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Giro d'Italia, il pagellone finale: brillano Hesjedal, De Gendt, Cavendish e Rambo
Creato il 29 maggio 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurraHesjedal, Rodriguez, De Gendt.
Il podio di Milano al termine del Giro d’Italia 2012 recita così, con nessun italiano fra i primi tre, un fatto che non accadeva del 1995 e che capita, invece, per la quinta volta nella storia della Corsa Rosa (1972-1987-1988 le altre). Ma oltre al vincitore e ai suoi immediati inseguitori, il Giro appena terminato ha raccontato molto di più. Imprese leggendarie, corridori simpaticissimi, delusioni e la prima volta di Olimpiazzurra dal vivo in un grande avvenimento sportivo. Ecco, dunque, il pagellone conclusivo del 95esimo Giro d’Italia.
Ryder HESJEDAL, 10: il primo canadese in Maglia Rosa è un ragazzo schietto, riservato, che si lascia andare alle lacrime solo salendo sul podio davanti ad un muro di tifosi in festa. Senza vincere una tappa, ma rimanendo costantemente fra i primi in salita, l’ex biker compie un’impresa che rimarrà a lungo nella mente degli appassionati. Il suo modo di correre in bicicletta, che quasi sfugge fra le possenti braccia di questo gigante alto 1 metro e 90, è l’emblema di un lottatore puro, disposto a non mollare mai. Nella cronometro conclusiva si prende forse qualche rischio di troppo, ma alla fine la fortuna (e la bravura) sono dalla sua parte, per regalargli un trionfo meritatissimo.
Joaquim RODRIGUEZ, 9: lo spagnolo, colui che avrebbe dovuto soffrire le lunghe salite, per poco non si porta a casa un Giro corso intelligentemente dall’inizio alla fine. Unica pecca, forse, la mini-crisi sull’Alpe di Pampeago, che permette a Hesjedal di accorciare il distacco in classifica e di credere realisticamente ad un traguardo che, per come si erano messe le cose, sembrava davvero irraggiungibile. Alla fine chiude a pochissimo, appena 16’’, conquista la maglia rossa e si dimostra ancora una volta di più imbattibile nell’ultimo km, come ad Assisi e a Cortina d’Ampezzo.
Thomas DE GENDT, 9: l’unico che tenta veramente di far saltare il banco, ma forse un po’ in ritardo. Attacca sul Mortirolo e conquista lo Stelvio in solitaria con un’azione d’altri tempi, degna del Campionissimo Coppi. Se negli ultimi km dell’ascesa trionfale da dietro non si fossero svegliati, molto probabilmente adesso staremmo elogiando il belga come vincitore finale, perché anche a cronometro fa vedere doti fuori dal normale. A soli 25 anni, è l’uomo di classifica più giovane. Vuoi vedere che la prossima edizione…
Michele SCARPONI,7: tanta buona volontà, ma ormai la gamba non è più quella di una volta. Da molti indicato come il favorito numero uno, l’Aquila di Filottrano non riesce invece ad andare oltre il quarto posto, sfavorito anche dal numero di De Gendt nel penultimo giorno di corsa e dalla propria scarsa velocità contro il tempo. La discesa con i crampi dal Giau ed il seguente rientro nel gruppo di testa, comunque, rimarranno l'emblema di un Giro coraggioso, ma poco prolifico.
Ivan BASSO, 5.5: nonostante la sua squadra, la Liquigas, sia di gran lunga la migliore di tutte le tre settimane, il vincitore delle edizioni 2006 e 2010 si ferma letteralmente ad un palo, chiudendo quinto e senza mai annusare realmente il profumo della Maglia Rosa. Soffre le discese, gli scatti e le cronometro: a 34 anni, ormai, si è chiusa un’era. Adesso andrà al Tour per aiutare Vincenzo Nibali e di sicuro porterà l’esperienza necessaria in queste occasioni, ma la condizione non è più quella di un tempo.
Damiano CUNEGO, 6.5: settimo l’anno scorso alla Grande Boucle e sesto quest’anno al Giro, il veronese continua a racimolare piazzamenti onorevoli, ma le vittorie di tappa sono praticamente scomparse. Ci prova due volte in discesa, nella tappa di Pian dei Resinelli (nella quale, poi, scoppia e cede 1’ ai migliori) e dopo il Mortirolo, inchinandosi però alla giornata stratosferica di Thomas De Gendt. La sufficienza, comunque, è più che meritata, ma se fosse arrivato un successo parziale…
Domenico POZZOVIVO, 6.5: il lucano, a 30 anni, è protagonista di una corsa strana. In condizione forse un po’ troppo presto (ha infatti stravinto il Giro del Trentino a metà aprile) ma con la vittoria di Lago Laceno, avrebbe potuto ambire tranquillamente alla Top5, ma i vari Hesjedal e De Gendt gli hanno rovinato i piani. In salita è sempre con i big, tranne che negli ultimi 3 km dello Stelvio. Quando si stacca ecco la foto simbolo del suo Giro: ha dato tutto, per lui basta così.
Rigoberto URAN, 7.5: la Maglia Bianca è una delle più liete sorprese della Corsa Rosa. Sebbene non attacchi mai, rimanendo insieme al compagno Sergio Henao, è costantemente in testa e può far paura per il futuro. Sperando non sia solo una meteora, come più volte ci hanno dimostrato di essere i sudamericani.
Roman KREUZIGER, 4.5: salviamo solo il successo a Pampeago, per il resto archiviamo tutto il prima possibile e non pensiamoci più. Talento straordinario, rischia di bruciarsi.
Josè RUJANO, 2: il colombiano, che dovrebbe essere uno dei migliori in salita (l’anno scorso teneva testa a Contador), si stacca praticamente in ogni ascesa, persino in quelle semplici. Cosa gli è successo?
Frank SCHLECK, 2: arriva senza voglia e finisce, anzi, si ritira, con un gran problema da risolvere, ovvero la lite con la società che non permette, giustamente, scenate simili ad un corridore maturo come il lussemburghese. Se ne va perché vuole fare il Tour, ma allora perché è venuto?
John GADRET, 5: il podio della stagione scorsa è solo un ricordo sbiadito, come anche gli scatti che lo resero celebre all’Italia intera. Corre in silenzio e senza mai rischiare, ed infatti chiude undicesimo ad oltre 9’ dalla vetta.
Mark CAVENDISH, 8.5: al di là delle (tante) critiche, si laurea ancora una volta re dei velocisti, aggiudicandosi 3 volate su sei senza partecipare (perché caduto) a due. In sostanza, lo supera solo Andrea Guardini a Vedelago, mentre per il resto Cannonball è il fenomeno di sempre.
Andrea GUARDINI, 6.5: media fra il 3 dei primi cinque sprint (che non disputa nemmeno) ed il 10 del trionfo nel suo Veneto. Grandissimo talento, non può che migliorare, evitando magari cadute di stile come quella sul Tonale, che gli costa una squalifica giusta, ma forse eccessiva a due tappe dalla fine e senza più volate in programma.
Matteo RABOTTINI, 9: una tappa storica dopo una fuga di 151 km ed una Maglia Blu dall’elevato prestigio, rubata ai vari Rodriguez, Hesjedal e Basso. Altro da aggiungere sulla prestazione superlativa di Rambo? Parlano i numeri, e i titoli dei giornali del post-Resinelli.
In breve, ecco anche altri voti: Mikel NIEVE 6, Gianluca BRAMBILLA 6.5, Dario CATALDO 6, Sylvester SZMYD 5, Roberto FERRARI 7, Giacomo NIZZOLO 7, Diego ULISSI 6.5, Marco PINOTTI 7, Taylor PHINNEY 6.5.
Francesco Caligaris
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