di Rina Brundu.
“Non so che viso avesse, neppure come si chiamava, con che voce parlasse, con quale voce poi cantava, quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli, ma nella fantasia ho l’immagine sua: gli eroi son tutti giovani e belli, gli eroi son tutti giovani e belli, gli eroi son tutti giovani e belli…”. Chissà perché in questo giorno di festa della Repubblica mi torna in mente Guccini. E la sua “La locomotiva” (1972). È noto, questo straordinario canto prende spunto da una storia vera e sarebbe dedicato a quel Pietro Rigosi, aiuto macchinista (fuochista, direbbe Totò!), anarchico, che nel luglio del 1893 si impadronì di una locomativa in sosta e la lanciò a tutta velocità contro un treno di lusso (la casta ante litteram?) con l’intenzione di distruggerlo.
In verità non si seppe mai quale fu il vero motivo del gesto di Rigosi, si sa però che lui ne uscì vivo, seppure malconcio, da quell’incidente e che in merito alla sua bravata ebbe a dire “Che importa morire? Meglio morire che essere legato!”. Un eroe dunque! Un eroe italico simile ai tanti altri che andrebbero celebrati oggi. Un eroe vero diverso dai tanti altri “eroi” che invece si affrettano a “celebrare” (a celebrare le gesta degli altri), il 2 Giugno, vestiti con giacca e cravatta. Tuttavia, non si farebbe un gran servizio alla verità se non si raccontasse che quest’anno la retorica tanto-per-dire ha subito un duro tracollo: da un lato ci ha pensato il sisma (nonché il grande esempio di civiltà nel silenzio dato dagli emiliani mentre lo vivevano!), dall’altro lo stesso Presidente della Repubblica – primo ministro in pectore dalla caduta del governo Berlusconi – che ha ordinato sobrietà-nell’austerità; ma, soprattutto, a zittire l’ufficialità-esternata e ridondante ci ha pensato la pozzanghera di melma che il sistema-politico si era già (“faticosamente”, occorre dirlo!) auto-costruito intorno; il tutto all’insegna del pregevole motto “quando si è nella… melma (per non dire altro) non bisogna cantare”.
Ripensandoci, dunque, la “locomotiva” anarchica, l’eroe anarchico dei giorni nostri che si scaglia contro il treno di lusso nella speranza di distruggerlo è, suo malgrado, proprio il signor Rossi italiano. L’eroe qualunque, insomma. Quello che questa volta si è davvero rotto le balle e ha finalmento deciso che farà da sé. E dunque vota Grillo, e dunque dice (vedasi i sondaggi più quotati) che come leader del suo Paese vorrebbe un personaggio nuovo, e dunque snobba i partiti, e dunque snobba i loro rappresentanti e molto, molto probabilmente prenderà al volo (in corsa?), l’occasione delle prossime elezioni politiche per mandarli tutti a casa. È la revolución italiana! Quella che sta avvenendo in sottofondo, giorno dopo giorno, e che, per inciso, è in ritardo di circa mezzo secolo rispetto alle necessità sociali e politiche di qualunque nazione civile del primo mondo. Ma è pure la stessa che non ci si sarebbe più aspettati potesse realizzarsi abituati com’eravamo alla filosofia e al sistema gattopardico “che tutto cambi, affinché nulla cambi!”.
Non questa volta: ne sono convinta! A dare una mano alla storia nel suo divenire ci stanno pensando, infatti, le casse vuote (vuotate) dello Stato italico, ma è indubbio che ci stia pensando, in maniera speciale, soprattutto la nuova presa di coscienza civile (detto altrimenti, le mazzate ricevute dagli italiani negli ultimi tempi e gli innumerevoli, irriverenti, pesci in faccia lanciati dai soliti noti), post scandali pidiellini, pdiessici, leghisti, finanche calcistici. Che se prima avevamo almeno le partite della nazionale come occasione “importante” per sentirci tutti quanti orgogliosi di appartenere a questo mitico Paese, per sentirci “fratelli-d’Italia” come ci ha fatto notare secoli fa un altro giovane eroe molto simile a Rigosi, adesso anche quell’ambiente – mercé le scommesse truccate e le ultime “performances” pre-Europeo non troppo brillanti della squadra di Cesare Prandelli – sembrerebbe diventato luogo decisamente insalubre.
Fortuna che “…. intanto corre, corre, corre la locomotiva… ()…..corre corre sempre più forte e corre corre corre corre verso la morte e niente ormai può trattenere l’ immensa forza distruttrice, aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto della grande consolatrice, della grande consolatrice, della grande consolatrice…”. Del resto “Che importa morire? Meglio morire che essere legato!”. ¡Que viva la revolución. Italiana!
Featured image, La locomotiva, scultura di Alfonso Gialdini dedicata a Guccini, fonte Wikipedia.