Guardo mia moglie, seduta di fronte a me, che si sta lentamente riprendendo. Giulio è, era, il suo fratello più piccolo. Gli ha voluto sempre un bene speciale, lo ha coccolato e protetto, sapendolo così sensibile. E’ stato terribile per lei vederlo invecchiare, osservando le sue capacità che si degradavano un giorno dopo l’altro.
Giulio è morto. Ha cominciato perdendo lo smalto dei suoi splendidi trent’anni. Per prima cosa gli è comparso qualche filo bianco fra i capelli, poi il suo viso si è fatto più asciutto. Le prime rughe gli hanno donato un’aria matura, facendo svanire quel broncio adolescenziale che era la sua caratteristica.
Più avanti il suo fisico ha iniziato ad appesantirsi, ma piano piano, come se il passare degli anni depositasse piccoli strati di una materia meno elastica nei suoi muscoli. Eppure la sua mente era sempre sveglia, brillante. Sembrava anzi migliorare col tempo. I suoi discorsi si facevano più profondi, di una saggezza che a volte ci dava i brividi.
Poi è diventato tutto bianco, la sua schiena ha incominciato ad incurvarsi, i movimenti si sono fatti lenti ed impacciati. Noi non sapevamo che fare. Non c’era rimedio a quello sfacelo e nessuno era in grado di dirci come aiutarlo. Ha cominciato ad avere dei disturbi, via via più importanti, fino a quando non è più riuscito ad alzarsi dal letto. Ed è morto.
Abbiamo fatto la “vibration” per sentirci ancora per una volta insieme a lui, per godere il piacere della sua compita allegria. Ho contattato quelli che lo avevano conosciuto, che gli volevano bene, per vedere chi ci stava. Alla fine eravamo davvero tanti. Molti di più di quello che ci saremo aspettati, trattandosi di una cosa quasi illegale. Mia moglie ha preparato il software, per collegarci tutti. Poi, all’ora stabilita, ha avviato la sessione con foto di Giulio e le sue musiche preferite. Condizionati dall’apposita device, i nostri sensi si sono dilatati, lasciandosi assorbire dalle immagini e dalla voce di Giulio.
Ora siamo qui, un po’ scossi ma consapevoli che lui non c’è più.
Mia moglie mi guarda:
“Ti ricordi quando mi sono accorta che c’era qualcosa che non andava in lui?”
Annuisco.
Lo aveva osservato, poi gli aveva chiesto se per caso non si fosse dimenticato di prendere la pillolina verde. Lui l’aveva guardata negli occhi e con dolcezza aveva risposto
“Non la prendo più”
E basta.
Giulio è morto. Per fare qualcosa apro il notiziario sulla parete di fronte a me. C’è Fini, che con una spettacolare giravolta porta il suo partito della sinistra radicale ad una alleanza con Berlusconi. Così il Cavaliere può fare il suo governo. E’ il 78°, mi pare, anche se ormai nessuno li conta più. Si alternano da tempo immemorabile, diventando per noi una sfilza di nomi ormai privi di senso. Casini, poi Berlusconi, poi D’Alema, di nuovo Berlusconi, Bersani, Franceschini, ma anche Cicchitto e Rutelli. Ognuno di loro ha ormai presieduto decine e decine di governi, arrivando con il suo carico di promesse e andandosene lasciando al successore gli stessi problemi.
C’era un solo politico che mi piaceva, ed era Vendola. Mi dava l’impressione di credere profondamente in quello che voleva fare. Aveva fatto la sua battaglia contro la pillola, la “pillolina verde” come la chiamiamo. Diceva cose da poeta, che l’uomo aveva diritto alla felicità, ma che l’essere immortali non ce l’avrebbe data. Quando ha capito che nessuno era disposto a seguirlo, si è suicidato. Anche lui se n’è andato come Giulio, solo che ha scelto un modo più rapido. Col veleno.
Quando, all’inizio, cercavamo di convincere Giulio, gli dicevamo che la sua era una forma di suicidio, che si stava deliberatamente ammazzando. Lui si arrabbiava molto, urlandoci che non era vero, che lui amava la vita, ma che questa non lo era. Che preferiva vivere come l’uomo ha sempre vissuto. Una sola volta, passando tutte la stagioni e conoscendo la ricchezza del cambiamento. Che voleva provare cosa significa sentire che il corpo si modifica, che il cervello accumula esperienze irripetibili e perciò preziosissime. Che voleva prendersi finalmente la responsabilità di sbagliare, di fare degli errori sapendo che sarebbe stato impossibile porvi rimedio. Che voleva vedere terre e persone lontane, con la consapevolezza che non le avrebbe riviste mai più.
Era felice di questa scelta.
Quando di tanto in tanto ci trovavamo ad affrontare l’argomento (mio dio! Era così difficile non parlarne, avendolo davanti agli occhi!) lui ci chiedeva come facevamo ad accettare di vivere così. Eternamente fermi in un tempo sospeso, sempre circondati dalle stesse facce, dagli stessi discorsi. Come potevamo essere così egoisti da negare la possibilità di esistere alle generazioni future.
“Appena è arrivata la pillolina verde si è smesso di fare figli! Oggi, anche se uno volesse, probabilmente non ci riuscirebbe. Abbiamo smantellato tutta l’organizzazione, tutta la conoscenza che ci serviva! Lo stesso per le malattie, per la vecchiaia: a cosa ci serviva mantenere quelle conoscenze? Via la medicina, tutta insieme, via! Tanto c’è la pillolina che ci tiene giovani e in salute…”
Giulio è morto. E io mi trovo a pensare che forse aveva ragione. Mio figlio si affaccia sulla porta per dirmi che esce e tornerà tardi anche stasera. E’ giusto così, ha vent’anni e si comporta con l’insolente sventatezza della sua età. Non posso rimproverarlo per questo. Anche se sono settecento anni che ne ha venti. Sua sorella, nata un anno dopo di lui, ha scelto di fermarsi molto più avanti ed adesso ha dieci anni più di me e di sua madre.
Forse hanno ragione le autorità. Le “vibration” possono far male. Ti fanno venire strani pensieri.
* immagine tratta dal web