Gieky dal muretto all’asfalto

Da Guglielmomariakley

In via Lattanzio i luoghi dove i ragazzini possono nascondere i loro oggetti preziosi sono parecchi e quando hai 6 anni, anche un sasso con dei cristalli di quarzo è ritenuto tale.

Per creare una “banda”, erano sufficienti tre scalmanati muniti di biciclette, qualche merendina, una manciata di fantasia, la voglia scorrazzare festosamente e la missione di difendere un nascondiglio segreto nel quale si erano raccolti oggetti di varia natura come ad esempio: giornaletti (rigorosamente di Topolino), miccette, lattine, monetine o temperini.

Per raggiungere il covo più ambito, probabilmente già occupato da “quelli grandi”, occorreva affrontare un percorso abbastanza pericoloso.

Il percorso consisteva nel rasentare di schiena, per una una ventina di metri una parete lungo un cornicione largo circa 25 centimetri, che seguiva dall’inizio della rampa dei box, la linea della pavimentazione orizzontale e mentre la rampa dei box scendeva il dislivello tra cornicione e asfalto inesorabilmente aumentava.

( rapporto le misure a ciò che mi ricordo, è facile che i 20 metri di allora fossero i 10 reali di adesso e che il cornicione fosse più stretto…del resto avevamo un 30/31 di scarpa)

L’ambita meta era un angolo con un buco segreto, una sorta di bug lasciato dai muratori in fase di costruzione, visibile solo dall’alto. Ripensandoci era forse il posto più pericoloso di tutto il comprensorio.

Sono sempre stato moderatamente spericolato ma non incosciente, arrampicarmi era la mia passione, ogni albero era una meta, ogni roccia o muro mi attirava e ogni volta era una sfida.

Ho fatto cose pericolose ma non folli, ho un notevole senso di auto protezione e mai farei qualcosa oltre ciò che saprei di poter fisicamente affrontare. Gieky mio malgrado mi veniva quasi sempre dietro, un piccolo incubo da accudire senza il benché minimo senso del pericolo, un fratellino accollatomi dai miei, nei miei giochi “da più grande”, costantemente “rovinati” dal continuo senso di responsabilità…che ciò non sia stato un bene anche per me????

In quell’occasione, quel passaggio per me, era abbastanza facile, era sufficiente restare con le spalle radenti al muro, pancia in dentro, piedi paralleli e piccoli passetti, uno dietro l’altro…eh si…ma il fratellino di cinque anni dove lo mettiamo? Gieky mi seguiva ovunque lanciandosi però di pancia…senza coscienza…quella volta ero a metà strada del percorso, tra me e lui un altro ragazzino che spingeva per mandarmi avanti e Giacomo che si apprestava a seguirmi contro le mie esortazioni a restare li fermo dov’era a guardare perché era pericoloso…eh si, proprio vero…figurarsi se mi ascoltava, imperterrito mi seguì caparbio finché proprio la sua pancia lo fregò e in un attimo perdendo l’equilibrio cadde in un solo istante con la faccia a terra…”TUMPHS!”…un rumore sordo di ossa e carne “spatasciatasi” in terra.

Fu terribile.

Mi affrettai a tornare indietro obbligando l’altro bambino terrorizzato a indietreggiare, appena riuscii saltai giù raggiunsi Giacomo…lo alzai da terra, piangeva disperato a bocca aperta urlandomi:“ E’COLPATUA E’COLPATUA!!!!!!” Aveva il sangue a bolle che fuoriusciva dal naso e le mani insanguinate. Lo tenni su come potevo e coprii la distanza dalla rampa fin su al settimo piano…un passo dopo l’altro…da solo lo portai attraverso quel lungo vialetto, due palazzi dopo al nostro…poi sulle scale, a piedi fino al settimo piano…nessuno…dico nessuno mi diede, ci diede una mano. Che momenti di sconforto.

Aprimmo la porta e mi madre vedendoci tutti imbrattati di sangue per poco svenne…come al solito mio padre venne chiamato al lavoro, in brevissimo tempo giunse a casa e portammo Giacomo in ospedale dove venne ricoverato: tutto sommato….gli andò bene, si escoriò le ginocchia, si ruppe setto nasale e gli zigomi, si fece inoltre un paio di profondi buchi nel naso rammendati con qualche punto di sutura. Per tutta la vita ha portato quei segni, orgoglioso, come fossero una ferita di guerra, di tanto in tanto mi accusava facendomi sentire in colpa per l’accaduto…già, se non fossi andato sul cornicione non sarebbe successo nulla, ma lui era mio fratellino ed ovunque andassi io lui comunque mi seguiva ed era giusto così.

In ospedale appena si riprese divenne la comica del reparto, mi ricordo che fuggiva per andare a trovare un bimbo idrocefalo, che non so perché lo affascinava parecchio. Nel frattempo che guariva, il suo viso cambiò più volte di colore passando dal rosso all’arancione al verde al giallo, al blue, una bella tumefazione con tutti i colori che comportano quel genere di trauma…avete presente i tramonti dei vecchi film americani in Tecnicolor??? Ecco uguale.

Dopo quell’incidente il suo naso cambiò per sempre, così come i suoi zigomi. Ma nulla gli vietò in futuro di incontrare altre situazioni….al limite.

Guglielmo


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