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Gioia Tauro e smaltimento armi chimiche

Creato il 17 febbraio 2014 da Makinsud

Ormai da qualche settimana, la cittadina portuale calabrese di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, è stata scelta come protagonista di delicate operazioni a carattere ambientale. Nel territorio calabrese verranno trasportati sessanta container contenenti 560 tonnellate di armi chimiche di provenienza siriana, con lo scopo di essere neutralizzate e smaltite. 

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Inizialmente la notizia ha suscitato un certo scalpore, mettendo in allarme la popolazione locale, riguardo il trattamento di queste sostanze pericolose, motivo per cui il WWF Italia ha chiesto, agli organi competenti che si stanno occupando di questa questione, che la gente del posto e anche il resto del mondo, vengano informati con chiarezza e trasparenza sulle varie operazioni di neutralizzazione e di smaltimento delle armi siriane. A tale scopo, l’associazione ha fatto pressione circa l’allestimento di presidi per il monitoraggio e per il pronto intervento sanitario e ambientale, durante l’atteso trasporto dei sessanta container.

 

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L’ansia che trapela riguardo questa situazione è comprensibile poiché si tratta di armi di distruzione di massa, tuttavia diversi tavoli tecnici stanno mettendo a punto tutte le precauzioni e le misure di sicurezza riguardo queste operazioni così rischiose sia a livello ambientale che per la salute dell’uomo. Inoltre è evidente l’importanza di mettere al corrente i cittadini su tutte le misure preventive che dovranno essere attuate, nel loro pieno rispetto, che si manifesta nel momento in cui vengono resi consapevoli di quello che accade, attraverso l’informazione.

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Alla luce di ciò è stato chiarito che le delicate, quanto complesse operazioni sul trattamento delle armi chimiche, che si svolgeranno nel porto di Gioia Tauro, avranno come base la nave danese Ark Futura e il laboratorio galleggiante statunitense Cape Ray. Le varie fasi di neutralizzazione e di smaltimento sono caratterizzate in primo luogo da un processo di idrolisi e in secondo luogo dallo smaltimento dei rifiuti residui, sulla terra ferma. L’OPCW (Organization for the Prohibition of Chemical Weapons) ha garantito che nessuno scarto pericoloso derivante dal processo di idrolisi, rischierà di essere versato o smaltito in mare. Nel pieno rispetto delle misure preventive della Zona di Protezione Ecologica del Tirreno e delle Convenzioni Internazionali a Tutela del Mediterraneo, i prodotti o i sottoprodotti del processo di idrolisi, verranno trasferiti in impianti a terra per il loro urgente smaltimento. Questo è quanto è stato rilevato fino ad ora su una situazione complessa e delicata, che non è affatto da sottovalutare in un momento storico come quello presente, nel quale i disastri ambientali purtroppo stanno diventando molto frequenti, allarmando sempre di più l’opinione pubblica.


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