Sono già stati definiti gli anti Google Glass ma i GlassUp, gli occhiali interattivi made in Italy, sono un’altra cosa. Più grandi di quelli di Google, hanno una foggia più simile agli occhiali tradizionali ma soprattutto si propongono come un secondo schermo per i nostri device. Non sono quindi pensati per la produzione di informazioni, per scattare foto o video ma solo per la ricezione dei contenuti già presenti sui nostri dispositivi.
SI CONNETTONO IN BLUETOOTH – Basta connetterli in bluetooth a smartphone o tablet iOS, Android e forse in futuro anche Windows Phone per far apparire sulla lente destra una grafica di colore verde che ricorda quella dei primi monitor. A gestire il tutto c’è Android mentre le aste offrono una superficie touch per interagire con i dispositivi senza tirarli fuori dalle tasche. Da ultimo troviamo numerosi sensori come l’accelerometro, la bussola, l’altimetro e il sensore di luce ambientale. IL DISPLAY TRASPARENTE – Il segreto dei GlassUp è il display posizionato sulla stanghetta dell’occhiale che con un gioco di filtri e specchi riflette le immagini sulla lente dell’occhio destro che rimane quindi trasparente. Così, mentre si parla con qualcuno, possiamo leggere un messaggio senza distogliere gli occhi. Nei Glass invece le informazioni appaiono su un secondo schermo in alto e destra e l’occhio deve operare una scelta: guardare il monitorino o la realtà. Qui non occorre, si vede tutto contemporaneamente.
TANTE APPLICAZIONI – Una volta indossati potremo vedere le email ricevute, i messaggi, i feed Rss, i Tweet, le ultime notizie di attualità o finanza. Le funzioni sono praticamente infinite e basate sulle app che verranno via via realizzate. Non manca poi il lato sportivo, con le statistiche sui nostri allenamenti, e il navigatore GPS che permette di vedere le indicazioni senza mai togliere gli occhi dalla strada. Oltre alle applicazioni presenti sul nostro smartphone, i GlassUp potranno interfacciarsi anche con la intranet di musei, cinema o imprese. Così, per esempio, basterà andare a una mostra per vedere le didascalie spuntare sulla lente, leggere i sottotitoli durante la visione di un film o conoscere informazioni riguardanti la logistica all’interno di un magazzino.
DA GENNAIO 2014 – La magia dovrebbe nascere a gennaio 2014 e al momento gli occhiali sono in corso di finanziamento sul sito di crowdfunding Indiegogo.L’obiettivo è di raccogliere 150 mila dollari entro l’8 agosto ma, come precisato dagli inventori, i prodotti saranno spediti anche se non si raggiungerà quella cifra. I prezzi partono da 199 dollari per il modello destinato agli sviluppatori in uscita a gennaio. Da febbraio saranno disponibili le versioni commerciali a un prezzo di 399 euro mentre a marzo sarà commercializzato un modello da montare sugli occhiali da vista. Anche qui è evidente la differenza con i Glass, il cui prezzo, a quanto si dice, sarà pari a quello di uno smartphone di fascia alta, dai 600 euro in su. TUTTI ITALIANI – Come dicevamo l’idea viene da tre italiani, Francesco Giartosio, appassionato di hi-tech e fondatore di ContiPronti e Giarty, l’esperto di apparati ottici Gianluigi Tregnaghi e Andrea Tellatin, che ha partecipato allo sviluppo di I’m Watch, lo smartwatch italiano. Come racconta Giartosio a Corriere.it, La loro storia parte nel settembre 2011 quando «mi sono messo a scrivere a diversi esperti di ottica per trovare un partner che sviluppasse dei nuovi occhiali interattivi». All’inizio non è facile ma «dopo aver ricevuto parecchi rifiuti ho trovato Gianluigi Tregnaghi e infine Andrea Tellatin che si è occupato del software e dell’industrializzazione. Dopotutto aveva già lavorato allo sviluppo di I’m watch, smartwatch che ha le medesime funzioni del nostro occhiale».
L’IMPORTANZA DELL’ESTETICA – Il team, insomma, era pronto e il primo prototipo viene presentato al Cebit di Hannover del marzo scorso. «In quella occasione», ricorda Giartosio, «ci siamo accorti dell’importanza dell’estetica e di differenziare il design rispetto ai concorrenti così abbiamo pensato prima a un modello sportivo, poi a uno casual e ora stiamo stringendo accordi con le più importanti società di eyewear in Italia». «Ma per ora niente nomi», puntualizza subito.
GOOGLE CONTRO TUTTI – In questa vicenda però non tutto è rose e fiori e il principale antagonista è proprio Google. «Un giorno l’ufficio legale di Google mi ha chiamato e poi mandato una mail in cui chiedeva di cambiare nome o si sarebbe opposto alla domanda per il marchio», ricorda Giartosio. Che ammette: «Ero al settimo cielo». Aver attratto le attenzioni del gigante della tecnologia non è da tutti e dopo questa mossa i GlassUp si sono trovati sulle principali pagine tecnologiche di siti e giornali americani. Una pubblicità che fa sempre comodo. IL RIFIUTO ITALIANO – Gli italiani però si sono rifiutati di cambiare nome. «Non ci sembrava giusto», ricorda Giartosio, «Il nome glass, occhiale, non può essere protetto. Entro fine anno l’ufficio brevetti dovrà trovare una soluzione tra le nostre opinioni e quello di Google e poi vedremo». Alle spalle poi c’è la classica strategia di Big G che quando non può battere i concorrenti, li compra. Sull’ipotesi di un’acquisizione Giartosio dapprima sorride ma poi conclude: «Se pagano abbastanza…».