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Giappone: dieci luoghi emozionanti

Creato il 06 dicembre 2015 da Patrickc

Per me i viaggi sono fatti anche di momenti, di esperienze. I luoghi sono solo una parte del viaggio. Ma sono importanti e spesso regalano emozioni molto intense

1. Arashiyama, Kyoto

Va bene, è un luogo turistico fra i più noti ed è sempre piuttosto affollato. E’ davvero difficile godersi in solitudine e silenzio la foresta di bambù (però è possibile, venite la mattina presto). Ma Arashiyama, a pochi chilometri da Kyoto, merita tutta la sua fama: è splendida, è un luogo denso di storia e di bellezze artistiche e naturali. Ed è sufficientemente grande per accogliere tutti, specie se le dedicate tempo e vi allontanate un po’ dalle strade più battute. I luoghi più visitati sono sicuramente la foresta di bambù e il tempio zen Tenriyu-ji. Ma ci sono luoghi bellissimi molto, molto meno visitati: la villa Okochi sanso con i suoi sorprendenti giardini, il parco lungo il fiume, il tempio Gio-ji che sembra fondersi con il bosco. Arashiyama mi ha emozionato tutte e tre le volte che ci sono tornato.

Posti emozionanti in Giappone: la foresta di bambù di Arashiyama

La foresta di bambù (foto di Patrick Colgan, 2013)

Tenriyu-ji

Lo splendido giardino del Tenriyu-ji ad Arashiyama, Kyoto (foto di Patrick Colgan, 2013)

2. Shibuya, Tokyo

“Passi spesso i tuoi pomeriggi a Shibuya?” chiede lui con circostanza.
“Ogni tanto, giusto per non dimenticare dove sono.”
“In che senso?”
“Nel senso che Shibuya è, per me, un po’ il simbolo di Tokyo.”
(Laura Imai Messina, Tokyo Orizzontale)

A Shibuya non c’è molto da fare o da vedere, in fondo. C’è un incrocio nel quale si riversano fiumi di persone e poi negozi, centri commerciali, ristoranti, locali e anche alberghi a ore , i love hotel, che poi molti vanno a vedere perché è una curiosità anche quella. Ma è anche un luogo che ha una sua vibrazione, una sua vitalità unica. E dove il fiume di persone, sull’incrocio più affollato della città, non è un’iperbole e lo senti premere su di te come se fossi immerso nell’acqua. E dove si prova quel senso spiazzante di riconoscere qualcosa, come in un deja vu e di trovarlo ugualmente sfuggente: ricorda molte grandi città del mondo e allo stesso tempo è qualcosa di completamente diverso. E’ un posto dove sentirsi al centro di Tokyo e lontanissimi da casa, come rendersi conto che non è un sogno. E a me questa sensazione dà sempre un brivido.

  • Guida a Tokyo, Shibuya
Shibuya (foto di Patrick Colgan, 2015)

Shibuya (foto di Patrick Colgan, 2015)

La stazione di Shibuya

La stazione di Shibuya (foto di Patrick Colgan, 2011

3. Tempio Daisen-in, Kyoto

Il tempio, risalente al 1501, fa parte dei 22 del Daitoku-ji (大徳寺) , un grande complesso cinto da mura della scuola Rinzai del buddismo Zen, fondato nel 1314. Non si può visitare tutti i giorni perché qui solo alcuni templi sono aperti quotidianamente a rotazione per non disturbare la vita del monastero. Sarà perché è vietato fare foto e quindi ho vissuto ogni attimo senza altri pensieri. O forse perché c’erano pochi visitatori e un silenzio profondo. O forse ancora perché del giardino zen, meraviglioso nella sua antica semplicità, viene proposta una lettura, forse non storicamente corretta, ma che era perfetta per il mio stato d’animo: la vita come il flusso di un fiume che nasce da un grande mare, dove un giorno tornerà. Forse non è per un solo, ma per tutti questi motivi che questo piccolo giardino di pietra ha un posto speciale nel mio cuore.

  • Ne ho scritto qui – Tre templi a Kyoto
Daisenin

Il grande oceano – Tempio Daisen-in
(da Wikimedia commons, Ivanoffwiki cc attribution share alike)

4. Shiretoko, Hokkaido

A me essere ai margini delle cartine piace, mi fa sentire le farfalle nella pancia, fa provare una specie di vertigine. Succedeva di più un tempo, quando per me era una cosa nuova, ma accade ancora. Forse me lo porto dietro da quando consumavo gli atlanti e i mappamondi da piccolo o dai primi viaggi in Inter-rail che mi portarono per ben due volte alle isole Lofoten, oltre il circolo polare artico. A emozionarmi iniziavo guardando le cartine. Certo, significa un po’ illudersi che ci sia qualcosa di diverso in una latitudine o una longitudine differenti, e invece un luogo è un luogo, in fondo. Almeno in teoria, perché ai margini delle cartine, ho scoperto, qualcosa di magico c’è davvero. Innanzitutto parte della magia è in noi: sono posti che fanno lavorare la nostra immaginazione, mentre cerchiamo di appagare il desiderio di esplorare, raggiungere in confini. Ma c’è qualcosa anche nei luoghi, che a volte sono realmente speciali. La terra sembra riservare ai suoi margini alcuni dei suoi più grandi e originali spettacoli: i ghiacciai, il sole di mezzanotte, l’aurora boreale, ma anche i vulcani, i deserti. Ecco, anche se è punteggiato di brutti paesi in cemento, di alberghi orribili e strade sgraziate, lo Shiretoko – che è l’estrema punta nord est del giappone – è un posto così, con un’atmosfera speciale, che sa di frontiera e di ultraterreno. Con vulcani, cascate di acqua bollente che sgorga dalla pancia della terra, con balene, orsi e l’uomo che sembra piccolo, piccolissimo e in balia di tutto questo.

  • Ne ho scritto qui: Shiretoko, la terra degli orsi
  • Ha un capitolo dedicato in Orizzonte Giappone
Uno dei Cinque laghi dello Shiretoko

Uno dei Cinque laghi dello Shiretoko (foto di Patrick Colgan, 2011)

Orsi nello Shiretoko

Orsi nello Shiretoko, fotografati da lontano (foto di Patrick Colgan, 2011)

5. Hiroshima e Miyajima

Hiroshima racchiude tanto, forse troppo: bellezza, tragedia, vita, sapori, spiritualità. La prima volta che visitai il museo memoriale della Pace mi aveva talmente sconvolto che non avevo capito niente nell’ora o poco più che gli avevo dedicato. Ero uscito sotto choc. E così tornai la mattina dopo. E poi sono tornato un’altra volta ancora, tre anni dopo. Ma Hiroshima è anche altro, è una città piena di vita, dove si mangia benissimo. Una vitalità che fa dimenticare, a volte, la storia tragica.

E poi Hiroshima è anche la vicina isola di Miyajima e il suo indimenticabile santuario di Itsukushima, tutt’uno con il mare così come altri templi e santuari giapponesi sono tutt’uno con i boschi. La religiosità scintoista percepisce il sacro in tutta la natura, tramite tra l’uomo e il divino. E qui è chiarissimo. E’ uno di quei luoghi affollati di turisti, perennemente, ma che non perde quasi nulla della sua unicità.

  • Ho scritto un post sulla storia di Hiroshima
  • A Miyajima c’è anche l’occasione di assaggiare vari tipi di street food (da Persorsi blog)
Fra i posti da vedere in Giappone: Miyajima

Miyajima, il santuario di Itsukushima (foto di Patrick Colgan, 2014)

6. Il cimitero Oku-no-in, Monte Koya

Chi visita l’Oku-no-in dal centro cittadino del monte Koya, attraversa l’Ichi-no-hashi (ponte numero uno), prosegue per un lungo viale acciottolato e tortuoso fiancheggiato dai cedri e infine giunge nel mondo degli spiriti. Secondo la tradizione giapponese, un ponte è ben più di un modo per passare da una sponda all’altra di un fiume. Può rappresentare il passaggio verso l’ignoto, oppure l’innalzamento dell’anima a un piano spirituale superiore.
(da Treni in corsa nelle notti di Kyoto, di Patrick Holland)

Con circa 200.000 tombe è il più grande cimitero del Giappone. Immerso fra alberi secolari, a mille metri sulla cima del monte Koya, ricoperto di templi, l’Oku-no-in non fa però pensare alla morte, quanto alla vita e alla sua trasformazione. E’ un luogo di grandissima bellezza naturale, oltre che di importanza religiosa. E si percepisce vita ovunque qui fra piante enormi, lungo il sentiero lastricato che porta al mausoleo di Kobo Daishi, il fondatore della setta buddhista Shingon: il luogo emana una grande, intensa, tranquillità. Non c’è nessun altro cimitero in cui mi sarei avventurato di notte, alla sola luce delle lanterne.

  • Ho scritto un post sul Monte Koya
Il cimitero Oku-no-in sul monte Koya

Il cimitero Oku-no-in sul monte Koya
(foto di Patrick Colgan, 2014)

Viaggio al monte Koya

La forma della Pagoda a cinque piani, usata per le tombe, rappresenta i cinque elementi, quindi l’eternità: terra, acqua, fuoco, vento e aria
(foto di Patrick Colgan, 2014)

7. Matsushima, Sendai

Matsushima è una baia nella quale sono disseminati circa 260 scogli di roccia bianca ai quali sono aggrappati boschetti di pini o singoli alberi che sembrano rimasti impigliati su uno spuntone di pietra. Il nome Matsushima, 松島, significa isole dei pini e può sembrare riduttivo, lo sarebbe in qualsiasi lingua. Ma in giapponese è essenziale, perfetto. Perché non c’è altro, ci si può semplicemente perdere nel blu, specie se è una giornata tersa d’inverno, di quelle in cui i colori brillano di una luce che sembra provenire da un’altra dimensione. Io ho avuto questa fortuna.

  • Viaggio a Matsushima
La baia di Matsushima

La baia di Matsushima (foto di Patrick Colgan, 2014)

8. Taketomi, Okinawa

Una sola strada asfaltata gira intorno all’isola. E’ un’isola piccolissima, che misura una manciata di chilometri da una sponda all’altra. E poi c’è un reticolo di strade bianche che attraversano l’unico abitato: case basse, con i tetti rossi che spuntano fra le palme, i fiori coloratissimi, illuminati da un sole abbacinante. Siamo in un angolo di Okinawa, isole tropicali all’estremo confine sud occidentale del Giappone. E qui siamo ai margini dell’arcipelago, vicinissimi a Taiwan, che è a duecento chilometri in linea d’aria. Sulla cartina fa impressione e in effetti è un volto del Giappone irriconoscibile, che si confonde con quello dei Paesi vicini. Il posto è bellissimo e ti fa sentire lontano da tutto, irraggiungibile, anche se non è vero, anche se ci sono i turisti che fanno il giro in giornata. Ma non importa. Quando se ne va l’ultima barca restano in pochissimi e l’isola viene pian piano avvolta dal buio e dal silenzio.

  • Su Taketomi ho scritto un post
  • All’isola ho dedicato un racconto del mio ebook Orizzonte Giappone
Kondoi Beach, Taketomi

Kondoi Beach, Taketomi (foto di Patrick Colgan, 2014)

Taketomi dall'alto, un piccolo paradiso tropicale

Taketomi dall’alto, un piccolo paradiso tropicale (foto di Patrick Colgan, 2014)

9. Shirakawa-go

E’ un po’ come a Taketomi, se non dormi a Shirakawa-go non la capisci. Certo, il museo all’aperto di Ogimachi con le antiche case di campagna è di grande bellezza e interesse. E quando l’abbiamo visitata la neve rendeva tutto un po’ irreale, come se fosse un villaggio incantato. Un’apparenza che nascondeva il fatto che questi erano luoghi di lavoro durissimo e grandi sofferenze. Ma credo che se non fossimo rimasti la sera, dormendo in una di queste case, i ricordi sarebbero in gran parte scivolati via. Questo posto chiede un po’ di tempo. E restituisce.

  • Ne ho scritto qui: una notte nelle antiche case
Ogimachi, Shirakawa-go

Ogimachi, Shirakawa-go (foto di Patrick Colgan, 2014)

Shirakawa go

Shirakawa.go (Shirakawa-go, foto di Patrick Colgan)

10. Le colline intorno a  Kyoto

Va bene, ho un po’ barato perché concludo non con un luogo, ma con molti. Non ci posso fare niente. Io mi emoziono anche solo vedendo le colline, i monti che circondano Kyoto comparire dal treno, mi sento trascinato verso di loro quando mi fermo sul ponte sul Kamogawa e lascio correre lo sguardo lungo l’acqua. Ai margini della città, nascosti fra i momenti ci sono posti come il famosissimo santuario Fushimi Inari Taisha (quello delle mille porte), certo, ma anche Ohara, Kibune, Kurama e chissà quanti altri luoghi scoprirò nei prossimi viaggi.

  • Kyoto: il sentiero fra Kibune e Kurama
  • Kyoto: Fushimi Inari Taisha
  • Tre templi a Kyoto: il temio Sazen-in a Ohara

#Kyoto, kamogawa #Giappone #japan

Una foto pubblicata da Patrick Colgan (@colgan78) in data: 27 Gen 2015 alle ore 01:17 PST

Sul Monte Kurama #kyoto #giappone Una foto pubblicata da Patrick Colgan (@colgan78) in data: 14 Gen 2015 alle ore 01:37 PST


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