Come ogni Primo Dicembre, anche oggi, in occasione della Giornata Mondiale per la Lotta ll’AIDS, si rovesciano fiumi di parole per l’argomento del giorno, da rimettere poi in un cassetto fino all’anno venturo.
Per carità… meglio che se ne parli una volta ogni dodici mesi che mai, o con esili trafiletti tra una notizia di cronaca, piuttosto che se ne taccia per sempre, anche perché, tutto sommato, gli aggiornamenti recenti parlano di vaccini che avanzano nelle fasi di sperimentazione, e di speranze che, seppur con tempi biblici rispetto all’evolversi di qualunque altro ramo della scienza, sembrano diventare ogni volta più concrete.
Inutile sarebbe anche sciorinare qui le solite banalità su un virus che, garantendo un numero sempre crescente di malati cronici perennemente dipendenti da una pasticca venduta a peso d’oro, fa molto comodo ai colossi dell’industria farmaceutica, riempiendo le loro casseforti di utili assicurati, ragione per cui debellare l’epidemia si rivelerebbe, prima che una conquista dell’umano sapere, un disastro per i bilanci aziendali.
L’unica considerazione che mi viene da fare per aggiungere banalità alle tante banalità riversate sul web da milioni di miei colleghi blogger è che oggi, con le persone affette da HIV distanti anni luce dai personaggi da disaster-movies che ancora tutti leghiamo all’idea di AIDS, con le cure anti retrovirali e la possibilità di vivere una vita regolare, la differenza tra il sieropositivo e il sieronegativo sta solo nel fatto che il primo ha forse più presente nella sua mente e nelle sue emozioni l’idea della precarietà del tutto, mentre il secondo può correre il rischio di considerarsi immortale e, per tale ragione, perdersi importanti occasioni per avvicinarsi all’esistenza secondo parametri un po’ più profondi.
Sia chiaro: non sto con questo certo dicendo che avere l’HIV sia meglio che non averlo, ci mancherebbe altro. Piuttosto mi preme sottolineare come, in realtà, a proprio modi, sieropositivi lo siamo un po’ tutti, nel senso che ognuno di noi è quotidianamente esposto a un innumerevole elenco di rischi e virus esistenziali che possono da un momento all’altro rendere ridicole e piccole tutte le stupidità sulle quali ci accaniamo.
Questa giornata, quindi, come quella per la lotta al cancro o a qualunque altra tragedia, dovrebbe ricordarci come, in realtà, la malattia sia congenita nella natura dell’essere umano, e aiutarci a capire quanto sia erroneo distinguere tra “noi” e “loro”, tra i “sani” e i “malati”, o anche solo tra i “fortunati” e gli “sventurati”. Dovremmo insomma farci tornare in mente quanto ogni singola persona, al di là dello status dei suoi anticorpi, abbia un sistema immunitario assai labile, fisicamente e psichicamente e di quanto, di conseguenza, sarebbe più importante considerarci sempre tutti parte della stessa categoria di fragili ricoverati del mondo.
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