Una divinità marina che ispirò molto i poeti era Glauco, il dio triste. Secondo il più noto dei suoi vari miti, era un semplice pescatore della Beozia, dallo spirito avventuroso e avido di sapere. Un giorno si accorse che i pesci presi nella sua rete e da lui gettati sulla spiaggia, mangiando un'erba che cresceva lì presso riprendevano una tale gagliardia da fare lunghi balzi e riuscire a gettarsi nuovamente nel mare.
Provò allora a mangiare anche lui quell'erba, e improvvisamente si sentì in cuore una nuova vitalità, una misteriosa energia gli pervase le membra e lo spinse a gettarsi in mare e a nuotare veloce sotto la superficie.
Era divenuto immortale, poteva vivere a suo agio fra le onde, conosceva tutte le cose passate e future: tutti i suoi desideri erano stati appagati.
A lungo vagò per terre sconosciute: conobbe tutto quello che poteva conoscere, sempre giovane e forte. Ma non era felice: le fanciulle sfuggivano quello strano giovane che ogni tanto usciva dalle acque, si tratteneva per qualche tempo sui lidi raggiunti e infine era costretto a cercare ancora avventure nel mare.
Un giorno approdò a una spiaggia che gli parve bellissima, la più bella che avesse mai visto. E pensò che sarebbe stato felice se avesse potuto restarvi. Solo allora si accorse che era quella su cui aveva vissuto un tempo, quando era mortale, e da cui era partito per conoscere cose nuove. Purtroppo non poteva più fermarsi in quel quieto e semplice asilo: il suo destino, ormai era quello di vagare eternamente.
E andò così pellegrinando di spiaggia in spiaggia, facendo fosche profezie ai giovani pescatori che avrebbero voluto affrontare l'ignoto in cerca di avventure, esortandoli ad accontentarsi della loro semplice vita e lamentandosi di non poter morire.