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Oggi, 9 ottobre, Gianni Mura compie 70 anni. Pubblichiamo per l’occasione l’intervista concessa a Malcom Pagani per il Fatto Quotidiano in occasione dell’uscita del suo ultimo libro. Festeggiamo e ringraziamo un grande maestro di giornalismo e scrittura e un grande amico di minima&moralia.Gianni Mura: ciò che so dell’amicizia l’ho imparato a tavola.di Malcom PaganiA 69 anni, tra un’ammissione e l’altra: “Non so cucinarmi neanche due uova, ma il naso mi permette di salvarmi. È nelle zone impervie che si vede il vero rabdomante” Gianni Mura si è impegnato a ricordare. I ristoranti di ieri, quelli di oggi e anche certi antichi gruppi figli della passione per sigle, anagrammi e crociate che alla lancia, preferivano la forchetta: “Fondai per gioco il GRAS, il gruppo resistenza anti sushi. Amo il Kebap, non sono un purista e non ho niente contro il cibo giapponese. Il sospetto mi viene quando anche il pizzaiolo che mai avrebbe pensato di offrire crudo si inventa teorico de ll’Ikizukuri su mandato degli art director o delle fotomodelle ”. Da oppositore senza cartelli delle mode, Mura ha scritto un libro in cui raduna ostriche, bettole e memorie. Si intitola Non c’è gusto e il sapore è quello dello della nostalgia: “Cerco di combatterla, ma c’è. Per le persone e per un modo di stare insieme ormai scomparso”.Insieme al cibo di una volta?Nel libro non faccio paragoni tra l’hot dog e la salsiccia dei Monti Sibillini. Parlo d’altro. Per me la tavola è sempre stata il luogo d’elezione per l’incontro. Oggi fatichi a non dividere il desco con gente che compulsa il telefonino. Magari sono brave persone, ma rovinano il piacere della cena.È una questione di educazione?Di fedeltà. Usarlo è un piccolo tradimento. È come essere già da un’altra parte. Quasi tutto ciò che so sull’amicizia l’ho imparato a tavola. Mangiare con chi ci somiglia rimane una delle ultime esperienze umane in un mondo, Italia compresa, che si sta disumanizzando. Lì, come nelle Olimpiadi di un tempo, si depongono le armi. Cibo e parola sono elementi inscindibili.Tra un antipasto e un primo qualcuno ha reso le conversazioni afasiche?Un momento per staccare esisteva sempre. Oggi è stato abolito senza avviso il tempo libero, è aumentata la nevrosi e si lavora anche a pranzo. Eco l’aveva capito prima di tutti. All’epoca in cui il telefonino era appena apparso nelle nostre vite, sostenne che salutare come strumento di libertà la peggiore tra le schiavitù, era una rifrazione ottica. Un inganno. Aveva ragione. Il dover sempre rispondere. La perpetua rintracciabilità. L’idea che ti possano trovare in mezzo al mare o il giorno del matrimonio di tua figlia. Realtà angoscianti.Un’ansia che si riflette anche a tavola?A tavola, per strada, nei luoghi di lavoro. Non dico che la redazione di ieri somigliasse a quella di un film americano, ma i giornali non erano agenzie assicurative. Oggi si respira un’aria silenziosa. Tutti zitti in uno stupido open space L’hanno rinnegato persino gli americani, ma da noi non c’è quotidiano che non ne abbia uno.Perché una guida?Ho sentito di dovermi difendere. In alcuni luoghi, smanettando sul computer, ero invaso da un mare di informazioni false e contraddittorie. C’è stato un tempo in cui vagando per le strade, per mangiare tanto e bene pagando poco, l’unica stella polare era quella del camionista. Vedevi un Tir e ti fermavi. Vuole ascoltare un tipico esempio piemontese?Siamo qui.Salame crudo e cotto. Pancetta, cotechino, lardo, lingua salmistrata, insalata russa, carne cruda, vitello tonnato, acciughe in salsa, tris di primi. Poi i secondi. Il formaggio. La frutta. I liquori.Lei l’ha fatto veramente.Più di una volta. Chi sopravviveva non doveva più temere nulla dalla vita. Fino ai 18 anni ero un animale onnivoro e incosciente. Poi sentii la parola dieta e imparai lentamente a mangiare.Nel libro invita ad autoresponsabilizzarsi. Accompagna il lettore: “Appena oltre la porta”.Da lì in poi tocca al suo gusto. Nell’imperversare delle mode sapersi muovere è un po’ come avere la patente o non averla. Oggi manca la bussola o al contrario, ne brillano troppe.Da piccolo lei teneva un diario con pagella dei ristoranti in cui era stato.Stravergognandomene, devo aver buttato tutto intorno al ’68. L’idea di dare i voti mi è passata insieme a quella originaria: diventare professore di italiano o di francese.Su un muro del Friuli scrissero: “Meno Internet, più Cabernet”. In “Non c’è gust o” si intuisce una sottile diffidenza verso il web.Parlo di TripAdvisor, un curioso fenomeno che va studiato e non nascondo la mia avversione alla tecnologia. Se sono arrivato a 60 anni senza consigli dal web posso andare anche oltre. La Rete è il luogo di una solitudine moltiplicata che si illude di essere compagnia. Chi sbandiera i suoi mille amici su Facebook mi stringe il cuore. Prova a chiedere 100 euro a ognuno di loro, vediamo quanti ne rimangono. C’è stata una frantumazione dei rapporti. Non c’è più privacy, ma solo un senso di isolamento dagli altri. E un dichiarazionismo folle. Neanche Berlinguer e Togliatti avevano un parere al secondo. Sa cosa mi diceva Platini? Intervistato tutti i giorni, sarebbe sembrato un cretino anche Einstein.http://www.minimaetmoralia.it/wp/a-gianni-mura-per-i-suoi-primi-70-anni/
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