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Interfaccia, dietro le quinte del palcoscenico

Creato il 25 gennaio 2015 da Arvales @ArvalesNews

Maurilio CatalanoAbbiamo un nome, un cognome, amicizie, relazioni sociali, professionali, affettive, una storia; siamo dotati di un sistema operativo che gestisce le comunicazioni tra le componenti biologiche e psichiche del nostro essere. Abbiamo (siamo?) un software che revisiona il passato, elabora il presente, immagina il futuro, che ci fornisce ad ogni istante la sintesi percettiva e razionale del nostro essere: l’Interfaccia.

Questa fantastica struttura della psiche, che a luci spente riflette l’immagine nascosta di noi stessi, quando si apre il sipario offre allo sguardo degli spettatori il nostro corpo, l’abito, la voce, i gesti, l’espressione del volto, come vorremmo essere visti dagli altri: immagine di noi stessi che raramente coincide con la realtà, anche quando la sala è vuota…
La barca nel dipinto di Maurilio Catalano, che mi è piaciuto usare come metafora visuale dell’Interfaccia, sotto la vernice colorata potrebbe nascondere un legno marcio di sale; le surreali creature marine invece, forse uscite da un incubo del pittore, mi hanno fatto pensare agli agenti mentali che popolano la mente: desideri, aspettative, sensi di colpa, paure…
L’Interfaccia è una struttura dinamica della psiche, che di fantastico ha la capacità di essere programmata tanto da noi stessi quanto dall’interazione con il mondo, inteso come ciò che è esterno alla nostra persona: gli altri esseri viventi, l’ambiente, il contesto, le circostanze.
Pensiamo all’autostima e immaginiamo che corrisponda alla capacità della barca di galleggiare, cavalcare le onde tempestose della vita senza affondare: quanto è sensibile all’opinione che altri hanno di noi? Vernici varie a parte, che a poco servono quando le acque sono davvero agitate, riuscirà il nostro scafo a resistere all’impatto di rifiuti, incomprensioni, giudizi dei quali ci sentiamo vittime incolpevoli? Al momento del bisogno, non solo quando le cose vanno per il verso giusto, il nostro scafo sarà abbastanza solido da resistere, oppure si schianterà facendoci naufragare in una crisi d’identità?
Dietro le quinte della quotidiana rappresentazione offerta a noi stessi e agli altri, gli agenti mentali, noti e sconosciuti, operano incessantemente alla definizione dell’Interfaccia, a prescindere dal livello di consapevolezza che possediamo, dalla nostra capacità d’intervenire sul codice con cui la mente elabora le proprie dinamiche. Con tutte le differenze che distinguono gli esseri umani, possiamo ipotizzare che alcuni soggetti posseggano un controllo elevato dei propri processi mentali, mentre altri ne siano del tutto inconsapevoli: greggi pascolate dall’espressione genetica combinata con l’imprinting culturale e le variabili di contesto.
La ragione che mi ha spinto a esplorare l’Interfaccia non è accademica ma di ordine pratico, a causa dell’impatto sui comportamenti, sulla qualità della vita: perdere l’affetto di una persona cara perché incapaci di comprenderla, è forse il peggiore dei danni che possiamo fare a noi stessi e agli altri e, purtroppo, capita che nemmeno ce ne rendiamo conto. Lo stesso potremmo dire dei sentimenti a senso unico, quelli che nella realtà soffrono di mancata reciprocità d’intento, perché il danno, in questo caso, lo faremmo continuando a illuderci che un giorno le cose possano cambiare in meglio: speranza legittima per chi crede ai miracoli…
La coppia di contadini, il manager, la segretaria, lo psichiatra e la sua assistente, sono i personaggi della storia il cui perno è una nuova macchina della verità, capace di rivelare anche quando mentiamo a noi stessi, oltre che agli altri. Alfonso Ricci Cajetani in arte Bukowski, il settimo personaggio, è l’acido che corrode le vecchie strutture dell’Interfaccia ma anche un catalizzatore, escremento morale per i nasini delicati, eppure necessario per polimerizzare in nuove strutture psichiche il potenziale vitale, danzare al suono di quei tamburi di Dioniso che il rumore della quotidianità impedisce di udire.

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Arvales presenta un nuovo intervento: Interfaccia, dietro le quinte del palcoscenico


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