“Alla fine non ci rimane che questa vita… stupida, appesa a un filo, sorniona, che si prende gioco delle nostre insicurezze e dei timori che ci pervadono. L’unico atto che possiamo compiere è di amarla di un amore smisurato.”
C. Bukwoski
- Sai a volte ti trovi davanti a questa pagina bianca e non sai che scrivere.
- Scrivi di te.
- Sarebbe noioso. E poi richiederebbe molto lavoro: non so nulla di me.
- Allora non scrivere. – disse lei, ciccando nel posacenere. Una nuvoletta di fumo svanì piano nella stanza. Tenevano la finestra chiusa per evitare che facesse troppo freddo. Fuori nevicava e lei non sapeva rinunciare al vizio del fumo.
- Devo farlo, cara. Scrivere è un imperativo morale. – mentre parlava Henry si grattava la barba vecchia di due giorni.
- Non è vero – negò Janet aspirando un’altra boccata di fumo – scrivere per te non è un imperativo morale, ma un obbligo lavorativo. Lo fai per i soldi. Perché ci servono i soldi, per vivere.
Henry restò per un paio di minuti a fissare l’unico quadro della stanza: una copia del celebre campo di grano di Van Gogh. Era stata Janet a volere quel quadro. Aveva detto che le dava un senso di libertà. “Immagino che debba essere così il paradiso, un campo di girasoli con neri corvi in volo” Lui aveva replicato che quel quadro era tutt’altro che il paradiso, che quello non era un campo di girasoli ma di grano ed era piuttosto l’inferno e quei corvi si erano alzati perché Vincent aveva premuto il grilletto della pistola, la canna puntata contro la sua testa, e li aveva spaventati. “Questa è la tua visione.” – le aveva semplicemente replicato lei. Lui pensava che comunque fossero andate le cose, lei avrebbe avuto sempre ragione. Era così che andava: Henry amava Janet. E l’amore consiste in questo, nella resa totale. Questo pensava Henry dell’amore. Altre opinioni, al riguardo, non ne aveva. Non aveva nemmeno la televisione in casa. Non per una scelta chic e radicale. Ma per una radicale povertà. Avevano fatto qualche rinuncia.
- Quindi tu mi stai dicendo che io scrivo per fare soldi? Per tirare avanti il carretto? Scrivo per loro, per il sistema? – la interpellò lui, pensieroso.
- Sto dicendo che tu scrivi per poter far sì che ogni giorno possiamo sopportarci senza troppi problemi.
- E se smettessi?
- Allora potresti trovarti un lavoro decente, io andrei a messa con il vestito nuovo, frequenterei gallerie d’arte e moriremo guardando i nostri nipotini negli occhi. Quegli stupidi nipotini.
- Sarebbe bello, vero? – lui si era alzato, si era diretto in cucina e stava armeggiando con qualche pentola. Era ora di pranzo.
- Sarebbe finto. Come la tua scrittura, Henry. Bella e finta.
- Janni?
- Sì, Henry.
- Manca il burro.
- Scendo al supermercato, vado a comprarlo.
- Sai una cosa Janni?
- Sì, Henry, la so. – lei aveva terminato la sua sigaretta, aveva spento il mozzicone e guardava fuori dalla finestra – Ho freddo.
Henry andò a prenderle un plaid. Lei se lo sistemò sulle spalle. Fuori nevicava ancora. Avrebbe nevicato per quattro giorni di seguito.