di Rina Brundu. Prosegue la campagna antigiornalistica grilliana (un giornalista alla gogna al giorno) e prosegue la pubblicazione, su questo o quel giornale-che-conta della filippica risentita e offesa a difesa della cosiddetta “libertà di stampa”. Come ho già scritto in altra occasione in questa particolare campagna io sto con Grillo, al 100%. Ritengo anche che per difendere le loro ragioni i giornalisti dovrebbero smetterla di tirare fuori l’artiglieria pesante e di stracciarsi le vesti nella pubblica piazza chiamando in causa la libertà di stampa (appunto) e il sacrosanto diritto della Stampa di criticare.
Lo avessero usato quel diritto quando era il momento probabilmente non si sarebbe giunti alla situazione di sfascio con cui ci si deve confrontare oggi. Di fatto, mentre Renzi si affretta a rottamare i politici di sinistra e i forconi a rottamare tutti gli altri (Renzi incluso), nessuno ha pensato che occorrerebbe rottamare anche i venerati maestri di un’altra casta nefasta, quella giornalistica. Una casta il cui potere è rimasto fondamentalmente immutato ed è stato solamente sfiorato dalle cose della crisi. O, per meglio dire, a pagare la crisi editoriale sono stati i “galoppini” digitali, gli oscuri ghost-writers degli uffici stampa, i giornalistucoli di seconda categoria.
Au contraire, i venerati maestri sono tutti presenti, qualcuno riciclato in qualche programma considerato meno-trendy solo pochi anni fa, ma alla fine della fiera l’importante è esserci, l’importante è magnà. L’importante è pure continuare a imbastire questi salotti mediatici buoni (presenziandovi in guisa di sessantottini incazzati e satolli), a corollario di qualsiasi scorreggia venga dai palazzi che contano, l’importante è continuare a sottolinerare con la dovuta enfasi le “perle” del politico di riferimento, l’importante è continuare a sproloquiare con discorsi obsoleti (ma ci sono anche editoriali scritti e pubblicati su giornali di primo livello che sono un’apologia della banalità informazionale e comunicazionale!), ridondanti, sovente ridicoli, la maggior parte delle volte privati di un qualsiasi know-how operativo e/o appeal per il mondo che cambia, tanto ci sarà sempre un allocco col telecomando in mano che decide di restare su quel canale.
E in tutta questa baraonda mediatica scadente non si sono neppure accorti che il vero giornalismo moderno lo fanno proprio i pochi che osano attaccarli, che osano mettere in dubbio la verità del verbo (con le sparate di Grillo che rientrano proprio dentro questi moderni requirements della professione!). Un poco come dire che dai tempi del grande Ennio Flaiano per il quale i giornalisti si dividevano in brillanti promesse, soliti stronzi e venerati maestri, le cose stanno forse cambiando. Che sia il tempo dei soliti stronzi al potere? Speriamo!
Featured image, Ennio Flaiano stringe la mano ad Anita Ekberg, sotto lo sguardo di Federico Fellini, durante una pausa delle riprese della Dolce vita (1960).
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