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Gioco d’azzardo: quando il brivido diventa dipendenza

Da Psicoterapeutico

Gioco d’azzardo: quando il brivido diventa dipendenzaIn questi giorni il mondo del calcio è stato, e continua ad esserlo, scosso dal terremoto giudiziario e mediatico delle scommesse. Le false partite, i personaggi noti in arresto o indagati, la delusione di tifosi e scommettitori e, in ultimo, anche l’ombra della longa manus della camorra: questo lo scenario che si presenta sotto gli occhi di noi italiani.
Quale occasione migliore, quindi, per sollevare il problema delle mania delle scommesse e del gioco d’azzardo on line, che sta assumendo dimensioni davvero incontrollabili, con tutti i rischi che ne derivano. Il numero dei dipendenti da gioco, persone come Beppe Signori che non possono fare a meno di rischiare e scommettere, ha subito una fortissima impennata, così come le occasioni per scommettere (e magari perdere tutto).

Attualmente non c’è consenso tra gli studiosi riguardo alle cause che spingono gli individui al gioco d’azzardo. Ogni scuola teorica interpreta dal proprio punto di vista il modo di agire del giocatore, chiamando in causa diversi fattori. Interessante mi sembra il contributo di Rosenthal il quale sostiene che alla base del comportamento dei giocatori patologici vi sia un disturbo narcisistico di personalità. Questi individui, per difendersi da un proprio profondo senso di debolezza, devono continuamente provare a se stessi il proprio valore e le proprie capacità costruendosi continuamente un’illusione di onipotenza. Rosenthal crede che l’attrazione più forte al gioco sia l’imprevedibilità del risultato che spinge a giocare per controllare l’incontrollabile. Quando ciò si realizza il giocatore si sente onipotente.


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