Non è una metalmeccanica, come i suoi compagni di Termini. Si definisce “Insegnante - Musicoterapeuta precaria”. Ha 29 anni e ha lasciato Messina nel 2005 per approdare a Modena. Qui è cominciata la sua lunga trafila. Faceva la supplente nella scuola dell’infanzia, quando la chiamavano perché mancava qualcuno. I 400 euro percepiti ogni mese non bastavano per pagare l’affitto. Così nel weekend distribuiva giornali gratuiti davanti al duomo, oppure collaborava con la Coop come hostess-promoter. “Un esperienza da extracomunitaria”, sostiene.
Oggi è ancora precaria. Per tre anni ha lavorato a scuola tutto l’anno, mentre d’estate prestava la sua attività a un “Piano bar”. La Gelmini ha però impedito le supplenze annuali, racconta, e così ora presta la sua attività in una scuola comunale. Ha un’inutile laurea in scienze dell’educazione e si è specializzata in Musicoterapia. Ha lavorato ad un progetto con ammalati di Parkinson e sta frequentando un corso di “Counseling Scolastico”.
Insomma non è proprio una bambocciona pigra e svogliata. Il suo sogno? “Lavorare come libera professionista Musicoterapeuta”. Ma questo non le consentirebbe di pagare l’affitto. C’è un aspetto positivo nella sua storia. E’ l’incontro con Paolo, un altro precario, musicista. Con tanto coraggio si sono sposati e hanno messo in piedi, con un collega, un trio acustico. Ogni tanto vanno a fare qualche serata.
Un modo per campare.
Ecco lei ha abbandonato l’isola, le sue radici, per cercare fortuna nel ricco Nord. I suoi concittadini di Termini Imerese, rimangono abbarbicati alla loro fabbrica. Chi è più precario? Sono storie diverse che cercano di farsi strada, arrivano anche sui network. Come il gruppo di Facebook dedicato a “Diciamo basta al precariato e alle disoccupazioni”. Ha scritto un lettore commentando la lettera: “Vivere da precario significa vivere una vita ai limiti della sopportazione e del vivere civile, consapevoli di essere, senza esagerare, i nuovi schiavi”. Altro che competizione tra giovani e anziani. Altro che la poco produttiva collaborazione (o complicità) con le smanie di Renato Brunetta o con le controriforme del ministro Maurizio Sacconi e i tagli della Gelmini. Un ritorno all’autonomia sindacale non guasterebbe.
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