Ieri sera avevo due scelte: quella di vedere un film che faceva ridere, l’altra, invece, di gettarmi sulla considerazione di un trailer non pompato, confuso, e non di certo accattivante da portarmi a sedere in una sala cinematografica. Ho scelto proprio questa seconda possibilità dando fiducia al mio buonsenso, gettandomi nelle braccia della regia di John Krokidas, che per 104 minuti mi ha lasciata sospesa in un mondo fatto di musica, scrittura, fedeltà al proprio essere, incisività, sfida e il delirio dei vent’anni.
Giovani Ribelli – Kill Your Darlings è un lavoro sulla Beat Generation in cui emerge la figura di Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe), colui che ha portato la letteratura americana a dei massimi nella nostra contemporaneità.
La trama è costruita attraverso un fil rouge retto da una storia vera. Si è nella fase precedente ai grandi successi della beat, nel pieno della seconda guerra mondiale, quando molti di loro erano ancora studenti universitari che usavano la poesia come arma di sfogo, fuga e sperimentazione in un sistema accademico e familiare rigido e disastrato.
La concatenazione delle loro intimità viene fuori con un montaggio semplice, lineare, che usa degli espedienti che si sposano in modo perfetto con una colonna sonora da delirio. Ed è proprio il ritmo dell’improvvisazione jazzistica a costruire ed elaborare dei segmenti mentali nello spettatore, tanto da trasportarlo in una dimensione di codici lontana, che pare valida ancora oggi per un’iniziazione che conduce alla scoperta della durezza dell’età adulta.
Nella sceneggiatura sono inserite tutte le caratterizzazioni emerse dalle singole identità che hanno contraddistinto le personalità di questo “movimento”: il modo ossessivo di scrittura di Ginsberg, il cut – up e la pazzia di William Burroughs, ma anche il segno indistinguibile di un Jack Kerouac sbronzo, predestinato al lungo viaggio, che lo ha portato a scrivere On the road/Sulla strada, attorno ai primi anni cinquanta.
Questo lavoro non è pensato, a parer mio, per restituire una dimensione individuale degli scrittori, ma per incentrare il richiamo nella forza del gruppo. In questo allora si ha un’emulazione che riporta al film L’attimo fuggente, soprattutto nell’atto di salire su un tavolo e sfidare l’istituzione, ma anche al continuo rimando alle poesie di Walt Whitman.
L’atto di innalzarsi, attaccare e opporsi alle rigide regole della Columbia University è compiuto da Lucien Carr, in più disastrato, chi ha subito vere e proprio violenze fisiche dal suo angelo custode David.
Di base l’intreccio mette in chiaro alcuni nodi cruciali della società americana di quel tempo: uno su tutti l’accettazione degli omosessuali. L’intero valore è racchiuso nella poesia che si completa nell’atto della scelta, la stessa che porta a una rottura nel momento in cui termina la guerra, e si è davvero al punto di svolta.
Per capire cos’è stato tutto questo, però, consiglio anche la visione di Pull My Daisy di Robert Frank e la lettura di On the road (Kerouac), Il pasto nudo (Burroughs) e Howl (Ginsberg).
“Harry Potter” non è più lui da questo momento in poi si è smarcato alla grande.
Buona visione!
Teaser:
Peter Orlovsky and Allen Ginsberg in Lee Forest’s room, Hotel de Londres, Paris, December 1957
Peter Orlovsky è il poeta russo divenuto compagno di Ginsberg, mi chiedo se in qualche modo la sua somiglianza con Carr abbia inciso in qualche modo nella scelta del poeta nel suo ultimo compagno – anche se qui sfociamo nel gossip.
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