Nell’antica Roma gli abiti da cerimonia subivano l’influsso della superstizione. Il giorno del matrimonio le spose indossavano una tunica bianca stretta in vita da una cintura di lana i cui lembi venivano annodati in modo particolare, come antidoto contro il maleficio. Si nascondevano la parte alta del volto con il velarium flammeum, un velo di garza rossa. Il rosso, colore difficile da rinvenire, era una tinta particolarmente usata per il suo intenso significato simbolico. Infatti la sposa avrebbe portato sangue nuovo nell’unione. L’acconciatura da sposa tipica del primo periodo imperiale era preparata con la punta di una lancia ancora macchiata del sangue di un gladiatore ucciso, dettaglio alquanto macabro. Questa pettinatura, detta dei sex crines, era riservata unicamente alle ragazze che convolavano a nozze. La punta della lancia era utilizzata come pettine per ripartire in sei le ciocche dei capelli e farne altrettante trecce; le sei trecce venivano poi riunite in uno chignon sul quale veniva poggiato il velo. I capelli erano ornati con verbena e nastri colorati oppure con mirto e fiori d’arancio. Gli abiti delle spose venivano valorizzati da mantelli giallo oro e lo stesso colore era ripreso nei calzari. Al collo le donne esibivano collane di metallo. Le damigelle costituivano una specie di “fanteria” della sposa ed erano vestite esattamente come la sposa per confondere gli spiriti malvagi e proteggerla. Per tale motivo seguivano il passaggio della sposa fino all’altare per prendersi cura di lei in ogni istante. Gli abiti da cerimonia maschili consistevano in ampie camicie di seta lunghe fino ai piedi, chiamate tuniche talari. Solitamente gli uomini non portavano ornamenti sul capo ma molti anelli come abbellimento. Sulla tunica venivano cuciti diversi motivi ornamentali, a seconda del ceto di chi li indossava. Gli invitati ai festeggiamenti vestivano con abiti di lana e lino, confezionati in casa. Sulla tunica i Romani indossavano la toga, un mantello di lana bianca. Le signore durante la festa nuziale mettevano ampie tuniche lunghe fino ai piedi fermate alla vita da un cingulum (cintura) e generalmente si usava anche un succingulum per formare un secondo kolpos (sbuffo di stoffa) più ricco all’altezza delle anche. Per coprirsi usavano un mantello detto palla, indossata in diversi modi, alle volte anche poggiandone un lembo sul capo. Ai piedi calzavano sandali o stivaletti che arrivavano al polpaccio. Le donne di famiglia nobile sfoggiavano anelli, bracciali, collane, diademi, cavigliere, orecchini d’oro e pietre preziose. La differenza fondamentale tra gli abiti da cerimonia era nei tessuti: i ricchi utilizzavano stoffe dai colori appariscenti e finemente intessute; gli abiti dei poveri avevano tinte spente e stoffe meno preziose.
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