Mia adorata Pierina, non so come la sorte sia stata così terribile per me! Tu sai che se pure avemmo qualche bisticcio mai, mai feci male; vado col tuo nome e la tua immagine agli occhi miei, tu hai fatto molto per me, tutta la mia gratitudine ti accompagni sempre nelle asperità della vita; abbi molto coraggio tu che ne hai tanto bisogno. Dio nella sua giustizia e bontà ti accompagnerà sempre nel cammino della tua vita. Adorata mia, quale terribile momento sia per me questo non te lo posso dire; non trovo espressione per dirti! Ti lascio senza niente, in balìa a chi sa quali asperità: quale ingiustizia si è abbattuta sopra la nostra sorte! Tu stessa in tuo scritto hai avuto dirmi, che dove c’è innocenza c’è provvidenza. E ne avrai, di nuovo coraggio, coraggio; baciami tanto le nostre bambine, ricordami sempre loro; di’ che il loro papà sventurato mai non fece male; povere loro, povera Emilia, povera Romana, e povera piccola Cesarina: di’ loro sempre che siano orgogliose del loro papà che mai non fece altro che bene ove lo poté nelle sue povere possibilità e tu perdonami se ebbi a farti passare qualche dolore, dolore del quale fui soverchiamente punito. Voglio dirti che in questa terribile e tragica vicenda nulla, nulla mai feci male contro chicchessia, contro nessuno. Ho avuto una pausa nello scriverti questa mia, perché Don Andrea Spada ha avuto la mia confessione, poi mi ha somministrato la S. Comunione che mi ha reso molto vicino a Dio, ho raccomandato tanto te e le mie povere piccine. Tu sai quello che è la nostra casa e tu tienilo sempre e per mio ricordo e questo mio ricordo sia sempre di sprone a te e alle nostre piccole perché abbiate sempre bene che Iddio onnipotente mai abbia ad abbandonarvi. Ricordami sempre, Pierina mia, addio e felicità ti auguro ed abbiti un forte bacio dal tuo sventurato Giuseppe. CIAO-CIAO, ciao. (Giuseppe Sporchia (Giuseppe), di 36 anni, operaio meccanico, partigiano, fucilato nel marzo 1944 a Bergamo).
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A M I L A N O
Addio, da un puro sole amoreggiante,
Benedette colline di Brianza;
Onde del Lario, che specchio vi fate,
A un ciel che di vaghezza ogni altro avanza:
Addio, città di miti arti onorate
E di cari costumi amica stanza;
Quanto dolce di voi, sponde beate,
Mi ragiona nel cor la rimembranza!
Sol fra cose sì varie e pellegrine
Non vidi, onor dell’Insubre paese,
Una fanciulla che ha un bel lauro al crine.
Ma voi, che lieto m’accoglieste in pria,
Dite a quella diletta alma cortese
Come fu mesta la partenza mia.
-Agostino Cagnoli-
(Reggio Emilia, 1810 – 1846)
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