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Giuseppe D’Avanzo

Creato il 01 agosto 2011 da Fabio1983
Il più bel ricordo di Giuseppe D’Avanzo lo ha firmato Marco Imarisio sul Corriere della Sera.
Un pomeriggio di maggio del 2000, intorno alle 19 entrò nello stanzone con la sua voce stentorea. «Oggi non lavorate più, venite con me». Ariel, il caporedattore, non oppose resistenza, sapeva che sarebbe stato inutile. «Andiamo al bar» disse. Ci fece sedere al Radetzki, poco distante da via Solferino e ordinò da bere per tutti. Ci spiegò che lasciava il Corriere, dove era arrivato tre anni prima, per tornare alla sua casa madre, a Repubblica. Poi fece una cosa che nessuno fa mai. Cominciò un lungo monologo, nel quale condensava i suoi consigli. Che lui aveva deciso di donare a noi, giovani giornalisti. Non è pratica comune, in questo mestiere che divide e non unisce. Le regole di Peppe, le ho chiamate per anni: al mattino fai cinque telefonate a cinque fonti diverse, a persone che ti possono dare notizie, non importa quali, basta che ti spieghino come stanno le cose; studia, non smettere mai di studiare, appassionati ai problemi, falli tuoi; rispondi, devi rispondere sempre quando il giornale ti chiama; ricordati che questo lavoro lo devi vivere con passione, ogni benedetto giorno, e metti passione in quello che scrivi, coinvolgi il lettore, butta sempre il cuore in quel che fai. Altrimenti, disse, non ne vale la pena, non è giornalismo. «E adesso via, si torna in redazione».

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