“Noi siamo i giovani, i giovani più giovani…. siamo l’esercito, l’esercito del surf.”
Così una canzone degli anni 70 parlava di giovani pieni di iniziativa, con voglia di divertimento e con una certa leggerezza legata alla voglia di vivere.
Oggi, i giovani sono a tutti gli effetti una “categoria svantaggiata”, quella dei “diversamente prostituiti”. Per loro non esistono politiche sociali, non esiste solidarietà sociale, non esiste limite di offesa e tantomeno non esiste amor di mamma patria.
Per l’appunto, l’amor patrio, che ha portato alla morte migliaia di giovani nei decenni scorsi, si è trasformato in inedia matrigna che con noncuranza compra “solo profumi per sé”.
Prima di tutto è necessaria una precisazione: in Italia il termine “giovane” è affibbiato anche ai quarantenni, non perchè lo siano, semplicemente perchè il nostro è un paese gerontocratico, non altro.
La prima via di prostituzione è il mercato del lavoro.
Il lavoro è un diritto costituzionale, tuttavia, l’attuale mercato del lavoro è paragonabile ad una nuova forma di schiavitù. Sopratutto quando il lavoratore è giovane. Secondo i dati dell’OCSE, un giovane su due è precario e il 27,9% tra i 15 e i 24 anni è disoccupato.
Napolitano commenta con l’espressione “quadro allarmante che deve essere affrontato con consapevolezza e lucidità in un contesto europeo”. Sono parole sagge. Ma non è saggio il Parlamento, tantomeno il Governo che non affronta la problematica e non prende iniziative per favorire forme di assunzione alternative. Fino a quando i precari costeranno meno, non diventeranno mai lavoratori a tempo indeterminato. Nonostante sia necessario rinnovare il concetto stesso di “tempo indeterminato”.
In ogni caso, lavorare senza prospettive per il futuro, in un contesto in cui le opportunità sono scarse e con un reddito da sussistenza è una forma di prostituzione sociale imposta. A ciò bisogna aggiungere lo spreco di “capitale umano”. Sottoutilizzare un cervello e non impiegarlo efficacemente significa perdere “capitale sociale”. Uno spreco che non è etico e non è accettabile in una situazione di crisi in cui, come Pilato, le fasce “anziane” di popolazione scaricano su quelle “giovani” le loro colpe, rivendicando diritti acquisiti.
Questa triste sensazione è confermata dai dati OCSE, che mettono in evidenza come “il mercato del lavoro italiano sta diventando più segmentato, con lavoratori in età matura in impieghi stabili e protetti e molti giovani senz’altro sbocco immediato che posti più precari”.
Poi c’è un’altra forma di prostituzione. Questa è più strisciante e riguarda il modo con cui i giovani vengono assunti: non meritocratico. L’essere mafioso della cultura italiana cade come una scure sulla testa dei figli della lupa. Ed è anche per questo che ci si rassegna e si scuote il capo quando sui quotidiani si legge che alla Arcuri è stato proposto di presentare Sanremo, ma solo dopo essere andata a letto addirittura con Silvio Berlusconi, cioè chi ha la responsabilità civile e morale dell’intera società italiana. Ovviamente, nulla è passato in giudicato, ma solo l’idea che ciò possa essere avvenuto, fa venir voglia di rompere il salvadanaio ed espatriare. Paradossalmente è meglio vivere in povertà con dignità, che nel sempre più misero agio nazionale senza ritegno.
Il lavoro non nobilita, perchè così si è deciso. Dall’altro lato, quando il lavoro potrebbe anche essere nobilitante, è il contesto che non nobilita, per non dire mercifica. In mezzo ci sono migliaia di persone che hanno studiato (più o meno) con la speranza di migliori condizioni di vita e con prostettive di autorealizzazione. Così come ci sono migliaia di famiglie che si sono sacrificate perchè queste aspettative potessero essere realizzate.
Al contrario, come tanti schiavi illusi, i giovani si ritrovano disillusi e sfruttati, senza prospettive e senza opportunità reali. Quello che rimane, o che dovrebbe rimanere anche a chi un lavoro decoroso ce l’ha, è il senso del disgusto e dell’ingiustizia sociale che viene alimentata sotto il nome di “necessario” per rispondere ad una crisi economico finanziaria con strumenti e mezzi imposti a livello internazionale ad una classe dirigente in pieno sbando, politico e morale.
E’ inutile affermare che la superficialità dei “grandi” è prima “colpa e negligenza”, poi “incapacità”. Così come è inutile qualsiasi tentativo di screditare le vittime di tale barbarie, cioè, per l’appunto, le fasce di popolazione che dovrebbero rappresentarne il futuro. Se sono bamboccioni, o se non raggiungono il successo, o se non hanno la grinta, o se non esprimono il loro dissenso, forse è meglio, perchè se si svegliassero, ed iniziassero a ribellarsi, lo scontro generazionale lacererebbe prima i nuclei familiari, poi l’intera società.
Altro che Legge Biagi, per risolvere i problemi del lavoro giovanile ci vorrebbe una nuova “Legge Merlin”. Peccato che il comportamento della classe dirigente sia più simile a quello di una “maitresse”, che non al “buona padre di famiglia”.