Magazine Informazione regionale

Giuliano Guazzelli, il mastino dell’arma ucciso perchè amava Agrigento

Creato il 04 aprile 2015 da Comunalimenfi
maresciallo_Giuliano_Guazzelli_Menfi

Lotta alla mafia. Il giorno del ricordo.

Oggi avrebbe compiuto 82 anni, la mano violenta della mafia ha bloccato la sua corsa verso la vita sul viadotto Morandi. Stava tornando a casa con un carico fatto di fatica ma con l’appagatezza di chi ancora una volta sa di aver fatto il proprio compito fino in fondo. Senza guardare in faccia nessuno. Era il 4 aprile del 1992.

Giuliano Guazzelli era un uomo tutto d’un pezzo, che aveva preso sul serio la vita ed il suo lavoro. Anzi, il suo non era solo un lavoro. ma una missione. Trastimoniata ogni giorno, 24 ore su 24. Come tutti i carabinieri. Il lavoro, la lealtà, l’amore. E lui, che non era siciliano, amò Agrigento come neanche un agrigentino riesce a fare. Amore, senda indugi, fino alla morte.

Oggi avrebbe compiuto 82 anni. Ed avrebbe fatto festa con i suoi figli, i nipoti, gli amici. Quelli veri. Quelli che non tradiscono. mai. Molti, forse pochi. Ma avrebbe fatto festa. Alla sua maniera, molto sobria. E chissà cosa avrebbe detto guardando Agrigento oggi, com’è cambiata in questi 23 trascorsi dalla sua morte tra silenzi, imbarazzi e, spesso, tanta indifferenza. Avrebbe visto le trasformazioni, i mutamenti, i trasformismi di una terra difficile. Che lui ha amato senza esitazione.

Guazzelli faceva parte di uno “zuccolo duro” dell’Arma a cui attingevano a piene mani i vertici investigativi. Gli ufficiali, i magistri per intenderci. Che arrivano, studiano, passano e vanno via altrove. Loro no. Quelli dello “zoccolo duro” no. Restano. E lui più di tutti era considerato la memoria storica perchè era un archivio, alla vecchia maniera. Sapeva tutto di tutti. Gli bastava poco, un indizio. E usciva fuori con le sue intuizioni. Alle quali non rinunciava neanche Rosario, “Sasà”, Livatino, il giudice buono ma schivo. E per questo, spesso, considerato diffidente. Ma dinanzi a tanta precisione c’era solo da verificare, da seguirne le orme. Il caso poi volle che proprio Guazzelli contribuì a mettere le mani sugli assassini di Livatino. Gli bastò solo una parola, una descrizione. Gliela offrì Piero Ivano Nava, il rappresentante di commercio che vide l’agguato e l’esecuzione del giudice, sulla statale 640. L’intulto lo portò a Palma di Montechiaro, e furono arresti, manette, ergastoli. Era nato a Gallicano (Lucca) il 6 aprile del 1933.

Arruolato giovanissimo nell’Arma dei carabinieri, si era stabilito nel 1954 a Menfi. Conosciuto e stimato per le doti di investigatore, era soprannominato il “mastino” per la tenacia con cui portava avanti ogni indagine. “Memoria storica” della mafia nell’Agrigentino e con una profonda conoscenza del fenomeno mafioso nell’itera isola. “Era un uomo di grandi principi morali ed etici, lavoratore instancabile”, ricordano i colleghi. Era un pezzo dello Stato, caduto nello stesso in cui ne caddero altri. Dopo di lui, infatti, furono uccisi, il 23 maggio e il 19 luglio, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Per molti c’è un “filo” che collega i tre omicidi eccellenti.

Il sottufficiale da sempre si era interessato di indagini complesse. Negli ultimi tempi sopratutto appalti, mafia ed imprenditori. Guazzelli era sempre stato impegnato in prima persona nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Sempre in trincea. Aveva prestato servizio nelle zone più “calde” della Sicilia: Castelvetrano, Palermo, Palma di Montechiaro e, per ultimo, ad Agrigento dove era stato comandante del Nucleo Operativo e poi responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria presso il Tribunale di Agrigento.

“Validissimo e determinante – ha recentemente ricordato il Comando provinciale di Agrigento – era stato il contributo che aveva dato soprattutto alla magistratura agrigentina per l’istruttoria del cosiddetto maxi-processo alla mafia di questa provincia, nel quale erano stati imputati mafiosi di maggiore spicco dell’epoca. Non va poi dimenticato il suo incisivo e concreto impegno profuso nelle indagini riferite alla guerra di mafia degli anni ’90 che aveva insaguinato il popoloso centro di Palma di Montechiaro, durante le quali l’abilità investigativa del Maresciallo Guazzelli aveva consentito di far luce sui motivi scatenanti della “guerra” stessa e sui “personaggi” che l’avevano intrapresa, permettendo di avere chiaro quel quadro che poi si è tramutato in numerose informative inviate alla magistratura, dalle quali, com’è noto, erano scaturiti i provvedimenti preventivi previsti dalla legge nei confronti dei mafiosi palmesi di maggior spicco”.

Nonostante fosse giunto alle porte della pensione (era in ausiliaria), costante era il suo impegno nella lotta alla mafia ed è certamente per gran parte del suo merito se tanti altri suoi collaboratori riuscirono ad essere depositari di una valida memoria storica, che ha certamente portato un grosso contributo al prosieguo della lotta alla mafia di Agrigento e della Sicilia.

Guazzelli venne ucciso 23 anni fa, verso le ore 13,20. Era al volante della sua Fiat Ritmo mentre faceva rientro a casa percorrendo il viadotto Morandi che collega Agrigento con Porto Empedocle. I killer lo affiancarono con l’auto, e dopo averlo sorpassatto aprirono il fuoco. Raggiunto da innumerevoli proiettili morì sul colpo. Fine di un servitore dello Stato. Fine di un uomo che avrebbe dato una mano a scoperchiare un sistema di collusioni e complicità che relega Agrigento agli ultimi posti della civiltà. Fine di un esempio di antimafia vera, senza trucchi e senza inganni.

Per scoprire i suoi assassini sono stati celebrati due processi. Il primo a carico di un gruppo di palmesi, che furono condannati in primo grado e scagionati in Appello. Assolti perchè nel frattempo arrivarono le dichiarazioni di Pasquale Salemi. Fornì prove e nomi per confessare che l’agguato venne eseguito dalla cosca di P. Empedocle. Le verifiche ed i riscontri gli hanno dato ragione.

Alla memoria a Guazzelli è stata riconosciuta la medaglia d’oro al valore civile. Con questa motivazione: “Sottufficiale di elevatissime qualità professionali, impegnato in delicate attività investigative in aree caratterizzate da alta incidenza del fenomeno mafioso, operava con ecezzionale perizia, sereno sprezzo del pericolo e incondizionata dedizione al dovere e alle Istituzioni, fornendo costanti e determinanti contributi alla lotta contro la criminalità organizzata fino al supremo sacrificio della vita, stroncata da proditorio ed efferato agguato criminale. Eccelso esempio di virtù civiche ed altissimo senso del dovere”.

Alfonso Bugea – Giornale di Sicilia 4/4/2015


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :