Per quindici anni tagliatore di teste. Dal 2005 assume solo detenuti.
Giuseppe Ongaro, 56 anni veneto, insegue un sogno. “Voglio che il lavoro – spiega – diventi uno stile di vita per i carcerati”.
E per fare questo si è consumato per otto mesi in trafile burocratiche, dietro a documenti e carte bollate. Non solo. Ha dovuto stravolgere la sua vita. Per anni spesso ha tolto lavoro e per farlo prendeva 7.500 euro al mese. Oggi è un benefattore dei carcerati e guadagna 5 mila euro in meno.
Ma cos’è stato il suo un modo per pulirsi la coscienza? “Oggi mi viene chiesto se dormivo sogni tranquilli – spiega Giuseppe, laureato in Statistica – la risposta è senz’altro positiva. Ristrutturare comparti aziendali è una professione che alle volte prevede di disporre tagli in risorse umane, anche pesanti, per dare modo ad altre persone di poter continuare a lavorare ed all’azienda la possibilità di ri-espandersi. Il top l’ho raggiunto una volta, quando licenziai 480 persone in un’azienda in Friuli. Dopo anni dello stesso mestiere ed uno sabbatico, ho sentito il bisogno di nuovi e diversi stimoli. Quindi ho deciso di cercare una attività che coniugasse il mio lavoro con finalità e risultati rivolti a persone in difficoltà. Ecco nascere l’idea del lavoro con persone detenute all’interno delle carceri. Non credo sia una sorta di redenzione. Ma il piacere di una sfida in un ambito scordato dalla società e dalle istituzioni. E poi la mia vita non è stata semplice. La mia famiglia non era ricca. Mio padre, invalido di guerra, reduce dai lager nazisti. A 16 anni, durante gli anni del liceo, scaricavo farina. Durante gli studi in Ateneo ero rappresentante. Dopo il primo figlio ho iniziato la mia carriera di consulente aziendale: in molti casi assumevo, in altrettanti licenziavo”.
Ma di cosa si occupa Lavoro e Futuro? “E’ un’azienda – chiarisce – che promuove attività lavorative all’interno delle carceri. Impiega quindi detenuti, regolarmente assunti come indicato dalla Legge Smuraglia, in piena armonia con le direttive del Ministero di Giustizia (obiettivo 52 – Reinserimento sociale del detenuto). Aiutiamo i carcerati a recuperare la loro dignità e facciamo in modo che il lavoro diventi uno stile di via. E questo grazie al precedente direttore del carcere, Salvatore Erminio, e al suo successore, Antonio Fullone, perché senza la loro sensibilità e disponibilità non avrei mai potuto iniziare».”.
Perché una srl e non una cooperativa? “Volevamo farcela da soli – replica – senza finanziamenti. Anche se occorrono tanti soldi. I quindicimila euro di capitale li abbiamo impiegati per acquistare un furgone usato. Ora disponiamo di officine attrezzate con i nostri soldi – abbiamo speso circa 400 mila euro – e magazzini di 1.800 metri quadrati, dove produciamo piante in vaso da giardino. Ci lavorano settanta tra detenuti e detenute. Sette di questi stanno dentro per omicidio”.
I carcerati sono assunti a tempo indeterminato sino alla scarcerazione. “Ma non abbandoniamo a se tessi quelli che escono. Per quanto è possibile, li aiutiamo. I nostri bilanci etici – aggiunge - sono depositati presso la direzione del carcere, il PRAP, il Ministero di Giustizia e le nostre attività sono sottoposte al giudizio dei tre maggiori sindacati italiani. Ovvio che la nostra azienda, come tale, deve essere a scopo di lucro. Se mi si rompe un furgone qualcuno deve pagare il meccanico. Mi sento di aggiungere una cosa: una persona detenuta, che da noi lavora per 6 ore ogni giorno e guadagna fino a 650 euro netti, ha bisogno di dare un “ritmo” alla sua vita detentiva, di riconnettersi alla sua famiglia. Quindi ha bisogno di denaro. Lavorando per noi non deve indebitarsi con la malavita, unica banca nelle carceri, che spinge alla recidiva. Questo è ciò che dà valore aggiunto alla nostra azienda. E poi il nostro lavoro piace ai detenuti”.
Si sente un tipo tosto? “Piuttosto – replica – un sognatore tosto”. Ongaro vorrebbe aprire altre sedi anche nelle case circondariali di Castelfranco Emilia, Ferrara, Trento, Vicenza.
Se volete sapere di più della vita e dell’attività di Giuseppe, vi consiglio un libro, pubblicato di recente da Marsilio, intitolato: “Hic sunt leones – venticinque storie di veneti notevoli”. L’autore è Stefano Lorenzetto, veronese, che lavora per Il Giornale, dove è stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri e per Panorama. www.stefanolorenzetto.it
Cinzia Ficco