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Gigolò per caso – recensione

Creato il 23 aprile 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
Gigolò per caso – recensione apr 23, 2014    Scritto da Silvia Cannarsa    Attualità, Film in Uscita, Recensioni 0

Gigolò per caso – recensione

Un film di passione, solitudine, amore e dolore. Una commedia agrodolce, con un pizzico di Woody Allen, seppure un po’ troppo lenta.

John Turturro è arrivato al suo quinto film come sceneggiatore e regista: Mac, Illuminata, Romance & Cigarettes, Passione – quest’ultimo presentato al Festival del Cinema di Venezia, esplora la musicalità della città di Napoli, ed infine Gigolò per caso uscito nelle sale italiane il 17 aprile.
L’attore, regista, sceneggiatore italo-americano tenta quindi una pellicola dal sapore
alleniano, raccontando una storia paradossale nella quale Woody Allen si improvvisa pappone, dotandosi anche di un nome di battaglia, Dan Bongo, e John Turturro – cosa ancora più paradossale – è l’unico cavallo della sua scuderia, passionale e affascinante, alto e anche – perché no – colto.
L’improbabile coppia si fa strada nel mondo degli affari, rendendo felici delle donne sole, illuminando la loro solitaria vita.

Quello che si propone come un malinconico-comico dramma sulla solitudine, però, diviene ben presto una stanca ripetizione dello stesso tema, quasi come se il regista John Turturro, dall’ironia iniziale di accostare l’attore John Turturro alla professione di amatore, quasi si fosse convinto che era proprio quello il suo ruolo. Come se Mike Miers, l’attore che interpreta Austin Powers, si convincesse di essere davvero un affascinante agente segreto.
Si interrompe di colpo l’ironia, lo scherzo e l’aura surreale che lo circondava, per divenire un vanitoso e autoreferenziale dramma. Qualcosa di davvero poco credibile, mentre, dall’altra parte. il paradosso di Allen, continua imperterrito, senza mai stancarsi.

Da una sceneggiatura brillante e divertente si arriva, come per magia, ad un film lento e senza sorprese. Un montaggio fiacco ed apatico che non è assolutamente al servizio delle battute frizzanti e sinceramente spassose che si susseguono durante tutti i 98 minuti del film.
Eh sì, perché le trovate buffe e spiritose non mancano, quello che manca è forse proprio la regia di Allen, in un film che voleva essere un tributo al grande regista con il quale aveva già lavorato, avendo scritto la sceneggiatura di Hannah e le sue sorelle.

Motivi per accantonare la noia e vedere Gigolò per caso comunque? Sopratutto per l’ironia con cui tratta la comunità ebraica di New York, e i paradossi che si vengono a creare. Scene godibilissime con un divertente Liev Schreiber.

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