A raccontare la vicenda una giornalista indignata dopo aver ascoltato una collega lamentarsi all’ asilo nido

Sono anche io giornalista, anche io padre di un ragazzo con handicap. Riporto senza altri commenti questa lettera  di una mia collega a un’ altra collega…A cui mi piacerebbe tanto presentare mio figlio Tommy. Non ho mai pubblicato una sua foto, lo faccio ora per la prima volta, spero che la veda e si spaventi tanto!!!!  (Gianluca Nicoletti)
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“Sai poverini, non ho niente contro di loro, ma non vorrei che mio figlio nel vederli, rimanesse traumatizzato a vita!”. Così una mamma con un piccolo di due anni da mandare al nido e un asilo proprio sotto casa, ma con la “sfortuna” di trovarsi nello stesso istituto per “bambini handicappati”. A raccontare la vicenda, una discussione ascoltata per caso a pochi passi dalla propria postazione di lavoro, è Silvia Gusmano, giornalista e mamma indignata che manda una lettera aperta a quella che chiama “ottumamma”, che si preoccupa dei bambini “in sedia a rotelle” presenti nell’istituto, prima ancora di chiedersi se l’asilo sia valido, del corpo insegnante e della qualità dei servizi. (da Redattore Sociale)Uno sfogo a denti stretti, per denunciare apertamente la gravità di certe “scelte educative”. Scrive la Gusmano: “Sono a lavoro e sto scrivendo una cosa noiosa seduta alla mia scrivania, con la porta aperta e poca concentrazione. Sento, a pochi metri di distanza, una collega conosciuta solo di vista raccontare l’ennesimo scandalo degli asili italiani: vogliono mettere il suo piccolo di due anni in un nido che ha il pregio di stare davanti casa sua, ma il neo di trovarsi all’interno di un istituto per “bambini handicappati, molti in sedia a rotelle”. “Sai poverini, non ho niente contro di loro – spiega la collega-mamma -, ma non vorrei che mio figlio nel vederli, rimanesse traumatizzato a vita! Bene o male se avesse dieci anni potrei spiegargli che sono meno fortunati di lui, ma così…”.
Così il trauma è garantito… Ma de che?! – penso – ottusissima mamma-collega: se avesse dieci anni e fosse sempre stato tenuto alla larga dalle sedie a rotelle per non scatenare improbabili traumi e ti vedesse lanciarti in voli pindarici per spiegargli i misteri della vita circa fortune e sfortune degli esseri umani, di certo avrebbe la seguente reazione: ‘Ho vissuto senza questi bambini finora, perché cambiare? Se sono meno fortunati – o meglio, dei totali sfigati – non è certo colpa mia: continuiamo a evitarli’.
Ma lo penso e, vigliaccamente non lo dico. Come pure tengo per me il seguente commento: con tutti i problemi che abbiamo per trovare un nido per i nostri figli (ho un bimbo di un anno e inizio a conoscerli sulla mia pelle), un nido che abbia dei buoni maestri, che sia comodo e vicino casa per risparmiare qualche acrobazia alle nostre frenetiche giornate, tu ottusissima mamma-collega ti preoccupi del “trauma da sedie a rotelle”?
Ti sei informata prima, dell’esperienza del corpo insegnante, di come si mangia, di che livello di sicurezza e affidabilità ha la struttura? Di quanti bambini ci sono? Spero per te di sì e spero che i riscontri non siano stati positivi perché, in caso contrario, verresti promossa all’istante da ottusissima a stra-ottusissima mamma”. E conclude : “Tante cattiverie mi verrebbero in mente da sbatterti in faccia, cara ottumamma, per farti capire la gravità delle tue scelte educative. Cattiverie sull’imprevedibilità della vita che, in tanti casi, ci mette un attimo a spedire su una sedia a rotelle noi o quelli che amiamo e sulle ritorsioni a cui andiamo incontro da vecchie (e già partiamo avvantaggiate noi neo mamme che da tempo abbiamo salutato i 30) se non insegniamo ai nostri figli il valore del rispetto per i più deboli.
Ma poi, sulla rabbia prevale la rassegnazione: perché a un’ottumamma del nostro tempo, che probabilmente ha deciso di mettere al mondo il figlio (e quindi di volergli bene) solo dopo tutte le assicurazioni possibili sullo stato di salute del feto, dovrebbe ora importare di insegnare a quel figlio che malattia, handicap di tutti i gradi e livelli, limiti, debolezze e difetti non sono sciagure occasionali, ma sono ingrediente ahimè irrinunciabile della vita stessa? Perché l’ottumamma, anziché proteggere il suo bimbo dalla vista di quelle che – beata lei – ritiene sfighe degli altri, dovrebbe insegnargli un approccio naturale, leggero e paritario alla diversità?”


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