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Glam Rock

Creato il 27 settembre 2011 da Zambo

Glam Rock
Ci sono cose su cui non riusciamo ad essere obiettivi. Per esempio il primo disco che abbiamo comprato di un artista che amiamo, che continua a sembrarci meraviglioso anche quando scopriamo che è tutt’altro che il migliore che ha inciso. Il mio primo LP dei Rolling Stones fu It’s Only Rock’n’roll, ed io continuo a trovarlo molto meglio di quanto sembri pensarne la gran parte dei fan. Cominciai ad acquistare dischi più o meno in quel periodo, nel 1973. La musica rock era molto importante per la mia generazione ed i gusti erano abbastanza omologati; all’epoca si ascoltava soprattutto musica progressive, cioè sperimentale, che fosse brit prog sinfonico o jazz rock o elettronica; oppure cantautori americani, che significava west coast, CSN&Y, Eagles, Jackson Browne, Joni Mitchell, Bob Dylan; oppure glam rock, che era quel che rimaneva in circolazione del rock & roll. La rivista musicale in Italia era Ciao 2001 (al massimo Muzak e Gong) ed Il Mucchio Selvaggio era di la da venire.
Glam Rock non è una bella parola, perché evocava il muzak "haevy metal bubblegum" delle classifiche britanniche del periodo, di gruppi easy da classifica come T-Rex o Sweet, Salde, Suzi Quatro, Gary Glitter, Cockney Rebel. Però alla fine è il modo più sincero per descrivere il rock & roll elettrico che sopravviveva alla stagione del progressive post-psichedelico e post-hippie. Il termine stesso "rock & roll" non sarebbe stato allora una parola appropriata; non era ancora arrivata la santificazione della stagione delle canzoni da tre minuti portata dalla new wave, e non esisteva ancora la percezione di un rock classico come quello di cui racconta Elwood Blues quando presenta Green Onions dei Booker T & MGs dicendo “i nostri Mozart ed i nostri Beethoven”. Quelle erano ancora considerate canzonette, il rock & roll per il pubblico significava Sha-na-na oppure la colonna sonora di American Graffiti. I primi a riabilitarne il termine furono probabilmente i citati Stones di It’s Only Rock’n’roll ed il Lou Reed di Rock’n’roll Animal (ok: i Velvet Underground di Loaded, dove la canzone intitolata appunto Rock and roll recita il verso epocale: "her life was saved by rock & roll"). Per il resto ci si riempiva la bocca, a buona ragione, di King Crimson, Frank Zappa, Weather Report e Tangerine Dream. A me i Rolling Stones piacevano molto, come piacevano a tutta la generazione glam di cui racconta Nick Kent nel suo libro Apathy For The Devil. A cavallo del 1970 gli Stones erano letteralmente sbocciati; nel 1968 avevano dato alle stampe Jumpin’ Jack Flash, nel 1969 Honky Tonk Women e poi Brown Sugar: forse i pezzi più rock di tutti i tempi. Era facile parlare di loro come della più grande rock band di tutti i tempi. Nel 1970 i Beatles, che del rock erano i gran visir, si scioglievano offrendo al pubblico l’ultimo singolo, Let It Be. Furono quei brani straordinari a dare il combustibile a “tutto ciò che restava del rock”, dai Faces di Rod Stewart a David Bowie, Elton John, i Mott The Hoople di Ian Hunter, e persino qualche lupo mannaro americano a Londra come Lou Reed o le New York Dolls.
La parola glam si riferisce alla moda degli abiti della Londra di quei giorni: stivali con le zeppe, pantaloni attillati e scampanati, giacche di velluto colorate e molto glitter, brillantini. Il modo un po’ androgino in cui vestivano i Mott The Hoople, David Bowie, Elton John ma anche i Rolling Stones di Angie. C’è un video di Jagger & Co. che suonano una cover di Ain’t Too Proud To Beg dei Temptation che è addirittura imbarazzante per il loro abbigliamento; eppure all’epoca mi piaceva immensamente. Deve avere qualche cosa a che fare con la tempesta ormonale dell’adolescenza, probabilmente.

Quelle canzoni rappresentavano il pop di quei giorni, erano trasmesso da ogni stazione radio inglese e della stessa TV, ed erano persino la musica da ballo dei tempi che precedettero la disco music. Allora andare in discoteca non era una vergogna, perché avresti ballato Brown Sugar e The Jean Genie, Crocodile Rock, Angie, Sweet Sixteen e Goodbye Yellow Brick Road. Ho ancora vivido il ricordo della prima volta che da adolescente in un paese del sud dell’Inghilterra sentii la musica di Honky Tonk Women uscire da un pub, con l’irresistibile ritmo spezzato della batteria di Charlie Watts. Momenti irripetibili, purtroppo.
Glam Rock
La musica rock nei giorni del glam nasce indubbiamente dai 45 giri che ho citato; ma il movimento del glam rock fu battezzato ufficialmente, si narra, da un giovane “Dorian Gray” androgino dai lunghi capelli a boccoli, Marc Bolan, dalla storia un po’ letteraria. Nato rocker, fan di Chuck Berry, Gene Vincent ed Eddie Cochran a Soho, fu poi attratto irresistibilmente dal rock dandy e bohemien della summer of love di figure come Syd Barrett dei Pink Floyd, Kevin Ayers dei Soft Machine, Donovan, forse più tardi anche Nick Drake. Lo stesso percorso seguito da David Bowie, con il quale collaborò anche, suonando la chitarra elettrica in Prettiest Star. Lo stesso Bowie, genio musicale degli anni settanta ma anche furbo venditore del proprio mito, cercò di inventare negli anni del successo di entrambi una sorta di competizione con Bolan allo stesso modo di Beatles vs Rolling Stones. Con Bowie, Bolan divideva anche la passione per Bob Dylan, tanto che pare che il nome Bolan stesso non sia altro che un contrazione del nome del songwriter americano. Nei primi anni della propria carriera Bolan fece parte di un duo acustico di musica hippie dal nome Thirannosaurus Rex assieme ad un certo Peregrino Tuc. Addirittura Piero Scaruffi incorona il loro disco del 1969, Unicorn, come della “pietra miliare del movimento psichedelico, meta` acustico e meta` elettrico…”. Il successo di classifica arrivò con un 45 giri dal titolo Ride A White Swan (cavalca un cigno bianco), con il quale sciolse il duo per mettere assieme una band elettrica ed orecchiabile, Marc Bolan & T.Rex. Durante un’apparizione a Top Of The Pops (una trasmissione TV di canzonette pop allora molto seguita dai teenager inglesi) per la presentazione del singolo Hot Love, Marc si presentò con dei brillantini sul volto e un boa di strass, inventando in una volta il nome ed il look del glam rock. Racconta Bolan che il look fu un’idea della moglie June Child (che era stata la segretaria del manager del suo eroe Syd Barrett). Nonostante canzoncine molto bubblegum come la successiva Bang A Gong (Get It On), anzi proprio in virtù di esse, Marc divenne un idolo assoluto dei teenager britannici; si dice che nessuno vendesse tanti 45 giri come lui in Inghilterra in quegli anni, era assolutamente popolare o ospite di ogni trasmissione e gruppo musicale, compresi i Beatles con cui collaborò per un film di Ringo Starr. Suonò la chitarra con Electric Light Orchestra, con Ringo Starr in Have You Seen My Baby (la canzone di Randy Newman) ed Ike and Tina Turner in Nutbush City Limits. Meno i suoi dischi erano buoni e più sembrava vendessero, come il long playing Electric Warrior, quello sulla cui copertina Bolan esibisce la Gibson Les Paul. Un po’ alla volta inevitabilmente tutto questo chiasso cominciò a calare, e Bolan scoprì la cocaina, ingrassò e lasciò la moglie per la cantante Gloria Jones. Nel 1975 ebbe un figlio che chiamò Rolan Bolan, sul modello di Zowie Bowie dell’amico / nemico David. Con l’arrivo della new wave a Bolan sembrò presentarsi una seconda occasione: si rimise in forma fisica, incise di nuovo, ebbe persino l’occasione di suonare con i Damned come band di supporto, ed ebbe una trasmissione televisiva sua in cui si divertiva a duettare con i vecchi amici compreso Bowie. Nel settembre del 1977, all’età di 29 anni, uscito da un ristorante ebbe un incidente fatale su una Mini guidata da Gloria Jones. Non era lui alla guida perché non aveva mai preso la patente, la leggenda vuole proprio a causa dell'ossessione di morire in un incidente d’auto. Si tenne un funerale alla presenza delle star e poi il suo piccolo grande mito fu dimenticato. Sulla sua vita potrebbe girarci un film Brian De Palma, sul tipo de Il Fantasma del Palcoscenico (un film molto glam rock, in effetti), oppure Ken Russell sul modello di Lisztomania, un altro film decisamente glam dove Rick Wakeman trasformava le suonate di Franz Liszt in singoli haevy metal bubblegum.
Glam Rock
L’amico nemico di Marc Bolan fu David Bowie, un rocker inglese dotato però di ben altro talento. Un musicista geniale che pareva immortale ma che a posteriori ebbe i suoi glory days negli anni settanta. Artista totale e teatrale, fece la gavetta nel folk spesso elettrico e psichedelico alla Donovan cavalcando una serie di canzoni di spessore come Space Oddity, The Width Of A Cirle, The Supermen, The Man Who Sold The World, Changes, Oh You Pretty Things, Life On Mars.
A Bowie piaceva inventarsi a tavolino, ed il suo personaggio glam fu il grande Ziggy Stardust alla testa degli Spiders From Mars, con l’aiuto determinante del chitarrista Mick Ronson, più tardi partner musicale di Ian Hunter, cantante dei Mott The Hoople. Il capolavoro è notoriamente The Rise And Fall Of, un LP di rock & roll teatrale, cui fecero seguito un imprescindibile remake dei singoli della Swinging London dagli Who ai Them, dai Pretty Things ai Pink Floyd, dal titolo Pinups. E poi Alladin Sane con il singolo The Jean Genie, e Diamond Dogs con Rebel Rebel, tutti singoli che costituirono la colonna sonora della mia teen-age. Come se non fosse sufficiente Bowie convocò alla sua corte Lou Reed, il leader dei Velvet Underground di NYC, una band seminale ma che nessuno si filava, per aiutarlo a realizzare (con l’aiuto determinante di Ronson) il suo disco glam, Transformer, quello di Walk On The Wild Side e Perfect Day (sui due lati dello stesso singolo, due canzoni che da sole si mangerebbero il decennio in corso), quello che ne fece una star internazionale e diede il la al tour di Rock’n’roll Animal, forse il mio disco rock preferito.
Bowie fu il primo a rendersi conto che i tempi erano cambiati, che canzoni nere come TSOP dei MFSB o Masterpiece dei Temptations avevano sparigliato le carte della pop music, e a riconvertirsi fondendo sorprendentemente il Philly Sound con il Brit Beat in dischi come The Young Americans. Ancora all’arrivo del punk (quante creatività per un solo decennio!) non ne fu affatto spiazzato, ma ne dettò le regole con dischi come Low, The Idiot, Lust For Life e Heroes, regalando al mondo, dopo i Velvet Underground, anche gli Stooges di Iggy. Infine ispirato da Nile Rodgers creò anche quel capolavoro disco che fu Let’s Dance e si infilò poi nel progetto - che a quanto pare io fui l’unico ad amare - dei Tin Machine, prima di diventare finalmente un personaggio secondario della scena musicale.
Glam Rock
Un altro musicista del rock di quegli anni vale la pena di rievocare. Un genio musicale con la capacità naturale di scrivere canzoni di grande bellezza, un enfant prodige che iniziò da teenager negli anni sessanta a suonare il piano in un gruppo chiamato Bluesology, che accompagnava in concerto artisti R&B americani in tour nel vecchio mondo e diventò infine il gruppo di Long John Baldry, un tizio che suonava con Beatles e Rolling Stones, Rod Stewart, Julie Driscoll e Brian Auger. Uscito dal gruppo il nostro pianista si mise in società con un paroliere, Bernie Taupin, per scrivere canzoni a ritmo industriale per una casa discografica per altri artisti, come accadeva ai vecchi tempi della musica. Durante la sera arrotondava come pianista da piano bar. All’inizio degli anni settanta il nostro uomo si trasferì a Los Angeles, dove ammirò e trasse ispirazione dallo stile di Leon Russell, e incise canzoni che portano alla mente quelle di Lennon e McCartney, sullo stile di Let It Be. Registrò canzoni come Your Song ed un album che era in qualche modo un omaggio a The Band dal titolo Tumbleweed Connection, ispirato dalla passione di Bernie Taupin per il west e che fu fonte di ispirazione a sua volta per gli Eagles dell’album che avrebbe decretato il loro successo, Desperado.
Elton John, questo è il nome del nostro piccolo Mozart, tornò negli UK per l’appuntamento con il glam rock. Omosessuale, gli fu facile assumere gli atteggiamenti eccessivi ed un po’ trash che lo aiutarono a crearsi un’immagine “glamour”. Vestiti sgargianti, occhiali enormi, stivali con una suola altissima, pianoforti scintillanti, inanellò una serie industriale di successi preparati spesso ad arte, come Don’t Shoot Me I’m Only The Piano Player, Goodbye Yellow Brick Road, Captain Fantastic e singoli come Rocket Man, Crocodile Rock, Goodbye Yellow Brick Road, Saturday Night Allright For Fighting, Candle In The Wind. Elton John vendette più dischi di chiunque altro dopo i Beatles e fu probabilmente l’artista più popolare di quegli anni sulle due sponde dell’oceano assieme ai Led Zeppelin. Pete Townshend gli fece cantare Pinball Wizard nella versione cinematografica di Tommy (per la regia di Ken Russell). Lui e Bernie non si tiravano indietro nello scrivere canzoni, cercando anzi di mettere quanta più carne al fuoco possibile per stampare (e vendere) il maggior numero possibile di dischi. Il contratto firmato da Elton John prevedeva addirittura due album all’anno, e diversi di questi furono doppi, nella convinzione di poter rinegoziare un nuovo contratto quanto prima. Insomma Elton John volle fortissimamente diventare una pop star e i suoi lavori inevitabilmente ne risentirono; il migliore di tutti gli album degli anni settanta fu Captain Fantastic; poi si diede alla disco music addirittura in un duetto con Kiki Dee (una cantante della sua etichetta, la Rocket Records) e il rock & roll lo perse per molto tempo. Ma non per sempre: nel 2006 il “vecchio” Elton volle ricostituire la coppia con Taupin (che nel frattempo era diventato un allevatore di cavalli negli USA) e realizzò quello che probabilmente fu il suo album migliore, il delicato The Captain and The Kid, superato solo da un disco ancora migliore registrato nel 2010 in coppia con il vecchio mentore Leon Russell, il bellissimo The Union. Elton John ha realizzato il suo sogno di essere una (ricchissima) pop star ed ora vuole solo scrivere e suonare belle canzoni.
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Una altra grande band del glam rock furono i Mott The Hoople. Assolutamente al di fuori delle logiche commerciali dell’epoca (le band britanniche erano King Crimson, Yes, Genesis, EL&P, Jethro Tull) non riuscirono a portare il loro hard rock demodé all’attenzione del pubblico, ma furono come al solito colti dal “padrino” David Bowie che scrisse il loro più grande hit, All The Young Dudes. Gli attriti interni portarono il gruppo a sciogliersi, ma non fu un dramma perché Ian mise assieme alcuni dei migliori album registrati in Inghilterra, da All American Alien Boy a You're Never Alone with a Schizophrenic da Short Back 'n' Sides e All of the Good Ones Are Taken al live Welcome to the Club, un vero Springsteen d’Albione. Però nel recente concerto di Ian Hunter a Milano, i brani migliori erano quelli della vecchia band: All The Way From Memphis, Roll Away The Stone, Saturday Gigs, All The Young Dudes.
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Non tutti i gruppi glam furono inglesi, ma tutti frequentarono Londra. Per esempio le New York Dolls, gruppo glam di NYC ispirato tanto ai riff dei Rolling Stones quanto, in qualche modo alla scena rock di Detroit di Stooges ed MC5. Come suggerisce il titolo del secondo album, Too Much Too Soon, "troppo e troppo presto", non riuscirono a sfondare né in patria né in Inghilterra, dove stazionarono spesso e dove furono fra gli ispiratori della new wave. Il chitarrista Johnny Thunders passò a miglior vita ma divenne una sorta di mito per la scena punk (influenzando anche Johnny Rotten), mentre il cantante David Joahnsen ebbe un buon successo con gli album rock a proprio nome (compreso un ottimo Live) e quelli jazz / R&B a nome Buster Poindexter.
Glam Rock
Fra gli altri rocker britannici del periodo glam si può citare Rod Stewart, sia con i Faces (Stay With Me) che solista; inizialmente troppo “rozzo” per potersi abbigliare da fighetto, divenne poi una disco star con canzoncine commerciali come Don’t You Think I’m Sexy. Hanno scritto di lui che con la sua voce roca e soul bianca è stato il talento più sprecato della musica rock, ma ha comunque messo assieme un bel numero di bei dischi e di belle canzoni. La mia preferita è la cover di Pretty Flamingo su A Night On The Town, album più noto per il singolo Tonight’s The Night. Ho sempre fatto suonare Pretty Flamingo in coppia con la formidabile cover del R&B Let’s Stick Together di Bryan Ferry, il cantante gigolò di quella inafferrabile band che furono i Roxy Music. Let’s Stick Together era una specie di sigla di quelle che trascinavano il pubblico sulle piste da ballo, tanto in Inghilterra quanto, ricordo da studente universitario, in Italia. L’ho copiata come sigla dal dj di Parma Robi Bonardi, che ricordo come uno degli ultimi ad ostinarsi a mettere dischi rock per ballare. E poi ci furono naturalmente gli Stones: nessuno li definirebbe un gruppo glam rock, anche se tutto il movimento fu ispirato dai riff di chitarra di Keith Richard. Comunque se avete modo di verificare come vestivano negli anni di Angie e di It’s Only Rock’n’Roll… Più tardi Jagger (supplente di un Richards assente per… droghe) riuscì a mettere assieme quell’inno soul che fu Miss You (su Some Girls nel 1978) e tutta la cosa del glam fu definitivamente archiviata, sostituita da gente tosta come i Clash, Joe Jackson ed Elvis Costello. Ma di questo ho già raccontato. Mi mancano tutti questi rocker della mia adolescenza, ma più di tutti mi mancano i Rolling Stones.
1969:
Rolling Stones: Honky Tonk Women (45, Decca)
David Bowie: Space Oddity (45, Philips)
Mott the Hoople (LP, Atlantic)
1970:
Beatles: Let It Be (45, Apple)
David Bowie: The Man Who Sold The World (LP, Mercury)
T.Rex: Ride A White Swan (45, Fly)
1971:
Rolling Stones: Brown Sugar (45, Rolling Stone Records)
David Bowie: Hunky Dory (LP, RCA)
T.Rex: Hot Love (45, Fly)
Marc Bolan & T.Rex: Get It On (Bang a Gong) (45, Fly)
Faces: Stay With Me (LP, WB)
Rod Stewart: Maggie May / Reason To Believe (45, Mercury)
1972:
Elton John: Rocket Man (45, DJM)
Elton John: Crocodile Rock (45, DJM)
David Bowie: The Rise and Fall Of Ziggy Stardust and His Spiders From Mars (LP, RCA)
David Bowie: Starman (45, RCA)
David Bowie: The Jean Genie (45, RCA)
Lou Reed: Transformer (LP, RCA)
Lou Reed: Walk On The Wild Side / Perfect Day (45, RCA)
Bryan Ferry: A Hard Rain's a-Gonna Fall (45, Island)
Mott the Hoople: All The Young Dudes (45, LP, Columbia)
Roxy Music (LP, Island)
1973:
Rolling Stones: Angie (45, Rolling Stones Records)
Elton John: Goodbye Yellow Brick Road (45 / LP, DJM)
David Bowie: Alladin Sane (LP, RCA)
David Bowie: Pinups (LP, RCA)
David Bowie: Life On Mars? (45, RCA)
Lou Reed: Rock'n'roll Animal (LP, RCA)
Mott the Hoople: Mott (LP, Columbia)
New York Dolls (33, Mercury)
Suzi Quatro: Can the Can (45, Rak)
Sweet: The Ballroom Blitz (45, RCA)
Gary Glitter: I'm The Leader Of The Gang (45)
1974:
Rolling Stones: Ain't Too Proud To Beg (45, Rolling Stones Records)
Rolling Stones: It's Only Rock'n'Roll (LP, Rolling Stones Records)
Elton John: Candle In The Wind (45, DJM)
David Bowie: Rebel Rebel (45, RCA)
Mott the Hoople: The Hoople (LP, Columbia)
New York Dolls: Too Much Too Soon (LP, Mercury)
The Phantom of the Paradise (soundtrack, Fox)
1975:
Elton John: Captain Fantastic and… (LP, DJM)
Ian Hunter (LP, CBS)
Rod Stewart: Sailing (45, WB)
1976:
Elton John: Pinball Wizard (45, Polydor)
Ian Hunter: All American Alien Boy (LP, CBS)
Rod Stewart: Tonight's The Night (45, WB)
Rod Stewart: A Night On The Town (LP, WB)
Bryan Ferry: Let's Stick Together (45, EG)
1977
The Runaways: Live In Japan (LP, Mercury)

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COMMENTI (1)

Da Francesco
Inviato il 29 settembre a 13:36
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Bravo Zambo, scrivi molto bene e hai scritto un gran bell'articolo. Sei riuscito ad appassionarmi all'argomenmto, nonostante nn fossi interessato almeno all'80% della musica che hai citato. Per me gli Stones sono morti in una piscina insieme a Brian Jones. Questi attuali sono solo una buona cover band. Il glam, per me duro e puro dell'hard rock, era solo una fastidiosa e ingombrante presenza nel panorama generale e gran parte della musica che ascoltavo quell'epoca, l'hai del tutto ignorata. Per questo ti dico due volte bravo, perchè mi hai fatto appassionare comunque. Continua così. Saluti

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