La Sacra Spina di Giffoni - particolare da santino, 1940 ca.
Oggi, in tutto il mondo, dire Giffoni è dire “Festival del Cinema per ragazzi”, che nel caldo di luglio accende i riflettori e attira tante stelle del grande schermo e non solo.
Non tutti, però sanno che è tra i primi germogli della primavera che questo paesino del Parco Regionale dei Picentini, circondato da alberi di nocciolo, dà il meglio di sé, e permette di scoprire la sua cultura e le sue tradizioni, alcune delle quali antichissime. Come quella di portare in processione per le vie del paese, l’ultimo venerdì di marzo e il Venerdì Santo, un tesoro preziosissimo custodito in una piccola teca di cristallo e argento e il cui nome per gli abitanti è presenza quasi palpabile: la Sacra Spina o Spina Santa, ovvero una spina che proverrebbe nientedimeno che dalla corona di spine di Cristo.
Corona di spine nel reliquiario d'argento dorato di XVI secolo - oggi è custodita nel tesoro della cattedrale di Notre-Dame - Parigi.
La Corona di Spine era stata annoverata tra i tesori più preziosi della Corona di Francia. Il re San Luigi IX aveva sborsato nel 1241 un autentico patrimonio per comprarla dall’imperatore di Costantinopoli, suo cugino Baldovino II, ingolfato di debiti, insieme ad altre preziose reliquie della Passione: un frammento della Vera Croce, la Lancia, la Spugna, e alcuni frammenti del Sudario, da sempre proprietà degli Imperatori d’Oriente. Il re di Francia aveva addirittura fatto costruire una chiesa nuova di zecca accanto alla cattedrale di Notre-Dame, la Sainte Chapelle, un vero e proprio pezzo di oreficeria, degno di custodire un tesoro così prezioso.
Veduta della chiesa superiore della Sainte-Chapelle, 1241-46 - Parigi.
Fu un discendente di San Luigi IX, Carlo V, alla fine del XIV secolo, a staccare una spina da quella corona per donarla al cardinale Leonardo De Rossi, originario proprio di Giffoni. Si trattava di un personaggio di prima categoria: appartenente all’ordine francescano, fu ministro generale dell’Ordine dal 1373 al 1378, conteso sia dal papa Urbano VI sia dall’antipapa Clemente VII per le sue qualità di diplomatico. È probabile che il cardinale De Rossi abbia donato la spina o l’abbia lasciata in eredità al convento di San Francesco nella sua terra natale di Giffoni. Quello che è certo è che la Sacra Spina fu custodita dai Francescani di quel convento fino al decennio francese, quando nel 1808 una legge del re Gioacchino Murat soppresse tutti gli ordini religiosi e confiscò i loro beni: pochi mesi dopo, la ritroviamo affidata alla cattedrale dell’Annunziata. È lì che si trova ancora oggi, nell’altare della navata sinistra.
La tradizione dice che, quando questa spina lunga circa 7 cm, tutti i venerdì di marzo e il Venerdì Santo, viene esposta al bacio dei fedeli, si tinge interamente di rosso, come fosse bagnata di sangue vivo. Qualcuno dice di aver visto il prodigio con i propri occhi.
I più vecchi ricordano ancora le antiche processioni, impreziosite dai maj, enormi bouquet di fiori, ceri accesi, e che i devoti portavano sulla testa, oppure poggiate su lettighe portate a spalla da quattro persone, o addirittura incluse in veri e propri carri. Oggi quest’usanza sopravvive solo in alcuni paesini della Sicilia e della Puglia.
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