Sono giorni di grande buio. L'Italia che non è Italia, ma ancora un agglomerato di ducati, principati, piccoli regni con lotte intestine benché si dica in giro che siamo un'unica nazione. Uno stato all'interno della capitale dove il papa-re si rigenera come un mostruoso drago che nessun principe può uccidere con la sua spada magica. Omuncoli, giocolieri, burattinai, ruffiani e prostitute. Una terra dall'aspetto meraviglioso che nasconde il lezzo della corruzione sotto le chiome degli alberi e l'ombra dei palazzi rinascimentali, che architetta truffe fra i ruderi di un'antica civiltà nerboruta, che violenta e uccide le donne ad ogni angolo, dietro ogni parete. Come si può essere spensierati? Come si fa ad alzare gli occhi cercando un cenno di primavera tra le nuvole di un marzo freddo? Dove aggrapparsi pensando all'estate e ai suoi colori? Quali progetti per quale futuro?
Ho deciso che nei prossimi giorni mi bagnerò nelle acque del passato, il mio, il più remoto, lì dove si intrecciano le vite e le morti degli avi. Mi piacerà molto andare a rintracciare ricordi fumosi, parole sciolte, pronunciate per caso e a cui noi bambini non facevamo caso, ma che poi si ripresentano all'improvviso, in una catena interrotta e ininterrotta, in un lessico famigliare dimenticato ma che è nella gola, frettoloso. Le foto che rappresentano un attimo che è presente e futuro e poi definitivo passato. Un gioco, è solo un gioco che voglio fare.
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