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“Giardini di loto” di Andrea Melone – GFL Step 3

Creato il 08 luglio 2010 da Sulromanzo
“Giardini di loto” di Andrea Melone – GFL Step 3Di Morgan Palmas
“Gustav decise di andare incontro ai tre lungo la stradina in mezzo al prato. S’incontrarono accanto alla statua del Galata. Cercai di riconoscere l’eccellenza di Friedrich, invano. La ragazza di Roberta venne al tavolo e mi chiese se gradivamo un dolce alla frutta preparato in quel momento. Era graziosa. Rimase ferma a un passo dal tavolo, sorrideva con la sua pelle da infante. Dissi «Sì, lo porti pure». Mi pareva che si aggraziasse tutta la mia goffa sagoma. Sapeva che l’avrei guardata e sorrise tra sé con tenerezza fuggevole. Gustav e gli altri vennero al tavolo. Gustav provvide alle presentazioni: erano due norvegesi, Rune e Edvard, e un danese, Michael. Avevano volti equini sotto alle acconciature femminili, perle azzurre e rosse tra i capelli e piccoli orecchini sulle sopracciglia. Edvard, il compagno di Gustav, teneva i capelli, lunghi e rossicci, radunati dentro un cappello di lana. La ragazza di Roberta usciva e rientrava nel casotto di legno e intratteneva con gli avventori brevi conversazioni. I suoi occhi passavano veloci, come ala o pensiero. Questo mi manca, pensavo: non vedere nessuno per tre giorni, non sentire nessuna voce, guadare fuori senza desiderio, mentre Dio sfoga la sua ira sui picchi montani, senza cogliere terza dimensione, e passare in rassegna il dorso dei dischi e ascoltare un’opera fino alla fine, educare pensieri semplici, vivere senza nessuno sforzo di decifrazione, come se ogni questione dovesse avere lo sbocco in uno spazio onirico e guadarsi attorno fosse trovarsi in uno studio errato di prospettiva”.
Questa è una delle parti del terzo step che più ho apprezzato. Non ho inserito quanto avrei voluto, anche per lasciare a chi non sta leggendo il libro la curiosità. Gli scenari mutano con celerità, i pensieri rivolti al futuro incalzano, il desiderio di quiete si presenta con tutta la sua forza dirompente. Mi piace la vista corta nella scrittura di Melone, una vista intesa come sguardo debole, una debolezza consapevole, senza slanci inutili e pericolosi, invece calibrata giacché frutto di scelte disincantate. Lo si percepisce nei personaggi, una bramosia di vita, consci tuttavia che il tempo fugge e che di fronte a ciò è bene prevenire. Prevenire l’eccesso, dopo averlo vissuto; prevenire il barocco semantico, dopo averlo sperimentato; prevenire i cliché, dopo averli scrutati. Io continuo a pensare che Melone sia uno scrittore maturo e non vedo l’ora che pubblichi altri romanzi.
Prossimo step si conclude il libro. Buona lettura. (E sarà l’ultimo libro di questa esperienza di GFL, per due motivi: in primo luogo, non c’è stata la partecipazione che si sperava, nonostante all’inizio l’entusiasmo di molti avesse fatto credere il contrario; in secondo luogo, dedicherò il tempo ad altre iniziative di sicuro più seguite). 

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