di Rina Brundu.
Bondi, chi è costui? Scagli la prima pietra quel lettore distratto che quando ha sentito del nuovo super-tecnico Bondi, chiamato da Monti a sovrintendere le operazioni di “spending review”, non ha immediatamente pensato al Bondi del muro crollato a Pompei e già correva verso Palazzo Chigi con impalcatura e transenne. Ma il Bondi in questione – è stato chiarito ancora meglio, ieri sera, durante la puntata di Servizio Pubblico di Santoro dedicata a “La carica dei tecnici” – non è Sandro, piuttosto Enrico, uno che di liquidazioni fallimentari se ne intende (vedi crac Parmalat) e dunque, dato lo status-quo nostrano, uno che sembrerebbe davvero l’uomo giusto al posto giusto. Soprattutto, insieme a Qui e Quo… pardon, a Giuliano Amato (definito da Travaglio “tenero virgulto” della Politica, “Uomo schivo e allergico a nomine, adatto a tagliare le spese”), e a Francesco Giavazzi (economista ed editorialista del Corriere della Sera, già critico delle operazioni di spending-review montiana), sarebbe il super-salvatore della Patria chiamato dal Premier ad impedire che questa volta non sia il muro-portante della Domus Italia a crollare con conseguenze ben più disastrose di quelle che colpirono Pompei. Duemila anni fa.
Bondi, Amato e Giavazzi sarebbero insomma i super-tecnici dentro il governo dei tecnici. Un poco come se Mazinga Z chiamasse in suo soccorso Goldrake per sconfiggere il terribile dottor Inferno; o, per dirla altrimenti, come se il dottor Inferno chiamasse le truppe di Vega per invadere il pianeta Terra. Questo perché secondo il sagace Antonio di Pietro – presente anche lui in studio, insieme a Sabrina Ferillli e all’economista Luigi Zingales dell’Università di Chicago – l’esistenza di questo triumvirato-tecnico non è che la dimostrazione lampante dell’autocommissariamento dell’Esecutivo montiano. L’economista Giacomo Vaciago non ha sposato l’idea dipietrica ma non ha neppure nascosto i suoi dubbi sul modus operandi del nostro “governo di emergenza” (che esisterebbe soltanto in Italia appunto e in Grecia), e sui risultati che potrà ottenere: riusciranno mai questi super-tecnici – si interrogava – a tagliare 4.2 miliardi “di cassa,non di competenze?”. Qualora dovessero riuscirvi e quindi dovessero costringere le amministrazioni pubbliche al risparmio e a fare finalmente i loro compiti a casa, il risultato sarebbe la prima vera rivoluzione italica del dopoguerra!
L’approccio del suo collega Zingales fungeva da cerniera con la problematica di mal-practise politica che starebbe (sta, sta… ma usiamo il condizionale per dovere deontologico!), alla radice del problema economico. Per questo esperto della University of Chicago, la madre di tutti i nostri mali presenti e correnti starebbe dunque nella radicata abitudine italica a favorire la peggiocrazia. L’elite politica sarebbe peggiocratica perché i leader si circondano (e quindi favoriscono l’elezione) di coloro di cui si fidano – e che sono pure coloro che non hanno alternative – piuttosto che di altri personaggi capaci! “Occorrerebbe un sistema uninominale che permetta al migliore di vincere!” ha dichiarato. Il migliore? Vai a trovarlo! Da quando è morto Togliatti non se ne è saputo più nulla del concetto di migliore tra le nostre sacre vallate, ma è pure indubbio che l’ipotesi zingalesiana non faccia una grinza. Sarà anche per questo che Santoro e Freccero hanno presentato il loro curriculum-vitae a Monti in vista delle nomine Rai? Un modo come un altro per dirgli “se cerchi nel mucchio dei migliori ci siamo pure noi anche se nessuno – nelle alte sfere – si fida”?
Più scettica, Sabrina Ferilli ha ribadito che i politici sono “belli” soltanto quando non governano e a nulla è valsa la fiera difesa della categoria da parte di un indispettito e quanto mai seccato Antonio di Pietro: “I politici non sono tutti uguali!” ha tuonato. Convinto lui! Però poi si è ripreso subito davanti alle esternazioni dell’ex autista di Renzo Bossi, fresco autore di un libro che prometterebbe altre rivelazioni scottanti (e poi dicono che la grande letteratura sia morta!). L’autista ha infatti dato ad intendere che il giorno in cui gli sarebbe stata consegnata la famosa laurea albanese, Renzo non si trovasse in quel Paese. “Fossi PM lo metterei a verbale!” ha commentato il leader UDV: vulpem pilum mutare, non mores!