Ho scritto un pezzo che non avrei mai pensato di scrivere. Ero scettico, molto scettico sull’adunata degli alpini. Un misto di fastidio specifico e di snobismo generale m’impediva (e mi ha impedito) di prendere parte a quanto accaduto lo scorso fine settimana a Bolzano. Però ci sono momenti in cui bisogna prendere atto della realtà. Non si tratta affatto di chinare la testa nei confronti del “mainstream”. Si tratta solo di rendersi conto che noi possiamo anche sperare di costringere i fatti dentro i nostri schemi mentali o di farli assomigliare alle nostre illusioni [tipo questi]. Ma poi quei fatti se ne fregano dei nostri schemi mentali e delle nostre illusioni e s’impongono per quel che sono. È anche un salutare gesto d’umiltà. [Ringrazio Leo Angerer per la foto: www.leonhardangerer.com]
Per parlare del trionfo – non sembri esagerato ritenerlo tale – degli alpini a Bolzano occorre mobilitare un linguaggio di tipo calcistico: sono riusciti ad “espugnare” il campo imponendosi col rotondo punteggio di 3 a 0 sui pregiudizi che li aspettavano al varco. E se la sensazione di vivere un momento davvero particolare si poteva leggere in tutti i commenti fatti pervenire a caldo da chi ha direttamente preso parte all’evento, è dalle note dei possibili “avversari” che risalta in modo nitido l’impresa. Ecco allora una cronaca sommaria dei gol, visti dalla porta di chi li ha incassati.
Del primo gol posso parlare in prima persona, giacché anch’io ero tra quelli che storcevano la bocca di fronte a una manifestazione così gigantesca [QUI]. Il timore qui era dovuto al possibile impatto sul tessuto cittadino e sulle sue abitudini notoriamente compassate. Beh, gli alpini hanno senz’altro dimostrato di saper imbrigliare il famoso elefante all’interno di un negozio di cristalli, ma il dato notevole è stato vedere come gli abitanti di Bolzano non solo si siano disposti ad accogliere la pacifica invasione delle piume nere badando a limitare i danni, bensì abbiano colto quest’occasione per farsi contagiare dal soffio di vita e dal clima di festa che in moltissimi hanno percepito come mancanti e necessari.
Il secondo gol è stato segnato contro gli uccelli del malaugurio “etnico”. Ai soliti noti pronti a scommettere sulle provocazioni nazionaliste, agli irrimediabili maestrini della cattiva coscienza storica, gli alpini hanno ribattuto offrendo una serena e sorridente indifferenza. Un’amica mi ha per esempio raccontato di aver visto una donna apostrofare gli ospiti invitandoli a sparare “a tutti i nazi che dicono che qui non siamo in Italia” per poi chiudere la sua triste omelia con un rabbioso “Viva il Duce!”. Gli alpini presenti hanno scosso la testa prendendola per pazza.
Il terzo gol ha gonfiato infine la rete di chi pensava che questa “festa tricolore” non potesse scalfire l’algida estraneità dei tedeschi. Nel nostro piccolo mondo fatto di società parallele, il massimo che ci saremmo potuti aspettare, si sosteneva, sarebbe stato il sussiego di chi concede dall’alto della sua imperturbabilità un’occasione di svago, ma nulla più. Il rimprovero di aver oltrepassato la “buona misura tirolese” – secondo quanto affermato con una punta di acidità da Wendelin Weingartner, l’ex capitano del Tirolo –, non ha però trovato eco significativa tra i sudtirolesi. Segno che quella misura, in realtà, non va stretta solo agli “italiani”.
Corriere dell’Alto Adige, 16 maggio 2012