La signora in rosa, cm 162 X113, Collezione Boldini, Pistoia
12 AGOSTO – Quando si pensa alla Belle Epoque, il richiamo è rivolto soprattutto alla cosmopolita città francese. Parigi, fulcro della sperimentazione artistica di fine Ottocento, è luogo d’incontro dei maggiori intellettuali e artisti dell’epoca, fondamentali nel passaggio tra il moderno e la contemporanea frattura delle avanguardie. Generatrice di numerose correnti artistiche, Parigi al tempo ha creato un forte legame culturale con il Belpaese, grazie al quale abbiamo visto esprimersi nelle più svariate maniere le genialità nostrane. Fa da esempio il pittore della moda del tempo, l’arbitrer elegantiarum delle nobili-modelle dei suoi ritratti: Giovanni Boldini.
Di nascita ferrarese entra a contatto prestissimo con il mondo dell’arte. Dal padre impara ad apprezzare le opere di grandi artisti locali come Dosso Dossi e sviluppa il gusto per il purismo, che allora marcava i confini ferraresi con Bologna, ancorata ai barocchismi secenteschi di Guido Reni.
La produzione boldiniana deve molto infatti agli influssi quattrocenteschi, pre-rinascimentali. Sono tempi in cui l’abbandono dell’ Ancient Regime della pittura consente di uscire dagli schemi della verosimiglianza per maturare uno stile nuovo, dinamico, in linea con l’evoluzione della società e delle scoperte scientifiche.
Che Boldini non amasse appartenere a una precisa corrente pittorica è evidente nel suo soggiorno fiorentino dove pur seguendo le lezioni di grandi maestri come Pollastini e Ussi e venendo a contatto con le nuove tendenze macchiaiole, finisce per allontanarsene preferendo artificiali movimentismi ai paesaggi statici e alle lunghe pose degli amici macchiaioli Gordigiani e Banti. Ma ciò che rende l’artista ferrarese il pittore emblema della Belle Epoque è la trasformazione che opera sulla tela in quanto mezzo comunicativo, non più mero sfondo, ma vero e proprio mezzo massmediatico attraverso cui raccontare la storia di un’epoca.
A differenza sia dei macchiaioli sia degli impressionisti, Boldini non cerca ispirazioni nei paesaggi e nella pittura en plain air, ma preferisce dipingere al chiuso con una gamma di colori notevolmente ridotta. Ama avventurarsi in un mondo buio e dinamico.
Notturno a Montmartre, tela cm 128 x 135, Museo Boldini, Ferrara
E’ il caso di Notturno a Montmartre (1883), che sembra precedere Dinamismo di un cane al guinzaglio di Balla per la peculiarità di affidare la visione della velocità e del movimento agli animali posti in primo piano: cavalli nel primo caso e il cagnolino al guinzaglio nel secondo. Frammenti di vita estrapolati da un’epoca come una scarica elettrica cristallizzata e sottratta alla contingenza del tempo. Oggetti, animali e persone destinati a correre e a muoversi in eterno.
Ciò che Bergson teorizzò in filosofia, l’arte di fine Ottocento riprodusse in campo figurativo: il tempo, uscito dalle gabbie del Positivismo, diventa reversibile e spazializzato nel tempo della meccanica, al di fuori della coscienza che è invece durata. Durata nella misura in cui l’io vive il presente con la memoria del passato e l’anticipazione del futuro.
In Boldini, dicevamo, ogni figura è dinamica e potenzialmente carica di energia. I ritratti, grazie ai quali divenne un nome celebre, si allungano, si contorcono, come in Degas, dando vita a un nuovo manierismo. La tecnica utilizzata è quella del pastello, capace di riportare in superficie l’oggetto del ritratto, frontale, al centro di uno sfondo “svuotato” per permettere ai corpi di diventare potenziali campi magnetici.
Giuseppe Verdi, pastello su carta, 65 x 54 cm, Galleria Nazionale d’Arte Moderna Roma
Fanno da esempio: La contessa Zichy, La contessa de Leusse, Fuoco d’artificio e i più famosi Ritratto di Giuseppe Verdi e Pastello bianco.
Come direbbe il critico Renato Barilli, influenzato dal sociologo canadese McLuhan, l’arte di fine Ottocento risente di un fattore tecnologico “forte”: l’impiego crescente dell’energia elettrica e dell’elettrotecnica conseguenti alle teorie di Maxwell. Da qui le linee dell’arte figurativa da rette si identificheranno nel circolo ed abbandoneranno progressivamente la staticità delle rappresentazioni rinascimentali.
Per questo al genio di Boldini e di altri artisti ferraresi, fondamentali nella produzione artistica locale, nazionale e internazionale, Palazzo diamanti dedica la mostra Boldini, Previati, De Pisis. Due secoli di grande arte a Ferrara . La mostra esporrà dal 13 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013 infatti le opere dei grandi artisti ferraresi d’arte moderna e contemporanea solitamente ospitati a Palazzo Massari, chiuso per lavori di consolidamento dell’edificio in seguito al sisma che ha colpito l’Emilia. Artisti ferraresi, che hanno fatto la storia dell’arte nazionale e internazionale, sembrano ricordarci dopo tanti anni, quali siano i veri tesori dell’Italia, che, nonostante le calamità naturali, vanno protetti e salvaguardati. Sempre.
Linda Tonarini