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Giorgio Diritti: Un Giorno Devi Andare

Creato il 02 aprile 2013 da I Cineuforici @ICineuforici
Giorgio Diritti: Un Giorno Devi AndareGIORGIO DIRITTI Un Giorno Devi Andare (Italia 2013, 109 min., col., drammatico)   Fede; Comunità; (ri)Nascita: questi i punti fermi di Un Giorno Devi Andare e per esteso di tutto il cinema di Diritti. Giunto al terzo lungometraggio, il regista bolognese è riuscito a riconfermare la sua atipicità nel cinema italiano: in pratica si dimostra l'unico in grado di cogliere il meglio del panorama contemporaneo (su tutti, Malick) e di contestualizzarlo, sempre in maniera dimessa, alle tematiche a lui più care; è l'unico in grado di sfidare la linearità narrativa (cosa che neanche Garrone e Sorrentino, forse solo Martone rimanendo nell'insieme "mainstream") e di sviluppare un discorso assolutamente trasversale, che coglie ed utilizza qua e là alcuni aspetti e modalità dei suoi mentori e collaboratori Olmi e Avati, spesso citati ma rivisitati in chiave squisitamente personale. Discorso che, pure con qualche orizzonte fuori asse, qualche cosa di troppo, è riconducibile appieno ai suoi due film precedenti, che integra e completa.   Se ciò che colpiva nei suoi due film precendenti era la capacità di sottrazione, l'abilità ermetica (naturalistica, mai descrittiva nè tantomeno didascalica) di ridurre "all'osso" il discorso filmico per sublimarne (ed estenderne senza generalizzare) i nuclei concettuali, con Un Giorno Devi Andare (i titoli dei suoi film sono sempre bellissimi) Diritti sembra fare un mezzo passo falso aggiungendo e aggiungendo ancora, finendo per perdersi. Perchè, se è vero che il film gode di un'estetica sontuosa, che illumina l'acqua e la vegetazione, le case e i volti degli abitanti della foresta amazzonica in cui è ambientato, è anche vero che manca la coerenza e la compattezza della sua opera precedente, soprattutto dell'amato Il Vento Fa Il Suo Giro.
Giorgio Diritti: Un Giorno Devi Andare
La pellicola innanzitutto parte dal presupposto di raccontare una vicenda ben poco originale (la ricerca di sè stessi, navigando su un fiume, l'abbiamo già visto e sentito) e lo fa spezzandosi in 3 parti incentrate sui punti di cui sopra. Nella prima parte assistiamo agli inizi del viaggio di una donna (Jasmine Trinca), sulle acque del Rio Delle Amazzoni insieme ad una suora. Si lascia intendere che la donna ha di recente perso il padre, il bambino che aspettava non è mai nato (splendida l'immagine iniziale dell'ecografia) e forse per questo il marito l'ha lasciata. Viene mostrato il tentativo di evangelizzazione della suora attraverso un proselitismo che Diritti non critica, semplicemente, rappresenta, salvo poi lasciar trapelare una critica nell'anziano sacerdote "imprenditore" che esclama "prima di convertirli, bisognerebbe trapiantargli il cervello"; a questo la protagonista si rifiuta ("Devo dimenticare Dio") ed entriamo nella seconda parte, incentrata sul concetto (forse il più affine al regista) di comunità. In questa parte, eccessivamente lunga, il film esce bruscamente fuori tema ed affronta vicende relativamente spicciole rispetto al tema dominante (lo Spirito e  la Maternità) come la globalizzazione (sembra quasi che si sia sentito "in dovere" di inserirlo per via delle implicazioni politiche delle favelas e del governo federale brasiliano). Per fortuna alla fine, dopo un'altra ennesima delusione, la protagonista prende e se ne va nella natura incontaminata, e veniamo alla parte migliore. Non capisco chi critica il film di incompiutezza per un finale, diciamo gli ultimi venti minuti, di bellezza magnifica: Assistiamo a una progressiva compenetrazione della donna con l'ambiente che la circonda, mentre aumenta significativamente il montaggio alternato con le vicende ambientate in Trentino (un pò facile il contrasto di fotografia ma tant'è), fino al gioco con un bambino (il bambino che non ha mai avuto?) che, uscito dal nulla, le (ci) fa tornare finalmente il sorriso.
"Puro" nelle sue (molte) imperfezioni, tra tutte quella di girare a vuoto, la pellicola conserva dall'inizio alla fine un senso di affetto che supera i vincoli "umani". Diritti è cantore dolcissimo e ispirato, ricco di senso dell'umanità, e il suo cinema, che piaccia o meno nel suo essere così riflessivo, è una manna se consideriamo il nostro scenario, conformista e asfissiante.
Stefano Uboldi
   

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