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Giuliano Ferrara: l’autorevole alfiere della “Pronitudine”

Creato il 12 ottobre 2011 da Arvales @ArvalesNews

 

Giuliano Ferrara: l’autorevole alfiere della “Pronitudine”

Giuliano Ferrara: l’autorevole alfiere della “Pronitudine”
Se cercate il termine “Pronitudine” su Google, scoprirete che ci sono 290 link. Non è dunque un neologismo e questo mi rassicura ma, sapete com’è, noi marinai siamo diffidenti per virtù e ho cercato sul dizionario: “Parola non trovata”. Come vedete, ho fatto bene a non fidarmi. Dunque, se il dizionario italiano non contiene questo termine farei bene a non adoperarlo, tuttavia, il significato che attribuisco alla “pronitudine” in quanto attitudine ad assumere una posizione “prona” (e questa posizione è ben specificata nei dizionari), mi piace troppo per rinunciare a utilizzarlo. Continuo a cercare e lo trovo in un articolo del 1994 di Alba De Cespedes del 20 ottobre 1994 pubblicato dal Corriere della Sera. Cito alcune righe:
“[...] Questi eravamo noi? Questo ci spettava? Ricordo il giorno in cui un Presidente del Consiglio scateno’ l’ entusiasmo del Senato, sventolando un assegno americano come una bandiera. Io non me ne rendevo conto ancora, ma quella era divenuta la nostra bandiera. I rimproveri che mi rivolgevo, circa gli agi della mia condizione che mi permetteva di sprezzare il clientelismo politico e la pronitudine al sistema, non mi impedivano di domandarmi: “Il travestimento in eroismo delle ambizioni che avevano animato i combattenti per la liberta’ , a questo dunque serviva?”. Io non potevo ancora sapere a qual punto di corruzione la nazione italiana potesse giungere. Ma lo presentivo.[...]
Il ricordo dell’autrice si riferisce al 1948-49, quando La rivista “Mercurio”, da lei fondata nel 1944 e che dirigeva, termino’ le sue pubblicazioni per divergenze con il finanziatore della rivista, il quale, a quanto si evince dall’articolo, pretendeva una sorta di pronitudine verso posizioni di ortodosso atlantismo.

Ma torniamo a Ferrara e alle sue deliranti affermazioni, lanciate “on air” da quella sorta di pulpito che è la trasmissione televisiva Radio Londra. Ascoltando le filippiche del signor F, verrebbe da sorridere tanto sono smaccatamente asservite a difendere il “Berlusconi pensiero” (non ridete e guardatevi i sondaggi di qualche anno fa); viene da piangere invece, se consideriamo che la paghiamo noi col canone Rai. Dalla sintesi della trasmissione, apprendiamo dalla viva voce del Vate che il nostro Ministro dell’Economia “deve finirla con i suoi capricci; deve finirla di dire scempiaggini”. Come se non bastasse scoprire che il Ministro dal quale dipende l’economia del paese fa i capricci e dice scempiaggini come un monello indisponente, il signor F rincara la dose, affermando che si tratta di “scempiaggini planetarie, internazionali, europee, dette all’Ecofin…”
Ma è sul Decreto Sviluppo che il Vate raggiunge l’apoteosi, quando sprona il Governo a “saltare in groppa al cavallo di Marchionne, a fare una galoppata bestiale nelle praterie del corporativismo…, a fare del Decreto Sviluppo la bandiera sgargiante di fiducia nella possibilità di privatizzare…” Del resto, si chiede l’impareggiabile ideologo del liberismo selvaggio: “… che cosa vogliamo fare una fine ingloriosa con successori di Berlusconi, democristiani o parademocristiani, che parlando del debito pubblico, che tra l’altro hanno ampiamente fatto loro, fanno qualche inciucetto con l’opposizione, intanto l’outsider lo rimandiamo a casa?” E conclude: ”…vogliamo che finisca così il ciclo di tutti questi anni? Io no…”
Almeno su questo, mi trovo d’accordo col novello Savonarola all’incontrario, con quel roboante alfiere della pronitudine che teme di dover tornare a pensare, scrivere e dire cose intelligenti per campare. Nemmeno io ci sto: questo ciclo deve finire con il “ravvedimento operoso” e sincero degli italiani che, in buona fede, hanno consegnato il paese nelle mani di una classe politica indegna di rappresentarli.


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