Quando si è più giovani non si vede l’ora di celebrare il proprio compleanno, però man mano che si invecchia i festeggiamenti diventano sempre meno interessanti. Di solito, non si vuole mai ammettere la propria età e ci si vede sempre più lenti nel corso degli anni. Tuttavia, non siamo da soli perché questo è anche vero per le stelle. Infatti, esse rallentano mentre invecchiano e la loro età viene tenuta in gran segreto. Oggi, gli astronomi stanno sfruttando il primo fatto per ricavare preziosi indizi sul secondo, allo scopo proprio di svelare l’età delle stelle.
“Il nostro obiettivo è quello di costruire una sorta di orologio che permetta di misurare accuratamente l’età delle stelle a partire dallo spin”, spiega Soren Meibom dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA). “Abbiamo fatto un ulteriore passo avanti verso la costruzione di questo orologio”. Meibom ha presentato i risultati ottenuti dal suo gruppo in una conferenza stampa tenutasi in occasione del 225° meeting dell’American Astronomical Society che si sta svolgendo in questi giorni presso il Washington State Convention Center di Seattle, USA.
È meno complicato derivare l’età di una stella più giovane poichè essa ruota più velocemente e possiede macchie scure più grandi e più facilmente individuabili. Credit: David A. Aguilar (CfA)
La rotazione di una stella dipende dalla sua età dato che essa rallenta continuamente nel corso della sua evoluzione, un pò come quando un tappo ruotando velocemente su un tavolo comincia a rallentare per poi arrestarsi. Inoltre, lo spin dipende anche dalla sua massa: gli astronomi hanno infatti trovato che gli oggetti più grandi e più massicci tendono a ruotare più velocemente rispetto alle stelle più piccole e meno massicce. Questo studio mostra che esiste una relazione matematica tra la massa, lo spin e l’età della stella per cui misurando i primi due parametri è possibile ricavare il terzo. “Abbiamo trovato che la relazione tra la massa, la rotazione e l’età è ora ben definita dalle osservazioni al punto che siamo in grado di ottenere l’età delle singole stelle con una precisione dell’ordine del 10%”, afferma Sydney Barnes del Leibniz Institute for Astrophysics in Germania e co-autore dello studio. Nel 2003, Barnes propose per primo questo metodo che chiamò girocronologia (vedi anche www.media.inaf.it/2014/07/11/girocronologia-per-le-stelle/) un termine che deriva dal greco gyros (rotazione), chronos (tempo/età) e logos (studio).
Per calcolare lo spin di una stella, gli scienziati devono monitorare le variazioni della sua luminosità causate dalla presenza di macchie scure, cioè l’equivalente delle macchie solari, che appaiano sulla superficie. Ma al contrario del Sole, una stella distante si mostra come un puntino luminoso perciò diventa complicato osservare direttamente una macchia che attraversa il disco stellare. Per ovviare a ciò, gli astronomi hanno escogitato un metodo: essi misurano la debole variazione di luminosità che diminuisce quando appare una macchia e ritorna al valore iniziale quando essa scompare a causa della rotazione stellare. Tuttavia, è molto difficile misurare queste variazioni di luminosità in quanto esse sono tipicamente inferiori all’1% e possono passare alcuni giorni prima che una macchia attraversi il disco stellare. Ad ogni modo, i ricercatori hanno raggiunto l’impresa grazie alle osservazioni estremamente sensibili realizzate dal satellite della NASA Kepler che ha fornito misure continue e precise della luminosità delle stelle.
Affinchè le età ricavate con la tecnica della girocronologia siano precise e accurate, gli astronomi devono calibrare il loro nuovo orologio ricavando le misure del periodo di rotazione per quelle stelle di cui è nota l’età e la massa. In passato, i ricercatori hanno studiato un ammasso stellare le cui componenti hanno circa 1 miliardo di anni. In questo lavoro, gli scienziati hanno esaminato le stelle dell’ammasso NGC 6819 che ha un’età di 2,5 miliardi di anni, estendo così in maniera alquanto significativa l’intervallo di età. “Le stelle più vecchie hanno poche macchie scure e sono più piccole, il che rende complicato misurare il periodo di rotazione”, dice Meibom. I ricercatori hanno analizzato un insieme di stelle che hanno una massa pari a 80-140% quella del Sole. Inoltre, essi hanno misurato lo spin di 30 stelle che hanno un periodo compreso tra 4 e 23 giorni, in confronto a quello della nostra stella che è di 26 giorni. Le 8 stelle più simili al Sole, presenti nell’ammasso NGC 6819, hanno un periodo di rotazione medio pari a 18,2 giorni, il che implica fortemente che il periodo di rotazione del Sole doveva avere quel valore circa 2 miliardi di anni fa.
Gli scienziati hanno poi valutato alcuni modelli numerici che permettono di calcolare il periodo di rotazione stellare a partire dalla massa e dall’età, per capire quale modello sia più vicino ai dati ottenuti dalle loro osservazioni. “Ora siamo in grado di derivare valori molto precisi dell’età per un gran numero di stelle appartenenti alla nostra galassia, grazie alla misura del loro periodo di rotazione. Si tratta di un nuovo, importante strumento di ricerca che gli astronomi potranno utilizzare non solo per studiare l’evoluzione delle stelle ma anche per identificare quei pianeti abbastanza evoluti dove potrebbero esistere forme di vita alquanto complesse”, conclude Meibom.
Insomma, questi risultati rappresentano il primo tentativo di un tale approccio applicato alle stelle che hanno un’età superiore a 1 miliardo di anni e si estende fino ad oggetti che hanno 4,6 miliardi di anni, l’età del nostro Sole. Essere in grado di determinare l’età delle stelle rappresenta un punto chiave per comprendere come i fenomeni astronomici che riguardano le stelle e le loro compagne possano essere svelati nel corso del tempo. Dato che le stelle ed i pianeti si formano insieme e allo stesso tempo, derivare l’età della stella centrale implica conoscere indirettamente l’età dei pianeti. E poichè la vita ha bisogno di tempo per evolvere e svilupparsi per raggiungere quella complessità che vediamo oggi, conoscere l’età delle stelle ospiti può aiutare gli astronomi a restringere il campo dei candidati dove cercare eventuali forme di vita aliena. Perciò, con un orologio stellare alquanto preciso, gli scienziati saranno in grado di identificare quelle stelle coetanee o più vecchie del Sole in cui è presente possibilmente un sistema planetario.
Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica