Gita

Creato il 25 giugno 2014 da Marga

Gita con un unpodichimica
Longiano

(dove)
E’ un piccolo paese ma ha in serbo preziosi doni per chi oltrepassa le sue porte.
Vi sono giunta un assolato pomeriggio estivo e per un attimo ho pensato di vivere un’ avventura simile a quella della coppia Troisi -Benigni in ”Non ci resta che piangere”. Niente macchine, nessun evidente segno del XXI secolo, solo un gruppo di persone che si aggiravano in abiti trecenteschi ( o giù di lì) per le strette vie parlando un italiano arcaico.
Nessun viaggio nel tempo, però: ero solo nel bel mezzo delle prove generali di una commedia ma l’effetto non era niente male!
Longiano è un bellissimo paesino medievale, in salita, con vie strette e case color mattone . Lì si incontra una piccola chiesa sconsacrata , un gioiellino barocco che racchiude tesori d’arte sacra, un magnifico Castello Malatestiano che accoglie la Fondazione Balestra con un’ interessante raccolta d’arte figurativa del ‘900, il teatro Petrella datato 1870 e … unpodichimica!

Nooo! Direte voi : questa anche in vacanza va a cercare robaccia chimica! Intanto niente di quello che ha a che fare con la chimica è robaccia e poi questa volta parlo del Museo della Italiano Ghisa e la ghisa non è solo quelle poco alettante materiale biancastro utilizzato per i termosifoni ma è una lega affascinante capace di riportare indietro nel tempo, agli albori della città industriale.
Intorno alla seconda metà del 1800, infatti, nelle strade delle città italiane e straniere, iniziarono a comparire enormi candelabri , fontane, panchine, gazebo, maschere e decori, alcuni d’insospettabile leggerezza. Tutti realizzati in ghisa. Perché proprio in ghisa?
Ragioni economiche: essendo una lega ferro –carbonio, la ghisa era un materiale molto più economico del bronzo ( lega rame- stagno) pur richiedendo temperature di lavorazione più alte; inoltre, le prime ghise erano ad alto tenore di fosforo e questo ne aumentava la colabilità rendendole adattissime alla produzione di manufatti da realizzare in fonderia. La fragilità e la non malleabilità della ghisa non ne permettono la forgiatura né a freddo né a caldo. Per lavorarla è necessario sottoporla a fusione ed è questo l’aspetto che la caratterizza e la differenzia dal ferro battuto ed è ancora questo a determinarne l’impiego in architettura a partire dal XIX e parte del successivo.
La ghisa, Infatti, essendo fusa consente la riproduzione del medesimo articolo in numerose copie identiche;
Il ferro battuto invece è legato all’abilità dell’artigiano di cui ogni pezzo è espressione.
Questa considerazione è alla base delle due diverse correnti di pensiero, pro e contro l’uso della ghisa nell’arredo urbano, che si scontrarono all’apparire di questo nuovo materiale, destinato comunque a sostituire con successo altri materiali come il legno e il marmo.
Il giudizio di Ruskin in (Seven Lamps of Architecture) è di condanna senza appello: il decoro in ghisa è “ rozzo freddo e vogare … un surrogato dell’autentico ornamento” (Rossella Bassi Neri- La ghisa: quando il gusto incontrò l’arte industriale.
Nonostante le critiche la ghisa contribuì alla trasformazione delle città che si sviluppavano per effetto dell’industrializzazione e dell’industrializzazione fu essa stessa il simbolo.

Nonostante l’ aspetto massiccio, i manufatti in ghisa erano facile preda della corrosione e dovevano essere protetti con trattamenti superficiali per evitare, o almeno ritardare, l’attacco degli agenti atmosferici. A dispetto di questa precauzione, molti pezzi sono arrivati ai nostri tempi in condizioni precarie e per salvarli dall’inevitabile degrado, si sono resi necessari difficilissimi restauri.
Com’ è fatto un museo della ghisa? E’ un luogo in cui sono raccolti gli arredi urbani di importanti città italiane ed europee realizzati in fonderia vale a dire producendo ghisa e colandola in elaboratissimi stampi. Oltre ai manufatti, si possono visionare i progetti disegnati da artisti, alcuni anche famosi o ammirare gli esiti di quei restauri così complessi che hanno riportato in vita pezzi quasi spacciati.
Una parte delle opere in ghisa è custodita nella chiesetta di Santa Maria delle Lacrime nel cuore del paese: il resto lo si può trovare nel museo annesso alle fonderie Neri .
Purtroppo sono riuscita a vedere solo la piccola parte conservata in paese perché sabato e festivi il Museo della fonderia è chiuso, ma la selezione di opere scelta per la chiesetta è di

candelabro per la Montagnola

tutto rispetto.
Appena entrati nell’edificio, è proprio uno dei grandi candelabri della Montagnola (parco di Bologna) ad accoglierci. Magnificamente restaurato, riporta agli anni in cui salivano le imponenti gradinate elegantissime signore in crinoline e uomini con cilindri; i tempi sono decisamente cambiati e l’eleganza non è più una caratteristica di quella zona della città.
Osservando meglio il candelabro scopro che è stato

fonderie G. Barbieri Castel Maggiore

prodotto nelle gloriose fonderie Gaetano Barbieri, industria storica e oggi scomparsa del Castel Maggiore( il mio paese) che fu .
Molte sono le città italiane rappresentate dai pezzi della collezione: Milano, Messina, Venezia per citarne alcune. L’insieme è veramente suggestivo e Longiano meriterebbe una visita anche solo per questo.

fonderie Barbieri

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fonderie Barbieri

industria italiana illustrata 1918

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industria italiana illustrata 1918

Concludo con quella che considero una chicca scovata fra le opere della fondazione Balestra: tre disegni di Leonardo Sinisgalli, ingegnere e poeta del novecento. Una vera emozione trovare matite di questo interessante scienziato/ poeta praticamente dimenticato, che non sapevo fosse anche pittore.

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Di Sinisgalli riporto anche una poesia, tratta da “ Vidi le Muse” ( 1931/37) e riportata in “ Poesia italiana del novecento” a cura di Edoardo Sanguineti

San Babila
Trascina il vento della sera
Attaccate agli ombrelli a colore
Le piccole fioraie
Che strillano gaie nelle maglie.
Come rondini alle grondaie
Resteranno sospese nell’aria
Le venditrici di dalie
Ora che il vento della sera
Gonfia gli ombrelli a mongolfiera.


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