Giuseppe Maraniello In-Es, cm 206x346x15, 2012, Lorenzelli Arte, Milano
Giuseppe Maraniello In-Es, galleria Lorenzelli Arte, Milano (clicca: MAPPA), fino al 19 luglio 2012, a cura di Alberto Fiz, Matteo Lorenzelli. Recensione per MAE Milano Arte Expo, Jean Luc Neverborn > Cerchiamo di guardare piano. Di non farci solo travolgere da queste operose macchine dell’immaginario. Di non appoggiare una sola parola al muro (con l’aria di chi lasci intendere” poi passo a riprenderla e la metto a posto”). Cerchiamo di non rimanere estasiati troppo velocemente dalle opere di Giuseppe Maraniello solo perché continuiamo a farlo da anni.
Ek-stàsis – lo star fuori di sé – è cosa seria. E’ cosa di chi “fissa un oggetto fuori di sé”. Per Plotino “Estasi” è traguardo della ragione umana in via di ricongiunzione con il Principio da cui proviene, quando riesca a coglierlo non padroneggiandolo ma lasciandosene, in qualche modo, possedere. Lasciamoci quindi trascinare dall’estasi e dalle forze assorbite, da Maranielllo, nelle opere di In-Es. Inspirare , espirare. Come polmoni. Dentro, fuori. Lentamente.
Realizzando questo ciclo In-Es , Maraniello porta a compimento un processo metabolico. Non c’è nulla che non venga trasformato. Nulla, che riguardi la visione, che non tragga ossigeno. E gli occhi, a lasciarli andare, si tirano dietro la testa, il collo e tutto il resto, fino ai piedi. >>
Maraniello ha rara capacità di dare peso a segni sottilissimi, minimi, quanto di far volare il bronzo e, soprattutto, di dare vita a vere macchine dell’immaginario. Schegge di legno, forme / involucro che paiono destinate a un rito, elementi sospesi, pittura … che sembrano nati allo scopo di funzionare insieme. E’ una cosa diversa – per fare solo un esempio – dalla metamorfosi della Testa di toro compiuta da Picasso “… ho fatto di quel manubrio e di quella sella una testa di toro che tutti hanno riconosciuto come tale”. Non siamo portati a sorprenderci di qualche somiglianza, nel caso di Maraniello: l’assemblaggio non porta ri-conoscenza. Eppure, come scriveva Lea Vergine nel 1990 “Ogni sua invenzione rinvia a un mondo complesso di referenze: l’archetipo, l’arcaico, l’etrusco, il greco, il pompeiano …”. Siamo lontani anche dal flusso di coscienza dei combine-paintings di Rauschenberg, per il quale “Anche le condizioni meteorologiche entrano a far parte dell’opera. Le cose più banali e insignificanti della vita e anche le cose tragiche, come la guerra, tutto dovrebbe entrare a far parte dell’opera…”. Qui non c’è alcun senso dell’accumulazione: Maraniello non deposita strati di mondo in magazzino.
Quale magia si attua, allora, In-Es?
— C’era una volta…
— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.
— No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno …
I pezzi di Maraniello, però, non hanno alcun bisogno di prendere vita, perché l’hanno già. E allora? Può darsi che siano ancora più liberi di raccontarci qualcosa. Più liberi di parlare. Liberi di condurci nel territorio della Fiaba, dove le leggi che governano il nostro senso della realtà vengono sospese e prendono posto quelle di un mondo che può essere vero – e immortale? – solo se inventato. Nelle Mille e una Notte Sherazade sospende una esecuzione capitale, raccontando Fiabe fino al mattino. Lo ricordava spesso Emilio Tadini quando parlava delle sue Fiabe e della relazione tra la fiaba e il mito.
Giuseppe Maraniello, IN-ES 2012 Tecnica mista cm225x330x35, Lorenzelli Arte, Milano
Da una Intervista a Giuseppe Maraniello di Tommaso Trini tratta dal catalogo della galleria Luigi Franco di Torino: “… una mia mostra è stata intitolata Anfesibena. Si tratta di una sorta di serpente che cammina in due direzioni. E’ uno di quegli animali raccontati da Borges nel suo Manuale di zoologia fantastica. Mi sembrava che ci fosse qualcosa di attinente al mio lavoro. Di recente ho anche utilizzato alcuni disegni di mio figlio, realizzati quando aveva tra i quattro e i sei anni; ho cercato di combinare l’attività creatrice infantile con quella artistica. Si potrebbe obiettare che non si tratta di fantastico, in questo caso, ma di immaginario. Non saprei dire, ma non credo che questa distinzione conti nella pratica artistica.”
Chiedersi quale sia la differenza tra fantasia e immaginazione (come domandava Trini a Maraniello) non è, forse, come interpellare la forza di gravità per ottenere un’opinione sulla bilancia che misura il peso? Non è, la fantasia, quella forza che ci muove all’attività che siamo abituati a chiamare immaginazione? Non è il motore di ogni discorso? Anzi: non è una forma di energia che lo precede? Aristotele faceva risalire etimologicamente la fantasia alla radice di phàos, luce. E Platone credeva che il luogo / organo dell’immaginazione fosse il fegato che poteva – con la sua superficie lucida – rispecchiare le immagini sensibili “esterne”.
Proviamo a considerare una forza che conosciamo con certezza: la gravità. E osserviamo quanto – e con quale immaginazione! – venga impiegata da Maraniello nei suoi quadri /scultura …
“… l’uso delle aste è stato dettato dal progetto di uscire dai confini del quadro, mentre le corde furono motivate dalla necessità di sospendere un elemento di bronzo nel corso di una mostra allo Studio Marconi, nel 1987. Soddisfatto, ho cercato poi altri modi di utilizzare la corda…” (ibidem)
Le sospensioni di Maraniello – a ben pesare – mostrano tutta l’evidenza di un raggiunto equilibrio – lasciando intatta la possibilità di un loro movimento, di una nuova instabilità e generazione di forma, come accade con le opere di Calder – portando all’interno del quadro /scultura una tensione – una forza naturale – con la quale fare i conti. (E che percepiamo costantemente).
Una forza reale tira – letteralmente – tutti gli altri elementi. Li porta verso il centro della terra. E la struttura resiste. Come i piani di una casa. Come un’architettura ben progettata.
Ci vengono in mente anche le trazioni delle Architetture di Gianfranco Pardi: quei cavi d’acciaio in grado di mettere in tensione (reale) tutto lo spazio e di dialogare con le opposizioni cromatiche…
Guardando queste piccole forme di Maraniello appese ad una struttura viene, inevitabilmente, voglia di intuirne il peso. Ci viene voglia di prenderle in mano per comprendere la resistenza della struttura che le sostiene. Forse, ci viene voglia di mettere in gioco la nostra forza fisica per verificare la sensazione che ci da la vista. Forse, ancora, siamo portati – da questi oggetti – a mettere in discussione l’assunto “se vedo conosco” anche se è sufficiente a tranquillizzarci circa la resistenza del telaio che li regge. La struttura resiste, ma vogliamo capire anche ciò che agisce, tra quelle forme: una forza. Vorremmo sentirla.
Direi , quindi, che siamo attratti da una struttura formale che ci induce a entrare nello spazio che delimita – che inventa – e farne parte, anche per un solo istante, allo scopo di sentire ciò che, altrimenti, non sapremmo mai. La vista ci racconta la sua Fiaba. Ma vorremmo di più: vorremmo risalire all’origine. All’opposizione di forze che ha generato questo piccolo universo e, soprattutto, dalla quale nasce la lingua che ne parla.
Maraniello ci parla, in definitiva, del confine tra la Fiaba e il Mito.
Lea Vergine: “… si avverte come un ritorno all’aura, all’origine sacrale e rituale dell’opera d’arte…”
Non ci resta che continuare, fino all’inizio.
Correndo a vedere la mostra In-Es di Giuseppe Maraniello in galleria: Lorenzelli Arte, fino al 19 luglio 2012.
per il team di MAE Milano Arte Expo, Jean Luc Neverborn
Giuseppe Maraniello, IN-ES 2012 t.mista cm.150×55, Lorenzelli Arte, Milano
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COMUNICATO STAMPA:
Lorenzelli Arte dedica un’importante mostra personale a Giuseppe Maraniello, da oltre trent’anni indiscusso protagonista del panorama artistico nazionale ed internazionale. “In-Es”, il titolo di questa rassegna, evoca termini in contrapposizione, ma allo stesso tempo complementari – inspirare-espirare – che contengono l’idea della vita, la testimonianza della nostra esistenza secondo una polarità in continua e costante dialettica e, come suggerisce lo stesso Maraniello, che simboleggiano e riassumono il lavoro dell’artista nel suo incessante assimilare, assorbire la realtà che lo circonda attraverso le sue sollecitazioni sensoriali per riversarla al di fuori di sé, restituendola, metabolizzata, nell’opera.
La mostra presenta, nelle tre ampie sale della galleria, una selezione di lavori eseguiti per l’occasione: tre grandi sculture e diverse opere di medie e grandi dimensioni che rappresentano e sintetizzano il suo percorso artistico attraverso i diversi linguaggi che ha sperimentato.
Maraniello è uno dei principali interpreti di quella generazione di artisti che, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, ha ridato significato al linguaggio della scultura e della pittura, giocando contemporaneamente sulle due e le tre dimensioni.
Da queste premesse Maraniello ha saputo sviluppare uno stile personale inconfondibile fino a diventare una delle icone del panorama visivo contemporaneo. Le sue opere contengono forme e segni immediatamente riconoscibili, anche se non specificamente identificabili: sono i simboli che egli stesso inconsciamente assimila e sui quali fa leva la sua ricerca iconografica, mentre sapienti giochi di equilibrio fanno delle sue sculture in bronzo delle eleganti strutture che attraversano lo spazio.
Giuseppe Maraniello nasce a Napoli nel 1945. Nel 1969 entra in contatto con la Galleria Morra di Napoli, nel 1971 si trasferisce a Milano, dove lavora con Luciano Inga Pin. Dalla seconda metà degli anni ’70 espone in spazi pubblici con mostre collettive, tra le quali nel 1979 “L’estetico e il Selvaggio” alla Galleria Civica d’Arte Moderna, Modena, a cura di Giorgio Cortenova, nel 1980 “Italiana Nuova Immagine” a Loggetta Lombardesca, Ravenna, a cura di Achille Bonito Oliva, a Bologna, “Dieci anni dopo i nuovi nuovi”, Galleria d’Arte Moderna, a cura di Francesca Alinovi, Renato Barilli e Roberto Daolio. Nel 1982 espone alla Hayward Gallery di Londra, partecipa alla mostra “Arte Italiana 1960-1982” a cura di Guido Ballo, Renato Barilli e Flavio Caroli. Nel 1985 espone “Intorno al flauto magico”, a cura di Gillo Dorfles al Palazzo della Permanente, Milano. Nel 1990 è invitato con una sala personale alla XLIV Biennale d’Arte di Venezia, con presentazione in catalogo di Lea Vergine. Nello stesso anno è al Palazzo della Virreina di Barcellona, al Palazzo di Cristallo di Madrid e al Matidenhohe Darmstadt per la mostra “L’altra scultura” a cura di Renato Barilli. Nel 1992 partecipa alla mostra itinerante “Cadenze, figure dell’arte italiana degli anni ’90”, a cura di Pier Giovanni Castagnoli, nel Museo Sofia Imber di Caracas e nel Museo d’arte Moderna di Bogotà. Nel 1993 si tiene, in contemporanea, un’antologica a cura di Pier Giovanni Castagnoli e Danilo Eccher alla Galleria Civica di Trento e alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna – Villa delle Rose. Nel 1994 espone alla mostra “L’incanto e la trascendenza” a cura di Danilo Eccher a Castel Ivano, Ivano Fracena, Trento.
Nel 1997 partecipa alla mostra “Arte Italiana – Materiali Anomali” a cura di Danilo Eccher e Dede Auregli alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, che ha una sua scultura in permanenza nei propri giardini. Nel 1998 espone alla mostra “Trash” a cura di Lea Vergine, Palazzo delle Albere, Trento. Con Luigi Mainolfi sempre nel 1998 espone alla “Pescheria” di Pesaro. Nel 2001 tiene una personale alla Fortezza Firmafede di Sarzana e nel 2002 alla Rocca Sforzesca di Imola. Nel 2004 il Comune di Ischia gli dedica un’antologica alla Torre Guevara. Al Mart di Rovereto partecipa alla mostra “Il bello e le bestie” a cura di Lea Vergine, Giorgio Verzotti e Jean-Hubert Martin. Nel 2005 espone alla Fondazione Arnaldo Pomodoro “Scultura italiana del XX secolo”. Nel 2006 inaugura la Galleria Civica di Arco di Trento con una sua personale, a cura di Giovanna Nicoletti. Nel 2009 installa nella città di Terni un’opera pubblica permanente di 24 metri di altezza, in Piazza dei Poeti.
Nel 2009 tiene a Firenze una vasta mostra, a cura di Danilo Eccher nel Giardino di Boboli, in Piazza Pitti e nell’edificio ‘Le Pagliere’. Nello stesso anno a Monza partecipa alla mostra “Gli Anni 80 – Il Trionfo della Pittura”, a cura di Marco Meneguzzo.
Nel 2010 partecipa a “Pagine da un bestiario fantastico. Disegno italiano nel XX e XXI secolo” a cura di Silvia Ferrari, Serena Goldoni e Flaminio Gualdoni, Galleria Civica di Modena.
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Artista Giuseppe Maraniello
Titolo mostra “In-Es”
A cura di Alberto Fiz, Matteo Lorenzelli
Sede Lorenzelli Arte
Milano, Corso Buenos Aires, 2
Periodo dal 11 maggio al 19 luglio 2012
Inaugurazione giovedì 10 maggio 2012, ore 18.30
Orari martedì – sabato, ore 10.00/13.00 – 15.00/19.00.
lunedì su appuntamento. Festivi chiuso
Ingresso libero
Catalogo Lorenzelli arte n° 138, con testo di Alberto Fiz e un’intervista di Angela Tecce.
Come raggiungerci Metropolitana 1 (rossa), fermata Porta Venezia
Tram: 9, 29, 30, fermata P.zza Oberdan
Passante ferroviario: Porta Venezia
Informazioni +39.02.201914
Elena Morollo: [email protected]
Ufficio Stampa Emanuela Filippi – Eventi e Comunicazione
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