Ogni tanto ci sono degli strappi, improvvisi, qualcosa che non immagini fino ad un minuto prima. Qualcosa che ti lascia sveglio mentre stavi per addormentarti più o meno tranquillamente. Qualcosa che non puoi aspettarti, perché esce dalle logiche, da qualsiasi logica, frutto di una manciata di parole, di buone intenzioni lasciate a se stesse. Dell'appoggiarsi a chi non sta in piedi, come certi barboni in via Rizzoli, curvi su un bastone da non capire dove finisce il corpo e dove comincia la testa.
Frasi corte e spezzate come i messaggi che non ci scriviamo più. Combattiamo questi strappi a colpi di Califone e di sveglie anticipate, così proviamo a fare colazione assieme perché insieme non ci addormentiamo mai, che è bello dividerci il caffè e salutarci di fretta prima che tu perda l'ultimo autobus e io mi accenda la prima sigaretta.
Ma te l'ho detto, chiuderei volentieri gli occhi un secondo prima di te, in modo che restasse solo questo, a dare un senso a delle giornate tutte uguali eppure sempre con delle incognite nuove. Te l'ho detto, lo farei, solo che non ci riesco. E non è nemmeno colpa mia, e la colpa è dell'instabilità, dei video commissionati, di chi crede alle favole, dell'odio duepuntozero che passa attraverso chilometri di mail firmate, del bambino che non sono più ma che era leggermente più convinto di cosa fosse bene, e cosa no. Restano cicatrici sulle mani, bruciature da caffettiera e passeggiate eterne per prenderci un po' di quel sole che sembra scaldare tutti. Gli altri.