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Gli affluenti del Sesia: paradiso delle fario

Da Pietroinvernizzi


Ci sono giorni in cui la ricerca della regina dei nostri sogni lascia il passo alle principesse. Ci sono giorni in cui la bellezza di una trota ripaga più della sua grandezza. Ci sono giorni in cui, semplicemente, vuoi tornare alle origini.
Allora si abbandonano le canne da due once, i mulinelli potenti e gli spessi trecciati per afferrare cannette da 5 o 6 piedi, mulinelli caricati con nylon dello 0,16, una manciata di artificiali da pochi grammi e si inizia a esplorare. Le buche si alternano, uno dopo l’altra mentre risaliamo i massi scivolosi delle sponde. Abituati come siamo ad attrezzature ben più pesanti, i primi lanci sono imprecisi al limite del grottesco, costringendoci a recuperare le esche tra i rami, i rovi o i sassi.

Mano a mano i ricordi riaffiorano, la mano si fa più ferma e i rotanti iniziano a cadere dove dovrebbero. Le canne iniziano a piegarsi per assecondare le fughe dei piccoli gioielli che abitano queste buche sperdute. Ci inerpichiamo in mezzo a paesaggi da favola in cui sembra quasi un delitto lasciare un’impronta del proprio passaggio, ma in cui è meraviglioso lanciare un rotantino.

I lanci a disposizione prima di mettere in allarme le fario di una buca sono pochi, pochissimi: uno o al massimo due prima di vedere le fario scappare nelle proprie tane. Poi si riprende a scarligare sui massi, quinte perfette che nascondono raschi, lame e salti d’acqua
miniaturizzati. Crederesti di poter arrivare fino alla sorgente di queste acque cristalline fino a quando la montagna ti ricorda che devi fare quello che vuole lei.

E allora torniamo sui nostri passi, inebriati dall’esperienza, per correre verso un altro affluente e vivere ancora l’intimità della natura. Ancora avidi dei colori delle fario, capolavori colorati a mano da mano sapiente: i punti rossi che spiccano fieri sui toni del giallo e del marrone e le macchie parr che screziano i volumi del blu. Saliamo ancora, metro dopo metro, cercando di arrivare verso il paradiso, ma forse, ci siamo già.

Rock ‘n’ Rod!


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