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Gianni Tetti: Mette Pioggia

Creato il 10 novembre 2014 da Fabriziofb

Copertina-Mette-Pioggia-Gianni-Tetti-Neo-Edizioni

«Mi sono svegliato e la seconda cosa che ho sentito è che s’è alzato un po’ di vento. Meno male. Almeno quello.
Almeno non c’è lo scirocco degli altri giorni. Uno scirocco africano con la puzza di deserto. Uno scirocco che come aprivi la bocca te la seccava. Uno scirocco che soffiava forte in strada alzando la polvere. Dello scirocco degli altri giorni ne hanno anche parlato al telegiornale. Sardegna, lo scirocco killer, moria di anziani, cani e bambini. Tutti morti. Chiudersi in casa. Colpa dello scirocco. E i topi che uscivano dalle fogne e correvano in strada. E le signore spaventate. E gli incendi.»(1)

Una folle ridda di strampalati personaggi -assassini muti, pingui testimoni di Geova, enormi ex-galeotti, parroci che fanno acquisti misteriosi, scienziati malaccorti, minacciose donne delle pulizie e femmine tradite, traditrici o presunte tali- si agita inutilmente sullo sfondo di una Sardegna a dir poco infernale. A liberarli dai loro molti affanni ci penserà, forse, una misteriosa epidemia che si prepara nell’ombra…
Il sassarese Gianni Tetti, qui al suo esordio nella forma romanzo(2) racconta la sua storia conciliando una moltiplicazione tutta postmoderna dei punti di vista e delle voci, con una forma narrativa compiutamente orale. La falsa coralità(3) del romanzo e la narrazione per accumulo non devono però trarre in inganno: se esiste, come la critica ha spesso sostenuto, una diffusa componente di realismo magico nella letteratura sarda contemporanea, da qui non si vede; Tetti si pone infatti all’opposto: in Mette Pioggia, la parola d’ordine è, sì, paratassi, ma l’oralità del romanzo sembra frutto di un collage di frammenti (resiudi?) linguistici eterogenei, provenienti dal parlato, dallo scritto, dal televisivo; frammenti raccolti da una discarica di vecchi discorsi(4), spesso distorti dalla memoria e pronti a crollare a valanga sull’incauto, impreparato lettore(5).
La domanda di fondo, serpeggiante per tutto il testo ma pronta a riemergere, qua e là, esplicitamente, è questa: l’uomo distruggerà il mondo? Dal racconto pare proprio di sì; ma poi, probabilmente, si tratta di una pura e semplice formalità: a giudicare dal romanzo di Tetti, infatti, l’umanità è già finita; quel che resta è solo il vano e irrazionale agitarsi di un residuo pre-umano o sub-umano, ma di sicuro pre-culturale.

Mette Pioggia, di Gianni Tetti è edito da Neo edizioni.

(1)Gianni Tetti, Mette Pioggia, Neo edizioni, Castel di Sangro 2014, p. 163.
(2)Dei suoi racconti vi avevamo già parlato qui.
(3)Tra i vari personaggi vige la più stretta incomunicabilità, parlare di “coro” sembra dunque fuori luogo.
(4)Che altro potrebbe fare, un umanità senza futuro, se non citare se stessa in attesa della fine?
(5)Se pensate di aver capito la solfa, e credete di sapere di cosa sto parlando, be’, vi sbagliate; per capirlo vi toccherà leggere il romanzo.


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