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La pellicola innanzitutto parte dal presupposto di raccontare una vicenda ben poco originale (la ricerca di sè stessi, navigando su un fiume, l'abbiamo già visto e sentito) e lo fa spezzandosi in 3 parti incentrate sui punti di cui sopra. Nella prima parte assistiamo agli inizi del viaggio di una donna (Jasmine Trinca), sulle acque del Rio Delle Amazzoni insieme ad una suora. Si lascia intendere che la donna ha di recente perso il padre, il bambino che aspettava non è mai nato (splendida l'immagine iniziale dell'ecografia) e forse per questo il marito l'ha lasciata. Viene mostrato il tentativo di evangelizzazione della suora attraverso un proselitismo che Diritti non critica, semplicemente, rappresenta, salvo poi lasciar trapelare una critica nell'anziano sacerdote "imprenditore" che esclama "prima di convertirli, bisognerebbe trapiantargli il cervello"; a questo la protagonista si rifiuta ("Devo dimenticare Dio") ed entriamo nella seconda parte, incentrata sul concetto (forse il più affine al regista) di comunità. In questa parte, eccessivamente lunga, il film esce bruscamente fuori tema ed affronta vicende relativamente spicciole rispetto al tema dominante (lo Spirito e la Maternità) come la globalizzazione (sembra quasi che si sia sentito "in dovere" di inserirlo per via delle implicazioni politiche delle favelas e del governo federale brasiliano). Per fortuna alla fine, dopo un'altra ennesima delusione, la protagonista prende e se ne va nella natura incontaminata, e veniamo alla parte migliore. Non capisco chi critica il film di incompiutezza per un finale, diciamo gli ultimi venti minuti, di bellezza magnifica: Assistiamo a una progressiva compenetrazione della donna con l'ambiente che la circonda, mentre aumenta significativamente il montaggio alternato con le vicende ambientate in Trentino (un pò facile il contrasto di fotografia ma tant'è), fino al gioco con un bambino (il bambino che non ha mai avuto?) che, uscito dal nulla, le (ci) fa tornare finalmente il sorriso.
"Puro" nelle sue (molte) imperfezioni, tra tutte quella di girare a vuoto, la pellicola conserva dall'inizio alla fine un senso di affetto che supera i vincoli "umani". Diritti è cantore dolcissimo e ispirato, ricco di senso dell'umanità, e il suo cinema, che piaccia o meno nel suo essere così riflessivo, è una manna se consideriamo il nostro scenario, conformista e asfissiante.
Stefano Uboldi
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