Photo credit: ZhaoAngela / Foter / CC BY-SA
Un’altra barbara traduzione del titolo per Kill your darlings, Giovani Ribelli dell’esordiente John Krokidas. Un titolo che subito evoca l’immagine di ragazzi allo sbando, ubriachi e anche un po’ violenti. Cosa che effettivamente sono, ma non solo.
I Giovani Ribelli in questione sono Allen Ginsberg (un tenero Daniel Radcliffe con acconciatura mossa e occhiali rotondi – dejavù) che insieme a Lucien Carr (il bravissimo e magnetico Dane DeHaan), Jack Keruack e William Borroughs tenta di creare una letteratura alternativa, una ribellione artistica.
La decisione di Krokidas è di indagare sulla nascita del poeta Allen Ginsberg, dalle sue origini: siamo intorno al 1940, nel pieno del secondo conflitto mondiale ed Allen appartiene ad una famiglia complicata: ebreo, una madre malata ed un padre che lo ama ma non riesce a gestire la malattia della moglie, e poi l’insediamento alla Columbia University, dove il giovane Allen è una matricola qualsiasi che, però, viene attratta dal fascino aggressivo di Lucien Carr. Ha inizio così un’amicizia ambigua, (plagiare) in cui i nostri giovani, irriverenti ribelli, sentendosi intrappolati in un mondo di strutture metriche, rime obbligate e regole ricercano l’anticonvenzionale e la reazione.
E’ anche il racconto del primo amore di Ginsberg, proprio l’amore vero il suo migliore amico Lucien Carr, colui che lo ha iniziato ad vita disordinata.
Ma è anche la storia dell’omicidio di David Kammarer, amante di Lucien, ad opera di quest’ultimo.
Insomma in Kill your Darlings possiamo trovare tutti i tratti di un buon film, un bell’intrigo, che riesca magari anche ad appassionare le nuove generazioni, ad un movimento che, in Italia, è arrivato solo lateralmente.
Questa pellicola è stata molto criticata per la sua incapacità di colpire nel segno: piena di stereotipi e luoghi comuni sulla Beat Generation e poca sostanza. La realtà è che Giovani Ribelli non è un film sulla Beat Generation, e non ha alcuna pretesa di insegnare qualcosa: racconta una storia in cui sono coinvolti personaggi che solo anni dopo sono diventati famosi, ma che in quel momento potevano essere chiunque altro.
Daniel Radcliffe si trova a dover affrontare un ruolo controverso, mentre cerca di scrollarsi di dosso Harry Potter, rischia di rimanere chiuso in un altro stereotipo: l’omosessuale deluso, confuso – il giovane alla scoperta del sesso. Il problema dei ruoli forti è proprio questo, ti si cuciono sulla pelle, ed è molto difficile riuscire a liberarsene. Comunque è stato sicuramente una scelta azzeccata, convince ma, anche, commuove con quei pantaloni che gli cascano addosso.
Presentato al Festival di Venezia ed accolto tiepidamente Giovani Ribelli è stato distribuito in poche sale italiane dal 17 ottobre. Tre a Torino, due a Genova, tre a Napoli e qualcuna in più a Roma.
Un povero film maltrattato, nonostante le sue buone qualità; la capacità di saper coinvolgere i più giovani poteva essere anche un bel modo per avvicinarli ad un movimento che sicuramente sa attrarre per la sua irriverenza; dopo il triste tentativo di attrarre i teen con On the road.
Staremo a vedere.